Santo del giorno

Il 19 giugno si ricorda San Romualdo, l’eremita che fondò Camaldoli per restare solo

San Romualdo nacque a Ravenna nel 952 e morì a Fabriano il 19 giugno 1027. È stato un abate, eremita e fondatore italiano della Congregazione Camaldolese dell’Ordine di San Benedetto. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica.

La vita di San Romualdo

La movimentata storia di questo personaggio è stata raccontata da san Pier Damiani, che scrisse una Vita di san Romualdo circa 15 anni dopo la sua morte (1042).

Intorno all’anno mille, esplorando le zone più selvagge della dorsale appenninica centrale tra Umbria e Marche, il monaco ravennate Romualdo dette vita ad un movimento che si inserisce nel tentativo di riforma dell’istituto monastico e che lasciò importanti tracce. Oltre che fondatore dell’eremo di Camaldoli nel Casentino (Toscana), fu promotore della Congregazione camaldolese, diramazione riformata dell’Ordine benedettino. Romualdo cercò incessantemente la solitudine più radicale per condurre il suo colloquio con Dio.

Esponente di una famiglia nobile, divenne monaco a 20 anni a Sant’Apollinare in Classe. L’origine della sua vocazione sembra legata ad un fatto di sangue di cui furono protagonisti il padre e un cugino. Sconvolto, decise di farsi monaco, ed entrò nell’antico monastero di Sant’Apollinare in Classe. Ma non vi si trovò bene, essendo la vita di quei monaci piuttosto rilassata e si recò presso un eremita, Marino, in territorio veneziano, sottoponendosi alla sua guida spirituale. Qui conobbe l’abate Guarino, uno dei più importanti monaci rifondatori del X secolo; questi convinse il giovane eremita, non ancora trentenne, a seguirlo nella sua abbazia di Cuixà, in Catalogna. A Cuixà, centro di un vero rinascimento culturale, oltre che monastico, Romualdo si trattenne dieci anni e compì la sua formazione.

Ritornato in Italia nel 988, si dedicò a vita eremitica nell’eremo di Poreo, presso Ravenna. Intorno all’anno 1001 il giovane imperatore Ottone III convinse l’eremita a divenire abate di Sant’Apollinare in Classe; ma la sua vocazione era quella della solitudine con Dio e del rinnovamento della vita eremitica e quindi, dopo appena un anno, rinunciò all’incarico, e si recò a Montecassino.

Intorno al 1014 Romualdo fondò un eremo a Sitria, presso Scheggia (PG) e, dopo poco, volle aggiungervi un piccolo monastero (cenobio) con una chiesa: l’abbazia di Santa Maria di Sitria. Rimase in terra umbra quasi sette anni, gli ultimi prima di recarsi a Camaldoli. A Sitria si sottopose a severi digiuni, nel silenzio, meditando le Sacre Scritture, ed attirando a sé una gran folla di penitenti che ammaestrava tacente lingua et predicante vita (san Pier Damiani).

Romualdo visse circa 75 anni: morì il 19 giugno 1027 nell’Abbazia di San Salvatore in Valdicastro, nel territorio di Fabriano, nella più perfetta solitudine.

Il culto

Fu canonizzato appena cinque anni dopo la sua morte e fu dichiarato santo, nel 1595, da papa Clemente VIII. Il suo corpo riposa, dal 1481, nella chiesa di San Biagio a Fabriano.

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