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Il 28 febbraio del 1956 ci lasciava Don Carlo Gnocchi: celebe presbitero italiano

Biografia di un educatore e presbitero lombardo che è divenuto leggenda nella Seconda Guerra Mondiale: Don Carlo Gnocchi

Don Carlo Gnocchi è stato un presbiteroeducatoreattivista e scrittore italiano. È venerato come beato dalla Chiesa cattolica.

28 febbraio 1956: muore Don Carlo Gnocchi, presbitero italiano

Nato a San Colombano al Lambro il 25 ottobre del 1902, Don Carlo Gnocchi è rimasto orfano del padre all’età di cinque anni, successivamente, si trasferisce a Milano con la madre e i due fratelli Mario e Andrea. Non molto tempo dopo entrambi i fratelli moriranno di tubercolosi.



Carlo, di salute cagionevole, trascorre sovente lunghi periodi di convalescenza presso una zia a Montesiro, frazione di Besana, in provincia di Monza, nella BrianzaCarlo Gnocchi entra in seminario alla scuola del cardinale Andrea Ferrari e nel 1925 viene ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. DonGnocchi celebra la sua prima messa il 6 giugno a Montesiro.

Gli inizi

Il primo impegno del giovane Don Carlo Gnocchi è quello di assistente d’oratorio: prima a Cernusco Sul Naviglio, vicino Milano, poi dopo solo un anno nella popolosa parrocchia di San Pietro in Sala, a Milano. Grazie al suo operato raccoglie stima, consensi e affetto tra la gente tanto che la fama delle sue doti di ottimo educatore giunge fino in Arcivescovado. Nel 1936 il Cardinale Il defonso Schuster lo nomina direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano: l’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane.


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In questo periodo Don Gnocchi studia intensamente e scrive brevi saggi di pedagogia. Sul finire degli anni Trenta il Cardinale Schuster gli affida l’incarico dell’assistenza spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano, che comprende in buona parte studenti dell’Università Cattolica oltre che molti ex allievi del Gonzaga.

Nel 1940 l’Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte. Don Carlo, coerente alla tensione educativa che lo vuole sempre presente con i suoi giovani anche nel pericolo, si arruola come cappellano volontario nel battaglione “Val Tagliamento” degli alpini: la sua destinazione è il fronte greco albanese.

Dopo i Balcani e gli anni della guerra

Terminata la campagna nei Balcani, dopo un breve intervallo a Milano, nel 1942 Don Carlo Gnocchi riparte per il fronte. Questa volta la meta è la Russia, con gli alpini della Tridentina.

Nel gennaio del 1943 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano: Don Gnocchi, caduto stremato ai margini della pista dove passava la fiumana dei soldati, viene miracolosamente soccorso, raccolto da una slitta e salvato.

È proprio in questa tragica esperienza che, assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura in lui l’idea di realizzare una grande opera di carità che troverà compimento, dopo la guerra, nella “Fondazione Pro Juventute”.


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Ritornato in Italia nel 1943, Don Gnocchi inizia il suo pellegrinaggio attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti, per dare loro un conforto morale e materiale. In questo stesso periodo aiuta molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita: viene arrestato dalle SS con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime.

A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti pensato negli anni della guerra: Don Gnocchi viene nominato direttore dell’Istituto Grandi Invalidi di Arosio (Como), e accoglie i primi orfani di guerra e i bambini mutilati. Inizia così l’opera che porterà Don Carlo Gnocchi a guadagnare sul campo il titolo più meritorio di “padre dei mutilatini”.

Le richieste di ammissione arrivano da tutta Italia e ben presto la struttura di Arosio si rivela insufficiente ad accogliere i piccoli ospiti. Nel 1947 viene concessa in affitto – ad una cifra del tutto simbolica – una grande casa a Cassano Magnano, nel varesotto.

Opera di Don Gnocchi: primo riconoscimento ufficiale

Nel 1949 l’Opera di Don Gnocchi ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la “Federazione Pro Infanzia Mutilata”, da lui fondata l’anno precedente per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente con Decreto del Presidente della Repubblica.

Nello stesso anno il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove Don Carlo Gnocchi consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il problema dei mutilatini di guerra. Da questo momento, uno dopo l’altro, vengono aperti nuovi collegi: Parma (1949)  e di altri grandi città italiane.



Nel 1951 la “Federazione Pro Infanzia Mutilata” viene sciolta e tutti i beni e le attività vengono attribuiti al nuovo soggetto giuridico creato da Don Gnocchi: la “Fondazione Pro Juventute”, riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica l’11 febbraio 1952.

Ultimi anni e morte

Nel 1955 Don Carlo lancia la sua ultima grande sfida: si tratta di costruire un moderno centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa.

Nel settembre dello stesso anno, alla presenza del Capo dello StatoGiovanni Gronchi, viene posata la prima pietra della nuova struttura nei pressi dello stadio Meazza (San Siro) a Milano.

Vittima di una malattia incurabile Don Gnocchi non riuscirà a vedere completata l’opera nella quale aveva investito le maggiori energie: il 28 febbraio 1956, la morte lo raggiunge prematuramente presso la Columbus, clinica di Milano dove è da tempo ricoverato per una grave forma di tumore.



I funerali, celebrati il giorno 1 marzo dall’arcivescovo Montini (poi Papa Paolo VI), furono grandiosi per partecipazione e commozione. La sensazione generale era che la scomparsa di Don Carlo Gnocchi avesse privato la comunità di un vero santo.

Durante il rito venne portato al microfono un bambino. Un’ovazione seguì le parole del fanciullo: “Prima ti dicevo: ciao don Carlo. Adesso ti dico: ciao, san Carlo“. A sorreggere la bara c’erano quattro alpini; altri portavano sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime. Tra amici, conoscenti e semplici cittadini erano in centomila a gremire il Duomo di Milano e la sua piazza. L’intera città listata a lutto.

Proprio il giorno del funerale esce un piccolo libro da lui scritto con le sue ultime forze, come una sorta di testamento, che condensa tutta la sua vita e il suo sacerdozio, la sua opera in mezzo alla gioventù delle parrocchie, dell’Istituto Gonzaga, di cappellano militare, ma soprattutto in mezzo al dolore dei piccoli e dei più giovani, per dare ad ogni lacrima, a ogni goccia di sangue sparsa, il significato e il valore più alto.

Ultimo gesto apostolico

L’ultimo gesto apostolico di Don Gnocchi è stato la donazione delle cornee a due ragazzi non vedentiSilvio Colagrande e Amabile Battistello – quando in Italia il trapianto di organi non era ancora disciplinato da apposite leggi. Il doppio intervento, eseguito dal prof. Cesare Galeazzi, riuscì perfettamente.



La generosità di Don Carlo che ebbe anche in punto di morte e l’enorme impatto che il trapianto e i risultati dell’operazioni ebbero sull’opinione pubblica impressero un’accelerazione decisiva al dibattito. Nel giro di poche settimane venne varata una legge sul tema.

Il processo di beatificazione



Trent’anni dopo la morte di Don Carlo Gnocchi il cardinale Carlo Maria Martini istituirà il Processo di Beatificazione. La fase diocesana avviata nel 1987 si è conclusa nel 1991. Il 20 dicembre 2002 Papa Giovanni Paolo II lo ha dichiarato venerabile. Nel 2009 il cardinale Dionigi Tettamanzi annuncia che la beatificazione avverrà il 25 ottobre dello stesso anno.

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