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Chi era Al Capone? Percorriamo insieme la storia del celebre mafioso statunitense

Noto ai più come il simbolo del gangsterismo statunitense, Al Capone è stato un mafioso di origine castellamarese, divenuto celebre durante il proibizionismo

Alphonse Gabriel (“Al” Capone, detto Scarface) è stato un mafioso statunitense di origine italiana, considerato un simbolo del gangsterismo americano e della crisi della legalità che gli Stati Uniti ebbero ad affrontare durante il proibizionismo.

Al Capone, leggendario mafioso statunitense

Nato a New York il 17 gennaio del 1899 Alphonse Gabriel Capone vive i primi anni di vita presso il quartiere di Brooklyn da genitori emigranti provenienti da Castellammare di Stabia: la madre è Teresa Raiola, il padre di professione barbiere è Gabriele Caponi (il cognome di Al viene modificato presumibilmente per errore dall’anagrafe americana).


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Al Capone cresce in un ambiente degradato e prende presto contatto con piccole gang di microcriminalità minorile; tra i suoi compagni di scuola c’è Salvatore Lucania, meglio noto come Lucky Luciano. Alphonse viene espulso dalla scuola in seguito alle percosse perpetrate ai danni di un docente: entra in seguito nella banda dei “Five Pointers” di Frankie Yale.

“Scarface”

In questo periodo gli viene affibbiato il soprannome di “Scarface” (faccia con cicatrice) a causa di una vistosa cicatrice sulla guancia causata da una coltellata infertagli da Frank Galluccio, sulla cui sorella Al aveva espresso commenti pesanti.


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Al Capone nel 1929 col famoso cappello.

Lavorando per Frankie Yale, Capone viene arrestato una prima volta per reati minori; in seguito uccide due uomini, ma nessuna accusa viene mossa contro di lui, protetto dall’omertà.

Dopo aver gravemente ferito un membro di una banda rivale, nel 1919 Yale lo allontana per far calmare le acque, mandando Capone a Chicago, nell’Illinois. Nella sua nuova base operativa, Capone si mette al servizio di Johnny Torrio, discepolo di Big Jim Colosimo.

A Cicago

Torrio gli affida la gestione delle scommesse clandestine e nel tempo diventa il suo braccio destro, acquisendo la direzione di tutte le attività illegali della banda. Accade poi che una lunga tregua tra bande rivali venga violata: Torrio viene ferito in un attentato; psicologicamente scosso, il boss fa ritorno in Italia e il comando passa ad Al Capone, con il consenso anche della banda rivale di Chicago: il suo soprannome ora è “the big fellow” (il bravo ragazzo).


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Al Capone attorno al 1935.

L’idea innovativa e vincente per Capone è quella di investire parte dei ricavati delle attività illegali, in attività canoniche e legali, separando la gestione contabile: questa mossa porta all’organizzazione rilevanti introiti leciti che coprono quelli illeciti. Questi sono gli anni del proibizionismo: Capone può tranquillamente controllare la distribuzione e il commercio degli alcoolici, grazie alla corruzione degli ambienti politici.

Tra i politici pagati c’è anche il primo cittadino, il sindaco William Hale Thompson, Jr. (“Big Bill”). Chicago ad un certo momento è sotto i riflettori di tutti gli Stati Uniti per l’alto tasso di criminalità e per l’impudenza ormai leggendaria delle gang. Nonostante nessuna accusa formale raggiunga Al Capone, questi viene da tutti considerato il personaggio di spicco della malavita organizzata di Chicago.

La “strage di San Valentino”

Una delle pratiche ricorrenti di Capone è quella di ordinare numerosi omicidi (sovente le vittime sono testimoni di altri crimini commessi) che avvengono prendendo in affitto un appartamento di fronte all’abitazione della vittima e facendola colpire con fucili di precisione da abili tiratori scelti.


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L’automobile di Capone, in cui si possono notare i fori dei proiettili sullo sportello.

