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Gino Bartali, nacque il 5 maggio del 1914 il leggendario campione del vecchio ciclismo

Biografia della leggenda Gino Bartali, uno dei corridori più famosi e vincente dell'epoca d'oro del ciclismo italiano

Gino Bartali è stato un ciclista su strada e dirigente sportivo italiano. Professionista dal 1934 al 1954, soprannominato “Ginettaccio”, vinse tre Giri d’Italia e due Tour de France, oltre a numerose altre corse tra gli anni trenta e cinquanta, tra le quali spiccano quattro Milano-Sanremo e tre Giri di Lombardia.

Intramontabile eroe del ciclismo, Gino Bartali è stato probabilmente il più famoso e fiero rivale di Fausto Coppi (non solo in Italia) e, proprio come nel caso dell’avversario, la sua carriera venne interrotta dalla Seconda Guerra Mondiale quando per entrambi si trattava di esprimersi negli anni migliori della loro condizione. I due fra l’altro gareggiarono anche nella stessa squadra, la Legnano, per poi separarsi e difendere i colori delle principali industrie: la Legnano appunto e la Bianchi.

5 maggio 1914: nacque Gino Bartali, storico volto del ciclismo italiano

Nato a Firenze il 5 maggio del 1914, Gino Bartali è passato dall’essere un semplice meccanico a diventare uno dei più apprezzati ciclisti della storia. Ha vinto il Giro d’Italia nel 1936, nel 1937 e nel 1946, e trionfato al Tour de France nel 1938 e nel 1948. Purtroppo, la Seconda Guerra Mondiale lo ha bloccato all’apice della sua carriera: ma, per quanto suoni strano, è stato quello il momento in cui ha affrontato la gara più importante della sua vita.


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Non era un segreto che Bartali non fosse entusiasta dell’ascesa del Partito Fascista in Italia. Rifiutò, infatti, di dedicare a Mussolini la sua vittoria al Tour del 1938, nonostante l’insistenza dei fascisti. Scelse, invece, di insultare gravemente il duce, portando i fiori destinati al vincitore del Tour in una chiesa. Aveva tutto da perdere, ma non esitò nemmeno un secondo alla richiesta del cardinale di Firenze, l’arcivescovo Elia Dalla Costa, di unirsi a una rete segreta che offriva un passaggio sicuro agli Ebrei e alle altre persone in pericolo.

Le grandi vittorie

A partire dal 1935 Bartali cominciò ad inanellare una serie di vittorie a catena, culminate l’anno successivo salendo sul podio del Giro d’Italia. Poi arrivarono tutte le altre grandi vittorie che lo incoronarono re delle piste e lo proiettarono nell’immaginario italiano come simbolo eroico.


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Gino Bartali al Tour de France del 1948.

Su Bartali e le sue imprese sono stati scritti libri, centinaia di articoli e anche canzoni, come quella celeberrima di Paolo Conte.

Morte

Uomo di gran cuore e di indimenticabile schiettezza, semplice nel senso più alto del termine, profondamente amato per la sua purezza (come quando ai funerali commemorò il rivale Coppi con straordinaria intensità), Bartali si è spento il 5 maggio 2000.

Il giorno del suo commiato dal mondo, nella camera mortuaria della chiesa di San Piero in Palco, nella fiorentina piazza Elia Dalla Costa, intorno alla sua bara sfilarono per tutta la giornata centinaia di persone giunte da ogni località per dargli l’ultimo saluto.


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Rivalità con Coppi

Gino Bartali è stato anche lo storico rivale di Fausto Coppi, per un periodo i due si diedero battaglia anche nella stessa squadra, la Legnano confronto sportivo che perdurò anche quando si separarono.

Avendo spaccato l’Italia in due, creando delle inestinguibili quanto leali fazioni fra sostenitori dell’uno e tifosi dell’altro, i due scrissero con le loro battaglie alcune delle più famose pagine della storia del ciclismo.


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Coppi e Bartali: due rivali, ma anche due atleti solidali fra loro. Sul loro rapporto c’è una famosa fotografia, quello del discusso e famoso passaggio della borraccia al Tour de France del 1952: un’immagine che è diventata per tutti il simbolo della solidarietà.

Mentre però lo sfortunato Coppi scomparve prematuramente, ucciso dalla malaria, la carriera ciclistica di Gino Bartali fu una delle più lunghe e piene di successo nella storia del ciclismo; si svolse in pratica dal 1935, quando si laureò campione d’Italia, fino al 1954: ventisette anni sempre in sella e sempre con lo stesso entusiasmo. Non a caso venne soprannominato “l’intramontabile”.

Resistenza antifascista

Il movimento di resistenza trovò per lui un ruolo perfetto. Fingendo di allenarsi, diventò un corriere: Bartali trasportava fotografie e documenti d’identità contraffatti dentro e fuori da una stamperia segreta. Quando fu fermato dalle autorità collaborò, ma chiese ai soldati di non toccare la sua bicicletta perché era stata “creata per raggiungere la massima velocità possibile”. Raccontò, successivamente, che i documenti erano nascosti all’interno del telaio e del manubrio della bicicletta.


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Ma questo, per Bartali, non era abbastanza. Si dice che una volta si presentò sulle Alpi con un rimorchio attaccato alla sua bicicletta, sostenendo che servisse per aggiungere un pò di peso. In realtà conteneva un vano nascosto, all’interno del quale vi erano persone che Bartali stava trasportando attraverso controlli di frontiera. Nascose una famiglia ebrea, i Goldenberg, nella sua cantina, nonostante i tedeschi stessero uccidendo chiunque nascondesse ebrei.

Si stima che con le sue azioni abbia salvato la vita di centinaia di persone, ma fino a poco tempo fa nessuno ne era al corrente. Non è una sorpresa, visto che Bartali ha sempre esitato a raccontare questa storia anche a suo figlio Andrea, e che quando glielo rivelò gli ordinò prontamente di non condividerlo con altre persone.

Le testimonianze

«Quando chiesi a mio padre perché non potevo parlarne con nessuno, mi disse: “Devi fare del bene, ma non devi parlarne. Se ne parli, stai approfittando delle disgrazie altrui per il tuo guadagno”» ha ricordato Andrea in un’intervista per “The Guardian”.


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Fausto Coppi e Gino Bartali nel 1940.

E quando Andrea fece notare a suo padre che le sue azioni erano indubbiamente eroiche, lui rispose: «No, no – voglio essere ricordato per i miei risultati sportivi. I veri eroi sono altri, quelli che hanno sofferto nella loro anima, nel loro cuore, nel loro spirito, nella loro mente, per i loro cari. Questi sono i veri eroi. Io sono solo un ciclista».

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