Inchiesta

La mafia siciliana: clan e famiglie piĆ¹ potenti in Sicilia

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La mafia ĆØ ancora presente in Sicilia. Nel panorama della criminalitĆ  organizzata siciliana, oltre alla storica, diffusa e pregnante presenza di Cosa nostra, si continua a registrare anche quella della Stidda, ancora prevalentemente attiva nellā€™area centro meridionale dellā€™Isola, con influenza in parte delle province di Caltanissetta, Ragusa e Agrigento. Sussistono inoltre, nella zona orientale, altri sodalizi molto evoluti a livello organizzativo ed operativamente spregiudicati.

Per quanto attiene a Cosa nostra, le dialettiche interne alle consorterie palermitane continuano ad influenzare lā€™intera struttura criminale, sia sotto il profilo della gestione degli affari illeciti piĆ¹ remunerativi, sia con riferimento alla guida dellā€™organizzazione.

La mafia in Sicilia

Le risultanze delle attivitĆ  dā€™indagine, corroborate anche dalle piĆ¹ recenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, continuano a delineare uno stato di generale criticitĆ  per lā€™organizzazione, ancora impegnata in un riassetto degli equilibri interni, scaturito da una molteplicitĆ  di fattori, non solo stratificati negli anni, ma anche relativamente recenti. In primo luogo, lā€™azione di contrasto delle Istituzioni, attivitĆ  che ha condotto alla sottrazione di consistenti patrimoni di origine illecita ed allā€™arresto di un elevato numero di affiliati e di capi.

I colpi inferti con le confische si sono sommati al prolungato stato di detenzione di numerosi elementi di vertice e comunque dei boss piĆ¹ autorevoli, molti dei quali sottoposti al regime detentivo speciale (c.d. ā€œcarcere duroā€) e per questo anche dislocati in vari Istituti penitenziari del territorio nazionale. Su questa situazione di sofferenza ha ulteriormente inciso la lunga mancanza di una effettiva struttura di vertice – la commissione, c.d. cupola, legittimata a prendere decisioni in nome di tutta Cosa nostra – a causa della detenzione dei suoi componenti e soprattutto del capo, Salvatore RIINA, deceduto, come noto, il 17 novembre 2017.

La ricostituzione di questa struttura, dopo molti anni di inattivitĆ , non sembrerebbe, tuttavia, auspicata da tutte le rappresentanze dei mandamenti, specie di quelli piĆ¹ attivi nella gestione delle attivitĆ  economiche anche fuori dal territorio di competenza che, abituati ad agire quasi in autonomia, potrebbero soffrire la restrizione delle regole imposte dalla Commissione.

A tal riguardo si evidenzia che, nel corso della stesura del presente documento, ĆØ intervenuto un provvedimento della DDA di Palermo (operazione ā€œCupola 2.0ā€), eseguito dallā€™Arma dei carabinieri il 4 dicembre 2018, che ha condotto al fermo di 47 affiliati, tra cui 4 capi mandamento e 10 tra capi famiglia, capi decina e consiglieri.

Gli esiti delle indagini, che saranno dettagliatamente analizzati nella prossima Relazione semestrale, confermerebbero comunque uno scenario ancora in evoluzione, proprio in relazione alla ricostituzione della ā€œCommissione provincialeā€. Le evidenze investigative hanno, tra lā€™altro, riscontrato una riunione che si sarebbe tenuta il 29 maggio 2018, con la partecipazione perĆ² di non tutti gli esponenti del vertice mafioso della provincia di Palermo.

Lā€™intera organizzazione mafiosa, per ovviare alla perdurante fase di stallo, ha dovuto finora fare ricorso ad assetti decisionali ed operativi provvisori, affidando la guida di famiglie e mandamenti a reggenti, che non sempre si sono dimostrati adeguati, assumendo talora decisioni non condivise, se non addirittura controproducenti. Il fermento di alcune famiglie, dovuto allā€™esigenza di rinnovare ā€“ come detto – una classe dirigente decimata dagli arresti e non piĆ¹ in grado di fornire risposte convincenti alla base verrebbe, altresƬ, amplificato da un malcontento diffuso degli affiliati e dei familiari dei detenuti, colpiti da unā€™evidente crisi di welfare, determinata dalla significativa carenza di liquiditĆ .

Il venir meno della compattezza e, quindi, della forza di Cosa nostra ā€“ intesa come struttura unitaria, certamente complessa ed articolata, ma anche caratterizzata da connotazioni rigorosamente gerarchiche e regolamentate ā€“ sembra correlarsi non solo con i frequenti sconfinamenti territoriali, con indebite ingerenze ed iniziative non autorizzate, ma soprattutto con il crescente numero di uomini dā€™onore che tendono a rivendicare, per sĆ© o per la loro articolazione, posizioni di preminenza o comunque di autonomia, se non addirittura a proporre la propria candidatura a cariche interne allā€™organizzazione mafiosa.

