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Eppur è tonda… ma c’è chi ancora non ci crede…

Viviamo tempi molto stravaganti dove il diritto di libertà di parola e di pensiero si è trasformata nel diritto di violare, con il proprio scellerato pensiero, il buon senso costruito in secoli di storia dell’umanità. Che non vi sia alcun fraintendimento su quanto affermato!
Sia chiaro, la libertà di esprimere il proprio pensiero è sacrosanta, ma vi è sempre una responsabilità profonda nel momento in cui tale pensiero diventa trampolino di lancio per idee assurde, infondate e chiaramente destabilizzanti di una certa cultura frammentaria.

Complice il facile strumento di comunicazione di massa rappresentato da Internet in termini generali e in particolare dai suoi emissari quali Facebook e YouTube. Basta riportare su Google la dicitura “terra piatta” e l’assurdità appare in tutto il suo oscuro splendore.

I terrapiattisti

Ormai da tempo un gruppo di persone sta portando avanti la tesi della Terra piatta, i cosiddetti “terrapiattisti”, ma il tutto condito e aggravato da un presunto complottismo tessuto dai vertici governativi non si sa per quale motivo o per quali oscuri interessi. Non voglio qui entrare nel merito perché di ciò non se ne dovrebbe neanche parlare per l’irrazionalità dell’idea stessa.


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Più se ne parla e più si alimenta l’ignoranza e un oscurantismo mentale che purtroppo sta tornando in auge in un’era in cui tutto è possibile, tutto è plausibile e tutto è accettabile, con tutte le contraddizioni tipiche del nostro secolo.

L’ignoranza dei terrapiattisti

Voglio, invece, cogliere l’occasione per ricordare a molti quanti secoli ci sono voluti per illuminare le nostre menti e dare alla scienza la sua giusta collocazione.

La credenza di una Terra piatta la troviamo già nella cosmografia mesopotamica dove il mondo viene descritto come un disco piatto circondato dall’oceano e questa concezione influenzò Omero ed Esiodo e fu la premessa per le prime mappe greche, come quelle di Anassimandro ed Ecateo di Mileto.


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Anassimandro, poi, concepì la Terra come un cilindro galleggiante nello spazio, evidenziando la possibile presenza di una seconda superficie terrestre sottostante e speculare.

L’idea poi condusse alla credenza che vi fosse un altro mondo, antipode, dove gli esseri umani vivessero a testa in giù.

Le credenze nel passato

Nell’antica Cina la principale credenza era che la Terra fosse piatta e quadrata e i cieli fossero una sfera che l’avvolgesse, ipotesi che è rimasta fondamentalmente indiscussa fino all’introduzione dell’astronomia europea a opera dei gesuiti Matteo Ricci e Johann Schreck nel XVII secolo.

In India, invece, la concezione cosmologica prevalente era che la Terra consistesse di quattro continenti disposti, come i petali di un fiore, intorno ad una montagna centrale, il monte Meru, il tutto circondato da un grande oceano. Concetti analoghi compaiono anche in fonti iraniche, come il Bundaishn.


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Questa visione venne ripresa nella cosmologia buddhista, secondo la quale il mondo era un grande disco piatto coperto da un oceano e circondato da montagne: i continenti erano disposti in questo oceano intorno ad un’immensa montagna centrale, appunto il monte Meru. Inoltre si credeva che esistessero infiniti mondi di questo tipo, e che il nostro fosse solo uno tra i tanti.

La tartaruga che sorregge la Terra

Per non dimenticare il simbolo della tartaruga su cui poggia la Terra, simbolo sacro e fondante per il popolo cinese, ma anche per quello africano e per i nativi americani.

Ma poi qualcosa iniziò a cambiare grazie alle menti illuminate dei grandi pensatori dell’antichità. La sfericità della Terra sembra venne proposta per la prima volta addirittura nel VI-V secolo a.C. da Pitagora o Parmenide.


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Dopo il diffondersi della convinzione che la Terra fosse rotonda, il concetto di una Terra piatta sopravvisse stentatamente sino ai tempi moderni solo presso letterati o personaggi culturalmente marginali. L’opinione che nel Medioevo si credesse che la Terra fosse piatta è entrata nell’immaginario collettivo solo nel XIX secolo, frutto dei preconcetti positivisti sui cosiddetti “secoli bui” del Medioevo.

E purtroppo i “secoli bui” sembrano riaffacciarsi prepotenti in un’era dove l’uomo moderno paradossalmente ha a sua disposizione una quantità enorme di “luce” da utilizzare non solo per evitare tali gravi incidenti del nostro percorso culturale, ma per proiettarsi avanti con grande risolutezza e profondo rispetto nei confronti di quanto fatto fino ad oggi con sudore, sofferenza e spesso sacrifici anche estremi.


di Antonio Vincensi