AlmanaccoCuriosità

Quattro curiosità su Totò: i guadagni, la malattia agli occhi, il titolo di ‘Principe’ e la tomba

Totò moriva nel 1967: le curiosità sul principe della risata | Quanto guadagnava a film | Perché principe | Malattia occhi | Tomba

Il 15 aprile del 1967 moriva Totò, pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio. È stato un attore, commediografo, poeta, paroliere e sceneggiatore italiano.


Le frasi più belle di Totò: citazioni, aforismi e battute più divertenti!


Totò moriva il 15 aprile del 1967: le curiosità sul principe della risata

Sono tante le curiosità legate alla vita e alla carriera di Totò, nato il 15 febbraio del 1898 nel rione Stella, popoloso quartiere di Napoli. Sono passati oltre cinquant’anni dal giorno della sua morte, ma il ricordo di questo strepitoso artista è più vivo che mai. Ancora oggi in tanti scoprono la sua arte e si interrogano sulla sua vita. In questo articolo proviamo a rispondere ad alcune delle domande più frequenti su Totò.


toto-curiosita-quanto-guadagnava-perche-principe-malattia-occhi-tomba


Quanto guadagnava Totò a film?

Nel 1955, al culmine del successo, Renato Libassi, amministratore del principe, ebbe un’idea che pareva buona: far produrre direttamente da Totò i suoi film. Nacque così, con il coinvolgimento dell’ex socio di Ponti, la società D.D.L. (De Curtis – De Laurentis – Libassi). La casa di produzione durò fino al 1960, ma Totò ne era uscito quasi subito. Aveva scoperto che, come imprenditore, non percepiva stipendio.

“E chi mi paga?” , chiedeva sgomento ai soci. “Come, chi ti paga? I produttori siamo noi. I guadagni dipendono dagli incassi!” . La prospettiva aveva sconvolto l’attore, che si considerava un impiegato dello spettacolo e si aspettava per ogni prestazione un introito garantito e prestabilito. La società continuò senza di lui.”

Perché Totò era principe?

Dopo l’adozione nel 1933, in cambio di un vitalizio, da parte del marchese Francesco Maria Gagliardi di Tertiveri, cavaliere del Sacro Romano Impero (D. M. di riconoscimento 6 maggio 1941), Totò intraprese lunghe e costose battaglie legali, portate avanti con determinazione, per il riconoscimento di nobiltà, anche grazie all’aiuto di esperti avvocati e araldisti. Oltre al titolo nobiliare acquisito per eredità dal marchese Gagliardi Focas (il vecchio marchese che lo aveva adottato era un lontano parente di sua nonna materna), Totò riteneva infatti di appartenere a un ramo dei nobili de Curtis, quello dei conti di Ferrazzano, che questi a loro volta discendessero dalla famiglia aristocratica dei Grippo, e che questa a propria volta discendesse dalla dinastia imperiale bizantina dei Foca, tutte affermazioni successivamente messe in discussione.


Italian actor Totò (Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno di Bisanzio De Curtis Gagliardi) dressed as a jinx grimacing in the segment La Patente from the film Of Life and Love. Italy, 1953. (Photo by Mondadori via Getty Images)

Alla conclusione di un lungo iter giudiziario il 18 luglio 1945 e il 7 agosto 1946 il Tribunale di Napoli, IV sez., emanò sentenze che gli riconobbero diversi titoli gentilizi, che vennero registrati a p. 42 vol. 28 del Libro d’Oro della Nobiltà Italiana, tenuto presso l’archivio della Consulta Araldica (che oramai all’epoca era un ente puramente privato): Principe, Conte Palatino, Nobile, trattamento di Altezza Imperiale. Successivamente con l’approvazione della Costituzione della Repubblica Italiana il 22 dicembre 1947, la IV Disposizione Transitoria stabilì che in Italia “I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome…” e di conseguenza con sentenza 21 maggio 1950 N. 7462 vol. 610, mod. 5 del Tribunale Civile di Napoli, preso atto delle sentenze precedenti, il cognome di Totò venne legalmente rettificato all’anagrafe in “Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio”, anche se all’interno della sua cappella, nel Cimitero di Santa Maria del Pianto a Napoli, Totò scelse di indicare il proprio nome come “S.A.I. Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis – Principe imperiale di Bisanzio”, modificando la sequenza ed omettendo sia i cognomi Griffo e Gagliardi che il titolo cognomizzato di Porfirogenito.

Dalla sentenza del 1946 Totò rivendicò i titoli nobiliari, dal 22 dicembre 1947 privi in Italia di alcun valore legale, di “altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo”, facendo anche coniare delle medaglie d’oro dal peso di 50 grammi l’una ritraenti il suo profilo, come fosse un imperatore romano, e che amava regalare ai suoi amici più intimi. Sembra che ben cinque denunce siano state sporte contro l’attore (anche da privati cittadini) per “abuso di titoli nobiliari”.

