Cronaca

Non solo il giudice Falcone: altri quattro morti nella Strage di Capaci | Ci furono anche 23 feriti

Strage di Capaci, l'elenco dei morti: Falcone, la moglie e tre agenti della scorta persero la vita il 23 maggio del 1992

Non solo Giovanni Falcone. I morti nella Strage di Capaci del 23 maggio 1992 furono cinque. Oltre al giudice anti-mafia, perso la vita la moglie (anche lei magistrato) e i tre agenti della scorta. Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.

Strage di Capaci, l’elenco dei morti

Oltre a Giovanni Falcone nell’attentato di stampo mafioso persero la vita:

  • Francesca Morvillo (moglie di Giovanni Falcone, anche lei magistrato)
  • Vito Schifani (agente della scorta)
  • Rocco Dicillo (agente della scorta)
  • Antonio Montinaro (agente della scorta)

Vi furono ventitré feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.

La strage di Capaci: l’attentato di Cosa Nostra per uccidere Giovanni Falcone

Si trattò di un attentato esplosivo, compiuto aull’A2 per placare questa fresca ventata di libertà che si percepiva nel periodo in cui il duo FalconeBorsellino iniziava ad ottenere risultati esemplari durante l’esperienza al Pool Antimafia. In quel periodo Cosa Nostra operava nell’ombra, ma grazie al nucleo antimafia e all’arresto e in seguito il pentimento di Tommaso Buscetta, è come se si fossero improvvisamente accesi i riflettori sulla grezza e brutale bestia della mafia, cosa inaccettabile per i mammasantissima, personaggi loschi e inattaccabili che – nella paura di perdere la loro egemonia – iniziarono a tessere le trame per generare lo scempio di Capaci.

Dopo l’esperienza al Pool Antimafia avvenuto nell’83 e nell’84, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino divennero dei bersagli facili, gli insidiosi mafiosi iniziarono a fare terra bruciata attorno a loro, tanto che dopo l’omicidio di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà tutti iniziarono a temere per la loro incolumità, così – in via del tutte precauzionale – si ritrovarono a soggiornare presso il carcere dell’Asinara.

Oggi è il 23 maggio e si ricorda l’anno della strage e, conseguentemente, della morte del giudice entrato nella storia per aver costruito una rete e una legge funzionale alla criminalità organizzata italiana. Tuttavia, in tanti dimenticano facilmente i periodi in cui la politica, le istituzioni e l’opinione pubblica voltò le spalle ai due giudici, lasciandoli soli nell’estenuante lotta contro la criminalità.

Nei primi anni ’90 ci fu la cosiddetta “stagione dei veleni”, non erano mafiosi coloro che si schieravano contro le opinioni dei due magistrati, ma – un po’ come accadde nella celebre vicenda di Pietro e Gesù – eravamo dinnanzi a quel “canto del gallo”. Falcone e Borsellino si ritrovarono in una salita talmente fitta che avrebbe fatto impallidire il più abile degli scalatori e non si sa il perché questo accadde, ma la popolarità dei due eroi fu macchiata nei talkshow e le persone non avevano più una buona opinione su di loro.

Celebre fu anche la veemenza di Totò Cuffaro – in seguito condannato per mafia – che aggredisce un Falcone logorato da una Nazione confusa che ormai gli era ostile e in una sentenza si evince quanto segue «non si evince un attacco diretto di Cuffaro nei confronti del giudice Falcone». I violenti attacchi vennero soprattutto dal fronte della politica, perché Falcone pagò a caro prezzo la vicinanza con il socialista Claudio Martelli, infatti, il PCI gli era in gran parte contro.

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