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Il 9 ottobre del 1978 ci lasciava Jacques Brel, un punto di riferimento fondamentale per la canzone d’autore europea

Jacques Brel è un autore e cantante belga di lingua (e all’inizio olandese della sua carriera). Era anche un attore e regista. Nato in una famiglia di industriali fiamminga cattolici, è ricordato nelle nazioni francofone come attore e regista teatrale, partecipò nel 1969 al film Mio zio Beniamino, l’uomo dal mantello rosso nel ruolo principale. Scrisse, diresse e apparve nel film Le Far-West, candidato nel 1973 alla Palma d’oro del Festival di Cannes.

9 ottobre 1978: muore Jacques Brel, cantautore belga

Il grande chansonnier Jacques Brel nasce a Bruxelles l’8 aprile 1929 da padre fiammingo ma francofono e da madre di lontane originifranco-spagnole. Non ancora diciottenne, a causa degli scarsi risultati negli studi, inizia a lavorare nella fabbrica di cartone gestita dal padre (da questa esperienza la sua affermazione di sentirsi “encartonner”). Nello stesso periodo frequenta un movimento di ispirazione cristiano-sociale, la Franche Cordée, fondato nel 1940 da Hector Bruyndonckx.

Gli inizi

Nella sua prima produzione artistica è possibile ritrovare gli ideali vissuti all’interno di questo gruppo, ossia spunti di religiosità, cristianesimo, umanitarismo evangelico, che sfoceranno, nel Brel più maturo, in un esistenzialismo umanistico alla Camus (che l’artista ritiene cristiano di spirito), in un socialismo libertario e anarcoide e in un acceso antimilitarismo. Proprio all’interno della Franche Cordée Brel conosce Thèrese Michelsen, che diventerà sua moglie e gli darà tre figlie.


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Partecipa a Bruxelles a diversi spettacoli teatrali e propone canzoni di sua composizione in alcuni cabaret, durante feste organizzate da studenti o a balli. Nel 1953 incide il suo primo disco con La foire e Il y a. Queste canzoni sono ascoltate da uno dei più grandi scopritori di talenti dell’epoca, Jacques Canetti (fratello di Elias). Convocato da lui a Parigi, Brel decide di lasciare la città natale e di trasferirsi nella capitale francese, dove si esibisce al Trois Baudets, lo stesso teatro in cui poco tempo prima ha debuttato Georges Brassens.

Da quel momento inizia per Brel un periodo di grande lavoro: canta in molte delle “caves” e dei bistrot parigini, si dice addirittura sette per notte, senza ottenere un immediato successo. Il pubblico e la critica francesi, infatti, non apprezzano subito la sua musica, forse anche a causa della sua origine belga: è rimasta celebre la frase di un giornalista che in un articolo ricorda a Brel che «ci sono ottimi treni per Bruxelles».

L’ascesa

Jacques Canetti, però, crede in lui: dal 1955 gli dà la possibilità di incidere i primi 33 giri. Una delle più grandi cantanti dell’epoca, la “dea di Saint-Germain-des-Pres”, Juliette Gréco, registra una sua canzone, Le diable, e gli presenta Gérard Jouannest, pianista, e François Rauber, arrangiatore, che diventano i suoi principali collaboratori.


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Nel 1957, con Quand on n’a que l’amour, Brel vince il Grand Prix du Disque dell’Académie Charles Gros e vende, in soli due mesi, quarantamila copie. Canta all’Alhambra e al Bobino. Nel 1961, improvvisamente, Marlene Dietrich dà forfait all’Olympia; Bruno Coquatrix, responsabile del teatro, chiama Brel: è un trionfo.

Il successo

Gli spettacoli dell’artista belga (fino a 350 l’anno) incontrano adesso ovunque uno straordinario successo, che lo porta anche in Unione Sovietica (Siberia e Caucaso compresi), Africa e America. Un fatto curioso, a testimoniare la sua fama, avviene nel 1965 in occasione del suo primo concerto al Carnegie Hall: 3800 spettatori entrano nel teatro per assistere allo spettacolo, ma ben 8000 rimangono fuori dai cancelli.


