BATTIPAGLIA. Continua a tenere banco la questione “Variante al Prg di Serroni Alto”. Dopo il documento diffuso dall’associazione battipagliese “Civica Mente”, era arrivata immediata la risposta dell’Assessore all’Area Territorio e Ambiente, Stefania Vecchio.
I componenti di Civica Mente avevano inizialmente denunciato un conflitto di interessi ed un abuso edilizio, sentendosi rispondere che l’Amministrazione era obbligata a prendere questo provvedimento così come afferma l’art. 38 della Legge urbanistica Regionale. Ora i giovani associazionisti hanno posto l’accento sulle modalità che l’Amministrazione ha scelto per adempiere a quest’obbligo.
«Egregio Assessore Vecchio, abbiamo innanzitutto apprezzato la sua risposta (nel senso che apprezziamo che ci abbia risposto), mentre sul contenuto della stessa conserviamo qualche perplessità. Con una sequela di numeri, leggi e sentenze – inserite in una prosa biblica – ha inteso sicuramente far apprezzare la sua specchiata competenza (che qui nessuno mette in dubbio), ma probabilmente ha cercato di riempire di chiacchiere i suoi interlocutori: i cittadini.
Venendo al nocciolo della questione, Lei fa riferimento alla Sentenza Tar che avrebbe “obbligato” l’Amministrazione a concretizzare questo provvedimento. Non solo, ma afferma che ha dovuto “ritipizzare” la zona perché lo afferma l’articolo 38 della Legge urbanistica Regionale. Magari noi non avremo il suo spessore tecnico, ma ci permetta qualche appunto.
La Sentenza Tar a cui fa riferimento trae origine dalla violazione dell’obbligo della p.a. di espropriare entro 5 anni il terreno sul quale si appone un vincolo. A questo punto, però, l’ Amministrazione aveva due alternative: pagare il prezzo di mercato del terreno su cui doveva realizzarsi la strada motivo del vincolo o “ritipizzare” il “pezzetto” di PRG (ossia dargli un’altra destinazione).
Inoltre avrebbe dovuto pagarlo a prezzo di terreno agricolo quale era, e non edificabile quale è diventato per il 50%.
Ed ancora, l’art. 38 della normativa regionale, che l’avrebbe “obbligata” a ritipizzare, stabilisce “fermo restando i limiti di edificabilità” sui quali ci siamo già espressi. L’ Amministrazione aveva, quindi, un obbligo di “fare”, non di “fare così”. Il “fare così” è stata una scelta, magari politica (che oltre le questioni di principio è fatta soprattutto di atti concreti), ma una scelta che peraltro ha dimezzato le aree sulle quali era previsto verde pubblico e che adesso ospiteranno edifici privati.
Ma adesso abbandoniamo l’aspetto tecnico e veniamo a quello politico perchè, Egregio Assessore, anche le norme urbanistiche sono “Politica”, forse più di tante altre cose. Le nostre strade, i palazzi, il verde, i luoghi di incontro e di interazione sociale e, inoltre, tutte le decisioni in materia urbanistica rappresentano scelte politiche intese nel senso di scegliere l’habitat in cui cresciamo, ci riproduciamo e viviamo.
Per questo abbiamo alcune domande:
– Vi assumete la responsabilità di dire e fare atti che sono contrari a quelli che ha fatto una commissione, pur non essendo variati i contesti normativi e giuridici?
– La corte dei conti, già 3 anni fa, ha affermato che bisogna recuperare parte del dissesto finanziario ANCHE attraverso le concessioni edilizie. Questo è stato notificato anche alla commissione straordinaria. Possiamo sapere cosa sapete voi di più della commissione straordinaria per riconoscere una concessione che la commissione, invece, non aveva assegnato ?
– Ogni cittadino, anche se parente di, ha gli stessi diritti di tutti gli altri. Vi assumete l’onere della scelta di fare quello che si sta facendo per il cittadino P anche a tutti gli altri cittadini dalla A alla Z?
– Conseguenza della scelta è la cementificazione. Anche questa è una scelta, legale e valida, come tutte le scelte. Vi assumete l’onere di scegliere la cementificazione delle zone rurali della città estendendo l’area urbana e abbandonando i principi di minor consumo del suolo e sostegno (anche contestuale) all’agricoltura?
Ora è il momento di uscire dalla famosa zona grigia e dichiarare pubblicamente e chiaramente le proprie scelte e le proprie strategie, senza nascondersi dietro gli atti. Si rischia che nelle grida del consesso consiliare e nelle vacue discussioni su chi vuole bene o vuole male alla città, fra un selfie sotto al ponte ed i pianti per la situazioni di bilancio – che chi si è candidato a guidare la città doveva già conoscere – si perda poi la concretezza delle azioni che questa Amministrazione sta facendo e non ereditando».