Cronaca

Recovery plan, giù le tasse ai redditi medi: la bozza

Il futuro dell'Italia è descritto dalle 125 pagine della bozza del Recovery plan. Si parla di un taglio delle tasse ai redditi medi

Il futuro dell’Italia è descritto dalle 125 pagine della bozza del Recovery plan: la cornice entro cui si realizzerà l’ammodernamento del paese dopo lo shock dell’epidemia da Covid dovrebbe essere chiara. Si parla di un taglio delle tasse ai redditi medi, di ambiente e sostenibilità che la farà da protagonista con 74,3 miliardi di dote.

Recovery plan: “Ridurre la pressione fiscale”

Per la riforma fiscale «si ritiene che l’esigenza sia ora di concentrare le risorse disponibili per ridurre prioritariamente la pressione fiscale sui redditi medi» dopo essere intervenuti sui lavoratori con reddito fino a 40 mila euro: «Ora dobbiamo intervenire a favore dei lavoratori (sia dipendenti sia autonomi) con un reddito medio, ovvero orientativamente tra 40 e 60 mila euro, perché si tratta della fascia che oggi sconta livelli di prelievo eccessivi rispetto ai redditi ottenuti». È quanto si legge nella bozza dell’aggiornamento del piano Recovery, in cui si spiega che «il PNRR avvia anche una revisione generale della tassazione».

Una «revisione generale della tassazione» con priorità alla riduzione della tassazione fiscale dei ceti medi». È uno degli obiettivi indicati nell’ultima bozza del Recovery Plan, all’attenzione del Consiglio dei ministri in corso. In particolare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza si legge: «Finora siamo infatti intervenuti sui lavoratori con reddito fino a 40 mila euro, ora dobbiamo intervenire a favore dei lavoratori (sia dipendenti sia autonomi) con un reddito medio, ovvero orientativamente incluso tra 40 e 60 mila euro, perchè si tratta della fascia che oggi sconta livelli di prelievo eccessivi rispetto ai redditi ottenuti».

“Una riforma organica del sistema fiscale”

Nel documento si chiarisce, circa i criteri dell’iniziativa governativa: «La riforma fiscale che abbiamo in mente e i cui principi e criteri saranno presentati con il disegno di legge delega che il Parlamento sarà chiamato ad esaminare risponderà, da un lato, all’esigenza di definire una riforma organica del nostro sistema fiscale e, dall’altro, alla necessità che il disegno riformatore possa essere attuato nei tempi previsti per la fine della legislatura». L’intervento dell’Esecutivo sul sistema fiscale punta a una «maggiore equità, migliorandone al contempo la trasparenza e l’efficienza e riducendo le disparità di trattamento tra i cittadini e la concorrenza sleale tra le imprese».

Riforma dell’Irpef

«Abbiamo pensato innanzitutto a una riforma dell’Irpef – viene chiarito nel Pnrr – perché è l’imposta principale, interessa circa 41 milioni di contribuenti (dichiarazioni 2019 riferite all’anno di imposta 2018), e perché è quella che mostra più di ogni altra evidenti problemi di inefficienza, iniquità verticale e orizzontale e mancanza di trasparenza».

Il Ddl delega fiscale, continua il documento, «avrà inoltre l’obiettivo di riordinare le spese fiscali e la tassazione ambientale». I due interventi di carattere fiscale delineati dal Piano «potranno completare il disegno di riforma dell’Irpef con benefici in termini di efficienza, equità e trasparenza e che sono diventati ancor più prioritari all’interno del nuovo disegno strategico ispirato a logiche di sostenibilità ambientale e sociale che guiderà la politica economica italiana ed europea per i prossimi decenni».

Sono 125 le pagine lungo cui è disegnata l’Italia del futuro: se non nei dettagli almeno nella cornice entro cui si realizzerà l’ammodernamento del paese dopo lo choc Covid. L’ambiente, la sostenibilità, insomma il green per dirla con terminologia ‘più digitalè, la farà da protagonista con 74,3 miliardi di dote. Nel complesso ammontano a 196 miliardi le risorse che, secondo la bozza del Recovery plan saranno destinate alle sei macro-aree del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Alla digitalizzazione e innovazione saranno destinati 48,7 miliardi, al settore Infrastrutture per una mobilità sostenibile 27,7 miliardi.

Il capitolo «istruzione e ricerca» può avvalersi di 19,2 miliardi, quello sulla Parità di genere 17,1 miliardi. L’area sanità, infine, conterà su 9 miliardi oltre quelli già stanziati finora con i diversi interventi del Governo e senza tener conto del cospicuo pacchetto del Mes-sanità da cui però non sembra ci sia intenzione di attingere. Le riforme e gli investimenti, inclusa l’attuazione e il monitoraggio del piano e la valutazione dell’impatto economico, mirano a «una transizione ‘green, smart and healthy’.

E nello schema di governance, oggetto del contendere nella maggioranza, si è immaginata una piramide con un comitato esecutivo politico (a tre, Conte, Gualtieri e Patuanelli) dei capi-missione con poteri sostitutivi (che andranno rivisti), una squadra di tecnici ad aiutarli a coordinare l’attuazione rapida del piano e a superare eventuali intoppi. Se venisse approvato nei suoi elementi essenziali questo schema prevedrebbe anche il coinvolgimento delle parti sociali, »categorie produttive« ma anche »sistema dell’università e della ricerca« in un »Comitato di responsabilità sociale« con il compito di dare »suggerimenti e pareri« alla task force del Recovery. Se la rivoluzione italiana si tingerà di verde, così come del resto chiede l’Europa e forse quella next generation a cui il Recovery plan è di fatto dedicato, da fare c’è molto: »interventi per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili, migliorare l’efficienza energetica degli immobili, a partire da scuole e ospedali«. E ancora la promozione di »nuove forme di mobilità locale sostenibile e le grandi opere di completamento dei collegamenti ferroviari del Paese«.

Il Pnrr ha anche azioni specifiche per migliorare la qualità dell’aria nei centri urbani, (come da tempo ci chiede l’Europa),«favorire l’economia circolare, mitigare i rischi di dissesto idrogeologico e ripulire le acque interne e marine. Questi interventi saranno anche un investimento nella ‘bellezza’ del nostro Paese, nei suoi borghi, nei suoi edifici storici, nelle aree verdi urbane e nella salvaguardia del territorio e delle foreste«, mette nero su bianco il premier Conte. Poi una serie di numeri, che rappresentano il frutto maturato dalla ‘rivoluzionè: »grazie agli effetti espansivi del Piano, a fine periodo di investimento (2026) il pil risulterebbe più alto di 2,3 punti percentuali rispetto allo scenario di base». Con una spinta via via crescente: 0,3% nel 2021, 0,5% nel 2022, 1,3% nel 2023, 1,7% nel 2024, 2% nel 2025.

Superbonus al 110%

Tra le misure previste anche il tanto discusso superbonus al 110%, che la maggioranza preme per vedere rinnovato già in manovra. Tra le tante novità invece anche un nuovo »servizio civile digitale« con il coinvolgimento »professionale di circa 4.500 giovani« per perseguire la »diffusione delle competenze e il contrasto all’esclusione digitale«, nonché la modernizzazione e la crescita digitale della P.A con la creazione in sinergia con il progetto Ue Gaia-x della »nuvola«, un cloud, che archivia, rende disponibili e potenzialmente analizza i dati digitali di miliardi di dispositivi in rete.

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