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Nel 1966, all’apice del successo e nello stupore generale, Brel dichiara che, a partire dall’anno successivo e dopo una serie di concerti di congedo dai suoi costernati ammiratori, non canterà più in pubblico. I recital all’Olimpia, iniziati in novembre, durano ben tre settimane.

Carriera cinematografica e tratrale

Desideroso di provare nuove strade ed emozioni, si dedica in particolare al teatro e al cinema. Riscrive il libretto di una commedia musicale americana su Don Chisciotte, personaggio a lui molto caro, che decide di interpretare trasgredendo (unica volta) alla regola che si era data di non calcare più le scene teatrali. La rappresentazione ottiene grandi successi a Bruxelles ma non a Parigi.


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Busto di bronzo realizzato in occasione del 30º dalla sua morte.

Nel 1967 scrive una commedia, Voyage sur la lune, che non debutterà mai.

Lo stesso anno inizia a recitare in alcune pellicole come attore protagonista, per poi passare alla regia e alla sceneggiatura di due film: il primo, Franz, del 1972, narra l’amore tra due quarantenni; accanto a lui una cantante molto popolare in Francia: Barbara. Il secondo, Far West, cerca di far rivivere nelle pianure del Belgio le vicende dei cercatori d’oro e dei pionieri, che avevano fatto sognare Brel bambino. In questo film l’artista inserisce una delle sue più celebri canzoni: J’arrive.

Viaggi

Anche l’esperienza cinematografica, però, un poco alla volta si esaurisce. Brel si lascia allora tutto alle spalle e inizia a girare il mondo sul suo veliero chiamato Askoy. Giunto in Polinesia si ferma, con la nuova compagna, la ballerina Maddly Bamy, ad Atuona, un villaggio di Hiva Oa, isola dell’arcipelago delle Marchesi dove era vissuto Paul Gaugin. Qui inizia una nuova vita, immerso in una società del tutto diversa da quella occidentale, con ritmi più umani, circondato da una natura incontaminata. Allestisce spettacoli e cineforum per le popolazioni locali e porta, col suo bimotore, la posta alle isole più lontane.


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Nel frattempo, però, si ammala di cancro: cominciano segreti viaggi in Europa per sottoporsi a terapie nella speranza della guarigione. Con l’aiuto di una cerchia ristretta di amici, gli stessi che lo hanno accompagnato per tutta la sua carriera di artista (Gréco, Jouannest e Rauber) registra in presa diretta l’ultimo disco, nato nelle isole Marchesi. Pubblicato nel 1977 ottiene un grandissimo successo.

Morte

Brel muore a Parigi, nell’ospedale di Bobigny, il 9 ottobre 1978. È sepolto nel cimitero di Hiva Oa, a pochi metri da Gaugin.


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Targa sulla casa dove è nato.

Con lui scompare uno dei più grandi artisti del ventesimo secolo, capace di fare della canzone non solo un brano da ascoltare, ma una vera e propria rappresentazione teatrale. Ogni spettacolo lo sfiniva, come scrive Enrico De Angelis nella prefazione al libro che raccoglie le sue canzoni tradotte da Duilio Del Prete: «I suoi recital sono un capolavoro di indecenza e di matematica insieme. Grondano realmente sentimento, tumulto, rabbia, dolore e ironia da ogni stilla di sudore, da ogni “perla di pioggia” che gli luccica in volto. Ma ogni cosa è in realtà calcolata ? come in ogni grande artista ? al millesimo. […] In sessanta minuti esatti di tempo tutto doveva essere detto, a costo di vomitare prima e dopo. Mai un pezzo già eseguito è stato bissato una sola volta».

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