Lā€™intera struttura deve, inoltre, rapportarsi con le sempre piĆ¹ frequenti scarcerazioni per ā€œfine penaā€ di quegli uomini dā€™onore che nutrono aspettative e pretese di recupero, sostanziale e formale, del potere che hanno dovuto cedere dal momento del loro arresto.

Dā€™altro canto, va anche tenuto in conto che la loro scarcerazione ĆØ quasi sempre attesa dagli altri sodali, quale panacea per la gestione delle attivitĆ  criminali di maggiore importanza e per la riorganizzazione o la riqualificazione delle consorterie mafiose di appartenenza. Oltre a ciĆ², giĆ  da diversi anni Cosa nostra deve confrontarsi anche con il ritorno dei c.d. ā€œscappatiā€154, i perdenti sopravvissuti alla c.d. ā€œseconda guerra di mafiaā€ vinta dai corleonesi.

Costoro, per avere salva la vita, furono costretti a trovare rifugio allā€™estero, in particolar modo in Nord America, dove potevano contare su legami ā€œstoriciā€, rafforzati dal narcotraffico internazionale di eroina allā€™epoca gestito proprio dallā€™organizzazione siciliana. Considerato che, finora, non si sono registrate ritorsioni o vendette, molti di costoro, una volta rientrati a Palermo, potrebbero recuperare quel potere che erano stati costretti a cedere, negli anni ā€™80, per lā€™indiscriminata violenza dei corleonesi, anche stringendo accordi con gli eredi degli antichi rivali, in ciĆ² avvalendosi degli ancora esistenti rapporti con i boss dā€™oltreoceano.

Senza dubbio, nel corso degli ultimi anni, Cosa nostra ha subito qualche indebolimento come organizzazione compatta e unitaria. CiĆ², anche per la sotterranea contrapposizione di due correnti: lā€™una, intransigente ed oltranzista, legata alla ā€œlinea Riinaā€ e lā€™altra, piĆ¹ moderata e meno disposta allā€™uso non misurato della forza, quella che storicamente ha fatto sempre riferimento al rapporto, quasi aritmetico, tra costi e benefici.

Comunque, il vuoto di potere venutosi a determinare pone ora unā€™esigenza di rinnovamento e di riorganizzazione complessiva della organizzazione, probabilmente non piĆ¹ rinviabile. Tra le questioni irrisolte si inserisce lā€™inquadramento della figura di Matteo MESSINA DENARO.

BenchĆ© il latitante abbia goduto di rapporti, consolidati, risalenti nel tempo, con uomini dā€™onore dei mandamenti strategici palermitani, quali quelli di Brancaccio e di Bagheria, gli elementi di vertice del capoluogo regionale, soprattutto dopo lā€™esperienza corleonese, non sarebbero ora favorevoli ad essere rappresentati da un capo non palermitano, specie quando, come nel caso del latitante di Castelvetrano (TP), egli ĆØ chiamato, in primo luogo, come testimoniano recenti attivitĆ  investigative, continuamente a confermare, in ragione della sua ā€œassenza operativaā€ dal territorio, il ruolo di leader nella provincia di Trapani.

ƈ da valutare, inoltre, come in un tale scenario, soprattutto per i danni conseguenti, alla fine degli anni ā€™80, alla concentrazione del potere nelle mani dei corleonesi, alcune famiglie e mandamenti potrebbero nel futuro volersi vedere riconosciuta una maggiore autonomia, con un potere piĆ¹ cogente sul proprio territorio. Non puĆ² pure escludersi che capi emergenti, anche eredi di storiche famiglie, approfittino della situazione e cerchino spazi per scalare posizioni di potere.

Non ĆØ anche da escludere che, alla luce della non chiara evoluzione del quadro descritto, le articolate dinamiche dellā€™organizzazione possano sfociare in atti di violenza particolarmente cruenti. Una possibilitĆ , a dire il vero, finora non suffragata da indizi che facciano presagire una volontĆ  precisa di ritornare a forme di conflittualitĆ  eclatanti.

Cosa nostra si conferma, comunque, una struttura ancora vitale, dinamica e plasmabile a seconda dei mutamenti delle condizioni esterne. In un quadro generale cosƬ delineato, la capacitĆ  di imporre il rispetto di regole condivise, che consentano agli affiliati di identificarsi nellā€™organizzazione, rappresenta sempre il migliore collante per garantirne la sopravvivenza. Cosa nostra sembra, infatti, avvertire il bisogno, per rigenerarsi, di proseguire nel processo di ā€œrestaurazione delle regoleā€ fortemente anticipato da Bernardo Provenzano, con la conferma al ricorso alla ā€œtradizioneā€ attraverso schemi organizzativi idonei a riproporre i modelli unitari del passato.

