Cronaca

“Boia chi molla”, polemica per la frase del sindaco di Rieti: storia e significato del motto fascista

Boia chi molla: significato e storia del motto fascista, è un motto utilizzato negli ambienti della destra politica

Cosa significa il motto Boia chi molla? Una frase di cui si sta parlando molto in queste ore, dopo che il sindaco uscente di Rieti, Antonio Cicchetti, l’ha pronunciata in occasione di un comizio in vista delle elezioni comunali del prossimo 12 giugno. Ma cosa vuol dire questa frase, e perché suscita tanta polemica?

Boia chi molla: significato e storia del motto

Boia chi molla! è un motto utilizzato negli ambienti della destra politica e neofascista italiana del secondo dopoguerra, in particolare negli anni settanta del Novecento. Il suo significato letterale è: “chi abbandona [la lotta] è un assassino”.

La sua vera origine è dibattuta: secondo alcune citazioni recenti, tuttavia non supportate da alcuna fonte coeva, pare che il motto sia stato usato (forse coniato da Eleonora Pimentel Fonseca) durante gli ultimi giorni della Repubblica Napoletana del 1799, nella battaglia contro i sanfedisti, oppure usato nelle Cinque giornate di Milano del 1848. Fonti più numerose ne riconducono invece la nascita ad alcuni momenti della prima guerra mondiale: ad esempio, urlato da un sergente durante la ritirata della Battaglia di Caporetto, nel novembre 1917 o usato come motto del corpo degli Arditi. La paternità è talvolta attribuita a Gabriele D’Annunzio.

Il motto comunque entrò a far parte dei simboli distintivi prima del movimento fascista, poi del regime. La più antica testimonianza documentata è una delle lettere inviate da Roberto Mieville alla madre durante la ritirata dal deserto libico l’11 aprile 1943. Mieville scrisse: «Sii tranquilla che comunque e ovunque avrò tenuto fede al mio motto: Boia chi molla!». Preso prigioniero per la durata della guerra, fu detenuto presso il Campo di concentramento di Hereford negli Stati Uniti, e nel suo libro di memorie, Fascists’ criminal camp, scrisse: «E nel campo 6 da quaranta giorni, all’aperto, trecento sottufficiali vivevano a pane e acqua e non mollavano. E nel campo ufficiali era la medesima cosa: Boia chi molla!».


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Nel 1943 fu ripreso nuovamente dalle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, in particolare dal XXIV battaglione della Guardia Nazionale Repubblicana, che lo adottò come motto. Il 31 agosto 1957 in occasione dell’esequie e tumulazione delle spoglie di Benito Mussolini nella cappella di famiglia del cimitero di San Cassiano, a Predappio, due arditi ressero ciascuno un gagliardetto nero e tricolore, con la scritta “Boia chi molla”.

Nel 1969 il giornalista Bruno Borlandi pubblicò, con la casa editrice di destra Il Borghese, il libro Boia chi molla: un resoconto delle lotte per l’italianità di Trieste viste dalla sua parte politica. L’anno seguente, durante i Moti di Reggio, il missino Ciccio Franco, esponente del sindacato CISNAL, lo utilizzò come slogan contro lo Stato fin dal primo comunicato del Comitato d’azione per il capoluogo, che era concluso con la frase: «Per Reggio capoluogo: Boia chi molla!». Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, i militanti del FUAN (l’organizzazione universitaria del Movimento Sociale Italiano) lanciarono un nuovo slogan in cui era presente il motto «boia chi molla»: Contro il sistema / La gioventù si scaglia / Boia chi molla / È il grido di battaglia.

La battuta del sindaco di Rieti

Scoppia la polemica per la frase pronunciata dal sindaco uscente di Rieti Antonio Cicchetti, di Forza Italia ed ex Msi che, in occasione di un comizio elettorale per lanciare la candidatura di Daniele Sinibaldi, di Fratelli d’Italia, in corsa per la guida della cittadina laziale alle prossime elezioni amministrative del 12 giugno, ha concluso l’intervento dal palco con queste parole: “Dobbiamo andare avanti al grido di battaglia che è sempre il solito, ‘boia chi molla’”.


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Il video, diffuso su vari canali internet, suscita la dura reazione del Pd e di esponenti del Movimento 5 stelle. Ma FdI respinge le accuse, sottolineando che Cicchetti non è iscritto al partito di Giorgia Meloni ma a Forza Italia e garantendo che “nella coalizione che sostiene Daniele Sinibaldi le forze democratiche anche civiche sono tutte ben distanti da nostalgismi ed estremismi“, spiega il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida.

“‘Boia chi molla è il grido di battaglia’. Con questo slogan si è aperta la campagna elettorale del candidato sindaco di Fratelli d’Italia di Rieti, all’insegna della tradizione eversiva più bieca della destra neofascista. Una caduta di stile o forse di ignoranza del sindaco uscente, Antonio Cicchetti. Ci si domanda perché una città moderna e importante come Rieti debba essere rappresentata da certi rottami del neofascismo degni più di uno sketch comico che di una istituzione pubblica”, attacca il vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, Roberto Morassut.

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