Cronaca

Giulia Cecchettin, in arrivo il libro del padre: “Siamo noi uomini i primi a dovere cambiare”

Uscirà martedì 5 marzo il libro di Gino Cecchettin: “Cara Giulia”, edito da Rizzoli, è dedicato alla figlia uccisa a 22 anni a coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta lo scorso 11 novembre. In queste ore diversi quotidiani hanno riportato alcuni estratti dell’opera, scritta con Marco Franzoso.

I primi estratti del libro di Gino Cecchettin

Questo l’estratto ripreso da Repubblica:

“Mi sono sempre ritenuto una persona ‘del fare’ e in questo momento mi sto chiedendo quali comportamenti pratici posso mettere in atto non solo per arginare la violenza fisica e psicologica, ma anche per riequilibrare i comportamenti quotidiani, il linguaggio, la nostra cultura che è l’humus, il terreno che alimenta certe situazioni di violenza. Credo che oggi al centro della questione si tratti di mettere l’uomo. Siamo noi uomini i primi a dovere cambiare”

“Credo sia evidente una disparità tra i generi, nelle relazioni, e forse più che cercare di analizzare gli episodi più efferati, quelli violenti, sia importante cercare di comprendere in quale mondo queste azioni estreme si sviluppano e prendono la loro linfa. Da dove nascono, quale ne è l’origine, su che terreno attecchiscono. È da qui che bisogna partire, da una cultura che fa della disparità tra i generi uno dei suoi fondamenti. Forse il più profondo. Ora che possiamo vedere meglio le cose è giunto il momento di costruire un’alleanza tra i sessi, anziché consolidare la prevaricazione dell’uno sull’altro. Dobbiamo puntare a una cultura della riconciliazione più che a quella del riscatto. Parto da me. Mi sento chiamato in causa, in quanto uomo, maschio. E voglio iniziare rispondendo alla domanda: come posso io, proprio in quanto uomo, modificare o, anzi, migliorare le cose? […] Siamo noi uomini i primi a dovere cambiare. E dobbiamo parlare soprattutto a quelli che desiderano il cambiamento e non si sentono più aderenti ai modelli che sono stati trasmessi loro dai padri. Li ho visti, sono tanti, tantissimi, la maggior parte, che hanno preso parola e ci hanno manifestato la loro vicinanza e il loro dolore. Solo così possiamo trasformare gli atteggiamenti collettivi e i modelli di riferimento e togliere la terra sotto i piedi all’uomo violento. Che poi non è altro che un uomo talmente fragile da interpretare un rifiuto o un fallimento come un attacco alla propria individualità più profonda, quella di essere chi decide e comanda, che intende la relazione a due come un possesso e considera un rifiuto come un furto da cui essere risarcito. Partiamo col trasmettere nuovi modelli in casa, coi figli. Educhiamoli a un amore sano, che significa crescere insieme, ma anche accoglienza, dialogo […]. Viviamo in un altro mondo rispetto a quello che ci è stato trasmesso. A quello che a me è stato trasmesso da mio padre. Lavoriamo insieme e forziamo la cultura che ci è stata tramandata. Non è più adatta, se mai lo è stata, al mondo nel quale viviamo. E che sia un percorso che dobbiamo fare insieme, donne e uomini, io l’ho imparato da Monica, da Elena, da Giulia e da Davide”

La moglie defunta

In un altro estratto del libro riportato dal Corriere della Sera, Cecchettin parla della defunta moglie:

“Cosa fosse il vero amore me l’ha insegnato Monica, nel periodo in cui si è ammalata. La prima volta nel 2016 abbiamo combattuto insieme e ce l’abbiamo fatta. Ma la seconda, nel 2019, è stata fatale. […]. Col passare dei mesi abbiamo ricostruito una nuova normalità. Ricordo esattamente la sera in cui c’è stato il cambiamento, la svolta. È successo la prima volta in cui abbiamo parlato della mamma col sorriso e non con tristezza. Abbiamo ricordato qualcosa di bello di lei senza piangere e ho pensato che quello era il punto d’arrivo di un percorso, e che alla fine l’avevamo raggiunto. Perché l’elaborazione del lutto si conclude quando pensi al defunto e sorridi. Se ci penso, nei tuoi confronti questa attitudine a ricordarti col sorriso è iniziata prima, perché tu eri una persona intimamente buffa, e Davide ed Elena ogni tanto ti ricordano mentre ti esibivi in una delle tue scenette comiche, o uno dei tuoi balletti […]. Una volta sono andato al cimitero, era ormai giugno, e pensavo di avere elaborato il dolore e il lutto. […] Ma quando mi sono trovato davanti alla tomba, improvvisamente ho capito che non l’avrei mai più rivista. […] Quel sabato pomeriggio, davanti alla tomba della mamma, a un certo punto non ho più resistito e ho iniziato a piangere. Non riuscivo a smettere. […] Alla fine di quel pianto mi sono sentito svuotato, ed è stato da quel preciso momento che il lutto per la perdita della mamma ha lasciato il posto alla felicità e all’orgoglio di aver vissuto la parte più importante della mia vita con lei. Non è stata una consapevolezza immediata, ci sono voluti giorni, settimane. Sono sicuro che succederà anche per te, mio grande tesoro. E fra qualche anno penserò proprio a questo, alla gioia che ci hai portato in casa e che supererà il dolore senza fiato che provo in questo momento, proprio ora, mentre sto scrivendo. Perché allora ricorderò solo i momenti più belli e li vivrò con orgoglio, pensando che tu sei stata mia figlia e che ho avuto il privilegio di essere tuo padre. Ma ci vorrà ancora del tempo, Giulia. Molto”.

L’appello

Infine, un passaggio del libro riportato da La Stampa.:

“Ho scritto questo libro perché vorrei che non succedesse ad altri. E se le mie domande e i miei pensieri dovessero salvare o aiutare anche una sola persona, avrei compiuto qualcosa di importante e utile. Ogni vita ha un valore inestimabile. Che almeno ciò che è capitato a noi serva a qualcosa. A qualcuno. Agli altri. Soprattutto vorrei parlare ai ragazzi. Farli riflettere su ciò che conta davvero, invece che perdersi dietro inutili preoccupazioni di superficie. Ma vorrei parlare anche ai genitori. Dobbiamo sforzarci di crederci. È l’ultimo pensiero che faccio prima di andare a letto. Ogni sera, tutte le sere. Ogni volta che passo davanti alla porta della tua camera, ancora aperta come l’avevi lasciata tu, mi dico che è quello che tu avresti voluto. Mettere a tacere la rabbia e dare un senso al dolore con quella tua grazia tranquilla che infondevi in tutte le cose. Voglio impararla da te, questa grazia. Voglio farne tesoro, deve diventare il mio faro, la mia luce in queste tenebre. Trovo la forza di resistere e lottare solo se riesco a riportare in vita quanto di bello con la tua innata semplicità mi hai regalato. Quanta gioia hai portato in questa casa fin dal giorno in cui sei arrivata”.

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