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Il 9 dicembre del 1946 nasce Sonia Gandhi, la terza donna non indiana a divenire presidente dell’UPA

Poco conosciuta in patria, la presidente dell’Indian National Congress e moglie del defunto ex-primo ministro indiano Rajiv Gandhi, nonché la donna più influente nel panorama politico indiano

Edvige Antonia Albina Maino, detta Sonia, vedova Gandhi è una politica italiana naturalizzata indiana. Presidente del Partito del Congresso Indiano; vedova di Rajiv Gandhi, nipote di Jawaharlal Nehru e già primo ministro.

Sonia Gandhi, tutto quello che c’è da sapere sulla politica indiana

Edvige Antonia Albina Maino (detta Sonia, vedova Gandhi) nata a Lusiana il 9 dicembre del 1946. Donna influente della politica indiana, Presidente del Partito del Congresso Indiano, secondo la rivista Forbes nel 2007 inserita tra le dieci donne più potenti del mondo, Sonia Gandhi è nata e cresciuta in Italia, da genitori veneti: Stefano e Paola Maino.


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Nel 1949, quando Sonia ha appena tre anni, la sua famiglia deve trasferirsi per motivi di lavoro ad Orbassano, nei pressi di Torino. In questi primi anni, a segnare profondamente la sua educazione è la scuola cattolica romana a cui la iscrivono i genitori: un istituto gestito dall’Ordine dei Salesiani.

Negli anni della gioventù, Sonia Gandhi ben presto si appassiona alle lingue e comincia a studiare presso una scuola per interpreti, imparando l’inglese, il francese e il russo.

La svolta

La svolta della sua vita si ha intorno agli anni Sessanta, in Inghilterra. Qui la giovane Sonia conosce Rajiv Gandhi, il futuro primo ministro dell’India, figlio di Indira Gandhi e nipote di Jawaharlal Nehru. Il rampollo di questa antica famiglia così importante per la storia del paese del Mahatma Gandhi, in quegli anni frequenta l’Università di Cambridge, mentre la sua futura moglie studia inglese alla Lennox School, scuola di lingue per stranieri.


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Il 28 febbraio del 1968, Rajiv Gandhi sposa Sonia. Il matrimonio è di rito aconfessionale semplice e si tiene nel giardino di Safdarjang Road, a Cambridge. Secondo le cronache, la giovane moglie di origini venete sceglie di indossare un “sari rosa” di cotone che Nehru avrebbe filato in carcere: lo stesso capo indossato da Indira Gandhi per il suo matrimonio. Trasferitasi in India con il marito Rajiv, continua a studiare, stando al fianco del proprio uomo il quale si prepara a fare il suo ingresso ufficiale nella politica indiana. Nel frattempo, consegue un diploma in conservazione dei dipinti a olio del Museo Nazionale di Nuova Delhi.

La rinuncia alla cittadinanza italiana

Il 1983 è un anno importante per Sonia Gandhi. Per assecondare la carriera politica di Rajiv e mettere a tacere l’opposizione, che non vede di buon occhio il matrimonio di un Gandhi con una donna occidentale, Sonia rinuncia alla cittadinanza italiana, il 27 aprile del 1983, circa quindici anni dopo la sua unione con Rajiv. Tre giorni dopo, il 30 aprile del 1983, diventa a tutti gli effetti una cittadina dell’India.


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Sonia e Rajiv.

L’anno dopo, il marito diventa primo ministro indiano, per il Partito del Congresso, nel 1984. Nello stesso anno, la madre Indira, viene assassinata da una delle sue guardie del corpo, di etnia Sikh. Rajiv Gandhi guida lo stato indiano fino al 1989. Il 21 maggio del 1991, a Sriperumbudur, pochi giorni prima delle nuove elezioni generali che avrebbero potuto sancire il suo riscatto politico, il marito di Sonia Gandhi viene ucciso. Secondo le ipotesi più accreditate, l’attentatore è anche lui appartenente alla setta dei Sikh. Altre considerazioni invece, portano ad un commando delle Tigri Tamil, l’organizzazione militare clandestina che lotta per l’indipendenza dei tamil dello Sri Lanka.

Il prosieguo della tradizione

A questo punto il partito comincia a fare il nome di Sonia Gandhi perché sia lei a prendere in mano la guida politica del paese, per continuare la tradizione “dinastica” del Partito del Congresso che ha sempre visto alla sua guida un membro della famiglia Nehru-Gandhi. Tuttavia lei rifiuta, ritirandosi a vita privata. Questo almeno fino al 1998, quando finalmente decide di varcare la soglia della politica indiana, assumendo la guida dell’Indian National Congress. Lo stile e il temperamento è quello della tradizione politica della famiglia Gandhi-Nehru: Sonia sa come guidare grandi folle e conquista la fiducia dei suoi elettori.


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Per le elezioni del maggio del 2004 si fa il suo nome per una possibile candidatura alla carica di primo ministro, a seguito della vittoria del partito per il rinnovo della Lok Sabha, la camera bassa del parlamento indiano. Sonia Gandhi viene votata all’unanimità per condurre un governo di coalizione composto da diciannove partiti. Pochi giorni dopo l’esito elettorale però, la Gandhi declina la sua candidatura: gran parte della classe politica indiana non la vede di buon occhio, soprattutto gli oppositori, per il fatto di non essere una nativa dell’India e per non parlare in modo fluente la lingua hindi. È lei stessa a proporre Manmohan Singh al suo posto, ex ministro delle finanze del governo uscente di Narasimha Rao.

Accettato dalla coalizione, Singh diventa il primo ministro indiano, il 22 maggio del 2004. Nella stessa consultazione, viene eletto al parlamento indiano anche il figlio di Sonia, Rahul Gandhi, di cui la sorella Priyanka aveva curato la campagna elettorale.

Presidente del Partito

Il 28 maggio 2005 Sonia Gandhi diventa presidente del Partito del Congresso Indiano, la prima forza politica del paese. È la terza donna non indiana ad ottenere questa carica, dopo Annie Beasant e Nelli Sengupta. Inoltre, è anche il quinto membro della famiglia Nehru a guidare il partito.


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Nel 2009, alle elezioni generali la coalizione guidata dal suo partito, che si chiama UPA (United Progressive Alliance), vince ancora e ottiene il mandato per formare un nuovo governo, sempre sotto la guida del ministro uscente, Manmohan Singh.

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