Cronaca

Treviso, tribunale dà al figlio di una coppia il cognome della madre perché il padre è violento

Un bambino figlio di una studentessa universitaria trevigiana e di un pregiudicato francese riceverà solo il cognome della madre

Il tribunale di Treviso ha deciso che il figlio di una studentessa e di un pregiudicato francese avrà solo in cognome della madre perché il padre è violento. Un bambino figlio di una studentessa universitaria trevigiana e di un pregiudicato francese riceverà solo il cognome della madre e non, invece, quello di suo padre che gli era stato affidato poco dopo la nascita. A deciderlo è stata la Corte d’Appello di Treviso, secondo cui il cognome paterno  potrebbe costituire un ostacolo allo sviluppo psico-fisico del bimbo. Durante la gravidanza il 31enne avrebbe maltrattato e aggredito fisicamente la ragazza, dimostrando la mancanza di empatia e d’interesse verso il figlio.

Il cognome della madre al figlio, perché il padre è violento: i fatti

Nel 2018 la studentessa trevigiana, oggi 25enne, era partita per l’Erasmus in Francia e aveva conosciuto un ragazzo di origini marocchine, con il quale aveva iniziato una relazione. La relazione tra i due ben presto si era incrinata perché la studentessa aveva uno stile di vita troppo “occidentale”. Durante la deposizione in aula la ragazza ha raccontato di aver ricevuto schiaffi, pugni e persino il lancio di una sedia. La situazione si è poi aggravata quando il 31enne è venuto a conoscenza della gravidanza della donna.

La battaglia legale

La ragazza riuscì a trovare il coraggio di fuggire, tornando in Italia dai genitori, dopo aver subito un pugno sulla pancia che avrebbe potuto causarle l’aborto. Al bimbo appena nato ha poi dato il suo cognome, cosa che l’ex compagno non ha accettato tanto da iniziare in Italia una battaglia legale per il riconoscimento del bambino. In primo grado i giudici aveva deciso a favore del franco-marocchino, obbligando l’anagrafe a indicare sul certificato di nascita la paternità e l’uomo a versare una somma per il mantenimento del piccolo.

La ragazza tuttavia non si è data per vinta e nei giorni scorsi è arrivata la sentenza in secondo grado che ha ribaltato il primo verdetto. La perizia disposta dai giudici ha fatto emergere che l’uomo non avesse “alcuna capacità genitoriale e alcun attaccamento affettivo ed emotivo nei confronti del bambino”

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