Sebbene nel frattempo Al Capone si sia trasferito in Florida, è lui il mandante della famigerata “strage di San Valentino”: il 14 febbraio 1929 quattro uomini di Capone, travestiti da poliziotti, irrompono in un garage al numero 2212 di North Clark Street, indirizzo del quartier generale di George “Bugs” Moran, il suo principale concorrente nel mercato degli alcolici; i sette presenti vengono allineati lungo un muro, come per un normale controllo di polizia e subito fucilati con colpi alla schiena. L’episodio viene ricordato ancora oggi come uno dei più cruenti regolamenti di conti malavitosi.

Nella storia di questo famigerato criminale c’è anche un gesto che appare caritatevole: durante la gravissima crisi economica del 1929, in cui milioni di americani sono costretti alla fame, Capone ordina che le sue aziende che operano nel campo della ristorazione e dell’abbigliamento, distribuiscano gratuitamente cibi e vestiti ai più bisognosi.

“Caponeville” e gli “Intoccabili”

Nel 1930 Al Capone è nella lista dei maggiori ricercati dell’FBI e viene dichiarato “nemico pubblico numero 1” della città di Chicago. Le difficoltà di catturare Capone e incriminarlo per i gravi reati a cui fa capo, risiedono nella precisa organizzazione malavitosa costruita, ma soprattutto per la protezione omertosa che fornisce sempre solidi alibi.


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Eliot Ness, il poliziotto al comando della squadra di investigatori, nota come gli “Intoccabili”.

L’America intanto dibatte sulla possibilità di tassare i redditi provenienti da attività illecite: ottenuto l’avallo legislativo, una squadra di agenti federali dell’ufficio delle imposte, comandata da Elliot Ness e composta da un pool di super-esperti e incorruttibili funzionari, si guadagna l’opportunità di indagare sulle attività di Capone.

La squadra viene definita degli “Intoccabili”: la loro storia viene ben raffigurata nel film “The Untouchables” del 1987 diretto da Brian De Palma (Elliot Ness è interpretato da Kevin Costner; nella squadra ci sono Andy Garcia e Kevin Costner, vincitore dell’Oscar come attore non protagonista; Robert De Niro veste i panni di Al Capone).

Gli intoccabili, sempre alle costole di Capone, analizzano ogni più piccolo movimento finanziario sospetto senza arrivare però a nulla: nulla infatti è direttamente intestato a Capone, il quale agisce sempre attraverso prestanome. Viene sfruttato un piccolissimo errore, un minuscolo foglietto di carta nel quale compare il nome di Al Capone.

Il foglio diventa la chiave di volta dell’intera indagine e viene sfruttato per arrivare ad altre prove e alla fine ad un vasto impianto accusatorio. Grazie al lavoro del pool, Al Capone viene rinviato a giudizio per evasione fiscale, con ben ventitré capi d’accusa.

Il processo e la condanna

In ambito processuale gli avvocati difensori propongono un patteggiamento, che tuttavia il giudice rifiuta. Capone allora corrompe la giuria popolare però questa all’ultimo istante, la sera prima del processo, viene sostituita completamente.


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Robert De Niro interpreta Al Capone nel leggendario film “Gli Intoccabili”.

La nuova giuria raggiunge un verdetto di colpevolezza solo per una parte dei reati di cui Capone è accusato, ad ogni modo sufficiente perché gli venga assegnata una condanna a undici anni di carcere ed una sanzione economica nell’ordine degli 80mila dollari.

Viene inviato ad Atlanta, in Georgia, in uno dei carceri statunitensi più duri; Capone senza grandi fatiche, attraverso la corruzione degli alti piani del carcere, ottiene lussi e privilegi. Di fatto anche dal carcere continua a gestire i suoi interessi.

Alcatraz, malattia e morte

Viene allora trasferito nel noto carcere di Alcatraz, isola al largo di San Francisco (California): tutti i contatti con l’esterno vengono interrotti e Capone non ha altra speranza che seguire le regole di una buona condotta.

Mentre è ad Alcatraz gli vengono diagnosticati i primi segni di una forma di demenza causata dalla sifilide, contratta in precedenza. Viene così internato in una struttura ospedaliera carceraria. Viene liberato nel 1939 e si ritira in Florida, dove convive con il suo problema mentale, che gli impedisce di seguire le attività criminali che aveva lasciato.

In seguito ad un colpo apoplettico e dopo una breve agonia Al Capone muore di arresto cardiaco il giorno 25 gennaio del 1947 a Miami.

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