SALERNO. Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa di Forza Italia Giovani provincia di Salerno.
Questo il testo della nota a firma di Maria Fortunato.
In ambiente carcerario, nel reparto detenuti dell’ospedale Maggiore di Parma, all’età di 87 anni, si è spento «Totò ù curtu», l’indiscusso capo dei capi, il boss sanguinario al vertice di Cosa Nostra, lo stratega della Mafia, un criminale efferato, il 41 bis per eccellenza!
Lui, proprio lui, Totò Riina, la belva, un animale in gabbia assetato di sangue, il regista delle stragi, condannato a 26 ergastoli, ancora sotto processo nell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia.
È la giustizia terrena che,adesso,cede il passo a quella divina.
Quella fierezza di uno sguardo inquietante, stampata sul volto privo di cedimenti, irredimibile ed insensibile al pentimento, quella tracotanza criminale commista ad un’ostentata irrisione verso le istituzioni ed il tribunale degli uomini, ora, dovrà sottoporsi ad un ulteriore processo, quello del tribunale della coscienza,il giudizio di Dio. Un decesso che porta con sé, nella tomba, la cassaforte di tanti segreti, misteri irrisolti, un puzzle che purtroppo, a distanza di 25 anni, stenta ancora a ricostruirsi.
Peraltro sono consistenti i dubbi e le perplessità che ha sollevato l’esalazione dell’ultimo respiro dell’Autocrate della Mafia Siciliana. Molti sono ancora i nodi da sciogliere. Da allora,nonostante i non pochi successi, registrati mediante l’azione repressiva sul fronte Antimafia dell’uso congiunto di magistratura ed organi di polizia,risulta difficile fare chiarezza.
Pertanto la morte di Riina comporta non solo l’apertura di nuovi scenari, il sorgere di una nuova stagione criminale ancora ignota, ma soprattutto l’emergere di un altro allarmante problema, quello della Successione. La cupola, l’organismo di vertice di Cosa Nostra che vede la rappresentanza delle varie famiglie mafiose, potrebbe tornare nuovamente a riunirsi per eleggere, all’unanimità, il nuovo erede o potrebbe averlo già fatto.
Personalmente ritengo che con il trapasso del boss si chiuda indubbiamente un’era della storia italiana, ma la Mafia, in quanto fenomeno radicato sul territorio, dotato di estesi collegamenti internazionali, sia ancora, purtroppo, ben lontana dall’essere definitivamente estirpata. È ancora viva e continua ad esistere trasfigurandosi in forme diverse ed intrecciandosi con circuiti di apparati deviati dello Stato. Infatti il dilagare delle organizzazioni criminali, anche al di là delle aree tradizionali di insediamento si configura ancora come la minaccia più grave alla convivenza civile,una spina nel fianco. In questo particolare frangente storico, oggi più che mai, non bisogna abbassare la guardia.
Al contempo,la morte del Boss al 41 bis rappresenta un buon segnale. Qui è possibile intercettare la risposta più concreta dello Stato alla Mafia.
Oggi più che mai ritengo che a vincere sia la giurisprudenza, quella stessa giurisprudenza che trovò a Corleone, nell’aula bunker, teatro del primo maxi processo a Cosa Nostra, il monumento giudiziario della lotta alla Mafia. È la genesi istruttoria firmata col sangue da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il diritto che prevale sul delitto, sul disprezzo e la disaffezione verso lo Stato e le istituzioni, la democrazia che prevale sulla civiltà della barbarie mafiosa: questo dimostra che la Mafia non è assolutamente invincibile!