Una vecchia storia, raccontata da alcune nonne di Santomenna, paesino nascosto tra le montagne della provincia di Salerno, parla della storia di due bambine, che si incontrano casualmente in uno dei boschi poco al di fuori del centro abitato. Una volta una di fronte all’altra, iniziano a parlottare tra loro: «Ciao come ti chiami? – chiede la prima bambina – io Tiziana, e tu?». La bambina sorrise, le labbra sottili arricciate a scavarle due fossette sui lati della bocca. «Rosaria» rispose l’altra, tirando su col naso. Aveva tutta l’aria di essersi smarrita. La strada intorno è buia, affogata in una brughiera di pozzanghere dopo un’intensa pioggia autunnale. In lontananza, solo la luce fioca di un vecchio lampione che illuminava debolmente la strada che conduce al paese. Tiziana ciondolò nel suo vestitino bianco. Sebbene non fosse ancora pieno inverno, a quell’ora di notte l’umidità era pungente, e tuttavia lei pareva non accorgersene. «Dì la verità, ti sei persa?»Rosaria scosse piano la testolina bruna. Gli occhi, chiari e assenti, fissavano l’altra da profondità insondabili. «E allora che ci fai qui?». Rosaria si guardò attorno, spaesata, facendo spallucce. «E tu allora?» domandò Rosaria a sua volta, la voce arrochita da un lungo silenzio «Anche tu sei sola».Tiziana rise, di una risata pura, cristallina, che avrebbe fatto sorridere Rosaria, se solo non apparisse così disperata. «Vuoi fare un gioco?» chiese Tiziana, soffiando via una ciocca di capelli biondi dagli occhi. Ancora, Rosaria fece timidamente cenno di no. «Peccato!», rispose Tiziana. Per un po’ rimasero in silenzio, una di fronte all’altra, Rosaria guardandosi le punte delle scarpe come se nascondessero chissà quale mistero, Tiziana dondolando sulle gambe in modo infantile, mal celando una certa trepidazione. «Quale gioco?» domandò infine la ragazzina triste.«Oh, è semplice» rispose Tiziana «si chiama gioco della verità e a ogni domanda bisogna rispondere la verità. Facciamo una domanda a testa, inizia tu se vuoi». «Bene –disse Rosaria – che ci fai qui, tu?». Pronta Tiziana rispose: «aspettavo te». «Me – sbottò Rosaria – Come sarebbe?»«Ehi, non vale! Queste sono due domande! Ora tocca a me».
Fece una pausa. Rosaria teneva di nuovo la testa bassa, i lunghi capelli neri a coprirle in parte gli occhi.
«Da dove vieni?»
«…»
«Allora?»
«Da casa di mio zio».
«Ma è notte fonda! Non ti ha accompagnato?»
«No» rispose Rosaria, la voce che le tremava. «Si può sapere cosa vuoi da me?»
«I biscotti» rispose Tiziana «Cos’altro?»
Rosaria si rabbuiò.
«Quali biscotti?»
Sempre sorridendo, Tiziana scese dal marciapiede e le fece cenno di seguirla.
Rosaria, arrancando un poco, la seguì muta.
Di tanto in tanto l’altra si voltava, come ad accertarsi di essere seguita. Sembrò non dar peso all’andatura claudicante della sua nuova amica. La condusse dentro a un vicolo, appena illuminato da un vecchio neon che qualche negoziante aveva fatto installare sopra il suo locale per tenere alla larga i ladri.
Rosaria le tenne dietro fin quando non la vide scomparire dietro a un cassonetto.Avanzò sull’asfalto bagnato con passi incerti, quasi domandandosi che cosa ci facesse lì. Era tutto così vago, adesso. Tutto troppo lontano… Quando sbucò oltre il cassonetto, quasi inciampò sul piccolo piede che sporgeva sotto di lei. Rosaria indietreggiò, inorridita alla vista del corpicino steso a terra, l’abito strappato e sporco di sangue, il volto e le braccia coperti di schizzi di fango. Lì accanto, sparpagliati in strada, c’erano in gran quantità dei biscotti fatti in casa, fuoriusciti da un vassoio che giaceva riverso a terra.
Fece per urlare, quando vide Tiziana, in piedi davanti al cadavere, fissarla con aria triste.
«Che significa?». Tiziana fece spallucce. «Ho visto un brutto tipo, grosso e con la barba, scendere da un’auto e scaricarti qui. Mi dispiace.»
Rosaria sgranò gli occhi. Ripensò a suo zio Franco, alle sue mani così grosse, così ruvide, al dolore immenso provato in quei pochi secondi in cui lui si era lasciato andare, agli amaretti fatti dalla sua mamma per quel fratello sempre così buono con la sua bambina. Poi solo un mare di oscurità. «Ricordi, ora?» chiese Tiziana, sorridendo angelica nel suo abitino bianco. Rosaria, una lacrima a storcerle la bocca, annuì.
«Ma tu chi sei?». Con una grazia inaspettata, Tiziana si abbassò e afferrò un amaretto.
«Mi piacciono i biscotti» disse semplicemente, addentandoli.