Economia

Reddito di cittadinanza, al via la seconda fase: chi rifiuta perde il sussidio

Reddito di cittadinanza, parte la seconda fase. Si firma il Patto per il Lavoro e, se non si accetteranno le offerte che verranno fatte nel corso dei prossimi mesi, si rischia di perdere il beneficio.

Reddito di cittadinanza, chi rifiuta le offerte di lavoro perde il sussidio

Reddito di cittadinanza, parte la fase due. La selezione dei navigator è stata completata e, se si esclude la Campania, le regioni hanno firmato le intese: dal 2 settembre partiranno le convocazioni dei percettori del reddito per costruire il percorso per la ricerca di un occupazione. Si firma il Patto per il Lavoro e, se non si accetteranno le offerte che verranno fatte nel corso dei prossimi mesi, si rischia di perdere il beneficio.

È questo lo snodo più delicato del meccanismo del reddito di cittadinanza, che dovrebbe traghettare chi non ha lavoro verso l’occupazione. La convocazione sarebbe dovuta arrivare nei 30 giorni successivi all’arrivo del reddito. Ma, come tutti gli osservatori avevano predetto, era oggettivamente impossibile che la procedura si potesse chiudere prima.

Non tutti gli ostacoli sono superati per la piena operatività del reddito di cittadinanza. Manca ad esempio il decreto che fissa le regole per la documentazione richiesta gli immigrati: in attesa l’Inps non ha accettato le loro domande.

Ma il decreto, approvato dal consiglio dei Ministri con la formula salvo intese, è tra quelli rimasti intrappolati dalla crisi di governo. Navigator o meno, tutte le regioni si sono impegnate ad avviare le convocazioni dei percettori a partire da settembre.

L’invito non riguarderà solo l’intestatario del reddito, ma tutti i maggiorenni della famiglia non occupati o che non frequentano un regolare corso di studi. Saranno invece esclusi i beneficiari della pensioni di cittadinanza o gli over65, nonché i disabili (per i quali può esserci però un’adesione volontaria finalizzata alla ricerca del lavoro). Esonerati sono anche i componenti della famiglia con impegno di cura per bambini sotto i 3 anni o per persone non autosufficienti.

Il Patto per il Lavoro servirà ad identificare le competenze e prevede che debba essere accettata almeno una delle tre offerte di lavoro congrue che verranno avanzate. La coerenza segue tre principi: la coerenza tra l’offerta di lavoro e le competenze, la distanza dal domicilio, la durata dello stato di disoccupazione.

Così nei primi 12 mesi di fruizione del reddito sarà congrua la prima offerta se entro 100 chilometri di distanza dalla residenza (o comunque raggiungibile con un massimo di 100 minuti con i mezzi pubblici), la seconda entro i 250 chilometri e la terza sull’intero territorio italiano. Dopo 12 mesi anche per la prima offerta la ‘congruità’ è riconosciuta se si è entro i 250 chilometri.

Non per tutti, comunque, sarà obbligatorio il patto per il lavoro. Per alcuni nuclei familiari, in particolari situazioni di disagio bisognoso di aiuti, è possibile attivare il patto per l’inclusione sociale, passando attraverso i servizi dei comuni competenti per il contrasto alla povertà. In questo caso il percorso è diverso ma spesso era già attivato per ottenere il Reddito di inclusione (Rei), lo strumento utilizzato prima del Reddito di Cittadinanza per dare un supporto alle famiglie più povere.

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