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17 marzo 1861: Vittorio Emanuele II fu proclamato Re d’Italia, il “Bel Paese” unito in una sola Nazione

A Torino fu proclamato dal neo Parlamento il nuovo Regno d’Italia: Vittorio Emanuele II assunse per sé e per i suoi successori il titolo di Re d'Italia

La proclamazione del Regno d’Italia fu l’atto formale che sancì la nascita del Regno d’Italia. Avvenne con un atto normativo del Regno di Sardegna sabaudo (legge 17 marzo 1861, n. 4671) col quale Vittorio Emanuele II assunse per sé e per i suoi successori il titolo di Re d’Italia.

17 marzo 1861: Vittorio Emanuele II viene proclamato Re d’Italia

Il 17 marzo del 1861 il parlamento proclamò la nascita del Regno d’Italia, proponendo questa formula al Parlamento italiano e Vittorio Emanuele II assunse il ruolo di Re d’Italia.


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La proclamazione del re d’Italia.

«Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato». Recita così l’articolo unico della Legge 17 marzo 1861, atto di nascita del Regno d’Italia.

Un sogno che diventa realtà?

L’idea romantica del “Bel Paese” unito in una sola nazione, vagheggiata da Dante sei secoli prima, era ormai una realtà. Due Guerre d’indipendenza (1848-49 e aprile-luglio 1859) e la mitica spedizione dei Mille (maggio-ottobre 1860) condotta da Giuseppe Garibaldi avevano portato all’unificazione di gran parte della penisola.


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Restavano fuori i territori delle odierne regioni Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Lazio insieme alla provincia di Mantova, quest’ultima ancora sotto il controllo degli Austriaci.

L’annessione del Regno delle Due Sicilie

L’ultimo atto dell’impresa, guidata dalla dinastia Sabauda e dal genio politico di Camillo Benso Conte di Cavour, era stata l’annessione del Regno delle Due Sicilie, completata ad ottobre del 1860 al caro prezzo di numerose perdite umane tra i due eserciti e tra la popolazione civile.


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Antonio Ciseri, ritratto di Camillo Benso di Cavour, olio su tela, ~1859.

Nello scenario di entusiasmo e speranza contrapposti al conflitto sociale e alle condizioni di estrema povertà che dividevano il Paese, si arrivò alle elezioni del 27 gennaio e del 3 febbraio 1861, il cui risultato disegnò il primo parlamento dell’Italia unita.

L’approvazione della legge istitutiva del nuovo Stato

I deputati, che per via del “suffragio a base censitaria” erano rappresentativi di una parte limitata della società (per lo più nobili, esponenti della borghesia delle professioni e appartenenti agli ordini cavallereschi), ebbero come primo e fondamentale incarico l’approvazione della legge istitutiva del nuovo Stato.


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Re Vittorio Emanuele II assume il titolo di Re d’Italia con la legge n. 4671 del 17 marzo 1861 del Regno di Sardegna.

Il testo definitivo (presentato come disegno di legge ministeriale n. 4671 del Regno di Sardegna) venne approvato al Senato il 26 febbraio, con due soli voti contrari, e all’unanimità alla Camera il 14 marzo.

L’iter legislativo era stato interessato da un acceso dibattito in particolare tra i sostenitori di un ruolo più centrale del Parlamento e quelli più fedeli alla monarchia sabauda.


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L’anno normativo che sancì la nascita del Regno d’Italia.

I primi, rispetto alla versione definitiva della legge, proponevano un testo diverso d’ispirazione parlamentare, in cui tra i tanti aspetti si ometteva il numero ordinale nella dicitura del nuovo Re, per dare un messaggio di discontinuità ed evitare che l’Unità fosse avvertita come l’ennesima conquista della dinastia sabauda. L’intervento di Cavour sanò le divisioni, facendo passare la linea “governativa”.

La promulgazione della nuove legge

Il 17 marzo la legge venne promulgata con la firma di Vittorio Emanuele II e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Fu salutato come l’atto di nascita del Regno d’Italia, che aveva come capitale Torino e sotto la cui giurisdizione erano compresi Piemonte, Lombardia, Granducato di Toscana, ducati di Parma e Modena, Regno delle Due Sicilie, Sardegna e parte dei possedimenti pontifici.


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Vittorio Emanuele II fotografato da André-Adolphe-Eugène Disdéri nel 1861.

La notizia portò in strada migliaia di cittadini, anche a Trieste e a Roma dove i manifestanti sfidarono rispettivamente la repressione austriaca e papale.

In quei giorni le strade erano tappezzate di tricolori con al centro lo stemma di casa Savoia bordato d’azzurro, versione adottata nella bandiera ufficiale del Regno dal 14 marzo di quell’anno. La scelta della moneta nazionale venne rimandata all’estate del 1862, quando fu adottata ufficialmente la Lira.

Il nuovo Stato

Con 22 milioni di abitanti e una superficie di 259.320 km², il nuovo Stato entrava di fatto nella schiera della maggiori nazioni d’Europa. Tuttavia l’instabilità politica e sociale e le gravi carenze economiche non permettevano di annoverarla tra le grandi potenze. Gestire questo clima e realizzare nel contempo l’unificazione amministrativa, sociale ed economica non era impresa facile.


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L’Italia prima dell’unificazione.

Certo è che la strategia adottata dai primi governi della cosiddetta destra storica (erede del pensiero di Cavour) si dimostrò infelice. In pratica si avviò un processo di “piemontesizzazione”, estendendo il sistema legislativo sabaudo agli altri territori, senza tenere conto delle enormi differenze che esistevano tra l’uno e l’altro.

L’annessione di Veneto e Friuli

Una rigida politica fiscale e di accentramento decisionale finì per scavare un solco ancora più profondo fra le aree cittadine più industrializzate e le zone rurali più arcaiche.

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Veneto e Friuli (i due stemmi).

In politica estera, tenne sempre banco il completamento dell’impresa unitaria, portata a termine con la Terza guerra d’indipendenza (1866), che consentì al Regno d’Italia di annettersi il Veneto, il Friuli e la provincia di Mantova, e con la Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) che sottrasse Roma al Papa.

Cinque mesi dopo quest’ultimo episodio, la Capitale (che dal ’64 era stata spostata da Torino a Firenze) venne istituita in via definitiva a Roma.

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