Tra le regole di comportamento ritenute attualmente imprescindibili si segnalano il ricorso a maggior accortezza nellā€™individuazione dei soggetti da affiliare, cioĆØ alla necessitĆ  di scegliere ā€œpicciotti sicuriā€, preferibilmente appartenenti cioĆØ a famiglie di chiara tradizione mafiosa. A tal proposito, verrebbero ā€œrecuperatiā€, ai vari livelli, associati storici e di provata credibilitĆ  ed affidabilitĆ . CiĆ², anche nella previsione che conflittualitĆ  finora latenti possano degenerare in nuove collaborazioni con la giustizia di affiliati, anche autorevoli.

Non ĆØ dunque facile individuare le linee evolutive di Cosa nostra, nĆ© prevedere il nuovo ordine che lā€™organizzazione intenderĆ  darsi e se tale apparato possa ricomprendere tutte le articolazioni provinciali, ognuna con differenti sfaccettature organizzative e operative.

Spostando lā€™esame alla Sicilia centro-orientale, va innanzi tutto rilevato come, in alcune aree territoriali, alle storiche famiglie di Cosa nostra, sempre egemoni nellā€™articolato panorama delle consorterie malavitose, si affianchino ulteriori sodalizi mafiosi.

ƈ evidente la propensione dei ā€œcatanesiā€ ad espandere la loro zona di influenza nelle province vicine, anche stipulando patti con esponenti locali: significativo, a questo riguardo, lā€™insediamento nella cittĆ  di Messina di una cellula degli etnei SANTAPAOLA-ERCOLANO, di rilevante autorevolezza criminale, con la quale gli storici sodalizi dei rioni cittadini tendono a non entrare in contrasto.

La maggiore varietĆ  del contesto criminale della Sicilia centro-orientale, rispetto alle province occidentali, ĆØ ancora piĆ¹ visibile nelle zone costiere, gravitanti attorno allā€™abitato di Gela (CL), nel quale era emerso, fin dalla metĆ  degli anni ā€™80, il fenomeno della Stidda, una realtĆ  criminale che nel tempo ha espanso il proprio territorio di influenza anche in porzioni delle confinanti province di Agrigento e Ragusa, con velleitĆ  di contrapposizione alle storiche famiglie di Cosa nostra.

Ridimensionata nei propositi, tanto da arrivare a recenti forme di alleanza o di convivenza, lā€™organizzazione riesce comunque ancora ad esprimere un significativo potenziale delinquenziale, ad esempio nelle dinamiche di gestione dei mercati ortofrutticoli. Oltre al tradizionale controllo militare del territorio, mediante attivitĆ  estorsive e usurarie, nonchĆ© alla gestione delle piazze di spaccio, le consorterie della Sicilia centro-orientale hanno incrementato lā€™infiltrazione nel mondo dellā€™imprenditoria.

La penetrazione degli enti locali e la corruzione di soggetti preposti allā€™amministrazione della cosa pubblica, rappresenta lā€™occasione per accaparrarsi finanziamenti ed incentivi economici, utili anche per le attivitĆ  del riciclaggio. Considerato lā€™articolato panorama organizzativo delle famiglie di Cosa nostra e degli altri clan, la Sicilia centroorientale continua ad essere caratterizzata, rispetto a quella occidentale, da una piĆ¹ variegata pluralitĆ  di consorterie, verosimilmente alla costante ricerca di collaborazioni ed alleanze finalizzate allā€™ottimizzazione dei progetti criminali.

A fattor comune per tutta lā€™Isola si evidenzia, infine, la volontĆ  di agire ā€œsottotracciaā€, senza ricorrere ad azioni apertamente cruente, salvo che non sia assolutamente necessario. CiĆ² stante il marcato interesse delle consorterie ad acquisire un sempre maggior controllo degli apparati degli Enti amministrativi locali, sia mediante la permeabilitĆ  degli uffici pubblici attraverso lā€™infiltrazione, che con forme meno evidenti di condizionamento. Il grafico che segue evidenzia i reati sintomatici di criminalitĆ  organizzata registrati in Sicilia nel primo semestre del 2018:


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Francesco Piccolo

Giornalista professionista, direttore del network L'Occhio che comprende le redazioni di Salerno, Napoli, Benevento, Caserta ed Avellino. Direttore anche di TuttoCalcioNews e di Occhio alla Sicurezza.

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