Nel 1963, in un’intervista di Oriana Fallaci, rilasciata per L’Europeo, Totò elencò così i suoi titoli nobiliari:
«Signorina mia, sono altezza imperiale, son principe e anche molte altre cose: conte palatino, cavaliere del Sacro Romano Impero, ufficiale della Corona d’Italia, cavaliere della Gran Croce dell’Ordine di Sant’Agata e San Marino, marchese di Tertiveri, questo però non lo uso.»

Che malattia aveva Totò agli occhi?

Superato il dolore della perdita del figlio, al quale Totò reagì malissimo rinchiudendosi in casa per settimane, nel 1956 ritornò sul set interpretando a catena quattro film di Camillo Mastrocinque, che raggiunse il punto più alto del suo sodalizio con l’attore dirigendolo in Totò, Peppino e la… malafemmina (in cui si colloca la nota scena della “lettera”) e ne La banda degli onesti, scritto da Age & Scarpelli e interpretato insieme a Peppino e Giacomo Furia. Ma la tentazione di ritornare a teatro lo vinse, e, spronato anche dall’impresario Remigio Paone, recitò nella rivista A prescindere (che prendeva il nome da un suo modo di dire), che debuttò al teatro Sistina di Roma alla fine del ’56, e che venne portata in tournée in tutta Italia.

Nel mese di febbraio del 1957, a Milano, Totò venne colpito da una broncopolmonite virale, e nonostante i pareri dei medici che gli dissero di riposare, tornò sul palco dopo alcuni giorni, ciò gli causò uno svenimento appena prima di entrare in scena. I medici gli prescrissero almeno due settimane di assoluto riposo, ma Totò ritornò ugualmente a recitare esibendosi a Biella, Bergamo e Sanremo, dove cominciò ad avvertire i primi sintomi dell’imminente malattia alla vista. Il 3 maggio la situazione precipitò: mentre recitava al Teatro Politeama Garibaldi di Palermo si avvicinò alla Faldini (che aveva sostituito l’attrice Franca May e recitava sul palco insieme a lui) sussurrandole che non vedeva più; contando perciò solo sulle sue abilità e sull’appoggio degli altri attori, fece in modo di accelerare la conclusione dello spettacolo. Nonostante lo sconforto e la totale cecità, cercò di resistere e, per non deludere il pubblico ritornò sul palcoscenico – con un paio di spessi occhiali da sole – la sera del 4 maggio e, in due spettacoli, del 5. L’interruzione della vista fu comunque inevitabile. Inizialmente i medici attribuirono la cecità a un problema derivato dai denti, ma alla fine gli fu diagnosticata una corioretinite emorragica all’occhio destro. L’impresario della compagnia, Remigio Paone, non credendogli, richiese una visita fiscale e avrebbe preteso anche che Totò tornasse a recitare.


toto-curiosita-quanto-guadagnava-perche-principe-malattia-occhi-tomba


Totò in un primo tempo fu completamente cieco, e anche dopo dei lievi miglioramenti e una volta riassorbita l’emorragia non riuscì più a riacquisire integralmente la vista. Dovette abbandonare definitivamente il teatro, continuando però con il cinema: in quell’anno restò quasi inattivo e interpretò solo un film, Totò, Vittorio e la dottoressa di Mastrocinque, ma le sue capacità recitative, malgrado la malattia, non si affievolirono mai. L’unico problema era il doppiaggio, quando alcune scene dei film non venivano girate in presa diretta, non poteva doppiarsi poiché non era in grado di vedersi sullo schermo e non poteva sincronizzare le battute con il movimento labiale; in tali occasioni, veniva doppiato da Carlo Croccolo. Per problemi economici fu costretto a vendere alcune proprietà, e successivamente decise di soggiornare per qualche giorno a Lugano pensando di trasferirvisi definitivamente per motivi fiscali, ma ritornò a Roma e si spostò in un appartamento in affitto in Viale dei Parioli con Franca Faldini, che gli rimase sempre vicino, insieme a suo cugino Eduardo Clemente, che gli faceva da segretario e factotum, e al suo autista Carlo Cafiero, che di solito lo accompagnava sul set.


toto-curiosita-quanto-guadagnava-perche-principe-malattia-occhi-tomba


Dove è la tomba di Totò?

La cappella Totò si trova a Napoli al Cimitero di Santa Maria del Pianto (detto anche Cimitero del Pianto).Per coloro che volessero recarvisi una volta raggiunto il cimitero troverete indicazioni su come raggiungere la cappella di Totò, che si trova ad un centinaio di metri dall’ingresso principale. Nella cappella riposa anche Liliana Castagnola la donna che si tolse la vita per amore di Totò.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio