Cronaca

Stalking, carcere anche se la vittima vuole riprendere la relazione

La Cassazione precisa che la presunta volontà della vittima di reato di stalking di riprendere la relazione con il suo persecutore, non fa venire meno l’esigenza cautelare del carcere.

Stalking, il persecutore in carcere anche se la vittima vuole riprendere la relazione

Con la sentenza n. 36307/2019 (sotto allegata) la Cassazione, nel respingere uno dei motivi di ricorso avanzati da un soggetto sottoposto alla misura cautelare in carcere, precisa che la presunta volontà della vittima di un reato di stalking di riprendere la relazione con il suo persecutore, non fa venire meno l’esigenza cautelare, consistente nel caso di specie nella custodia carceraria, considerata l’indole violenta, possessiva e l’incapacità del soggetto a frenare i propri impulsi.

La vicenda processuale

Un soggetto viene sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per atti persecutori di (art. 612 bis), in quanto costringeva la ex compagna a subire atti fisici e morali consistenti in vessazioni fisiche e morali, minacce di morte (art 609 bis c.p), atti sessuali e lesioni aggravate finalizzate al compimento di atti sessuali (artt. 576, 582 e 585 c.p).

Il soggetto agente ricorre quindi contro l’ordinanza del Tribunale del riesame che ha rigettato l’appello avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale.

Con il primo motivo lamenta le conclusioni del Tribunale stante l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, con il secondo evidenzia come il giudice di primo grado “non avrebbe considerato che la persona offesa si sarebbe riappacificata con il …. ancor prima della esecuzione della misura e più volte avrebbe rappresentato agli agenti la volontà di rimettere la querela.” Con il terzo invece evidenzia come la misura in carcere sia sproporzionata rispetto concreta gravità dei fatti.

La volontà della vittima di riprendere la relazione non evita il carcere allo stalker

La Cassazione, con la sentenza n. 3630/2019 accoglie il primo motivo del ricorso per quanto riguarda il reato di violenza sessuale, respinge il terzo sulla misura cautelare adottata per genericità, e giudica il secondo inammissibile.

Il Tribunale ha infatti ritenuto correttamente che: “la presunta volontà della persona offesa di rimettere la querela e di riprendere la relazione con il …. non appare incidere sul piano delle esigenze cautelari a fronte della comunque persistente sussistenza del pericolo concreto di reiterazione tratto dal quadro fattuale da cui risulta che l’indagato, soggetto dall’indole possessiva, violenta e totalmente incapace di frenare i propri impulsi, avrebbe posto in essere non occasionali ma sistematiche aggressioni fisiche e verbali ai danni della compagna anche a seguito del successivo allontanamento della … dall’abitazione comune.”

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