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Lutto nel mondo del cinema, è morto per covid Kim Ki-duk: è stato il regista di “Ferro 3” e “L’Isola”

Lutto nel mondo del cinema. È morto oggi, 11 dicembre all'età di 59 anni, il regista coreano Kim Ki-duk per complicanze legate al covid

Lutto nel mondo del cinema. È morto oggi, 11 dicembre all’età di 59 anni, il regista coreano Kim Kiduk, autore di film cult come “L’isola” e “Ferro 3“. La morte è sopraggiunta in seguito alle complicazioni dell’infezione da covid, a renderlo noto è stato il sito lettone Delfi.lt, stando a quanto riportato su La Repubblica.

Covid, morto il regista Kim Ki-duk

Pare si trovasse in Lettonia da poco più di tre settimane perché intenzionato ad acquistare una dimora estiva, nella località marittima di Jurmala, almeno questo è quanto sapevano anche i membri del suo entourage che, però, avevano perso qualsiasi contatto con lui da qualche tempo.

La vita

A nove anni si trasferisce a Seoul e frequenta una scuola professionale per poter lavorare nel settore agricolo. Problemi occorsi in famiglia lo costringono ad abbandonare gli studi e ad arruolarsi, quindi, nell’esercito. L’esperienza militare influenzerà moltissimo il suo modo di intendere i rapporti interpersonali, come anche le sue opere cinematografiche. La passione per l’arte, coltivata da sempre, ad un certo punto prende il sopravvento e lo spinge ad abbandonare la patria in direzione dell’Europa. Sarà Parigi ad accoglierlo col suo fascino bohémien. Qui vive di arte, dei suoi dipinti e comincia anche a scrivere sceneggiature per il cinema.

Nel 1992 torna in Corea dove vince il premio della Korea Film Commission per la migliore sceneggiatura di Jaywalking. Debutta come regista l’anno seguente con The Crocodile. Nel 1997 è sceneggiatore, scenografo e regista di Wild Animals e nel 1998 di Birdcage Inn.

Leone d’Oro a Venezia

L’isola (2000) ottiene un grande successo e costituisce un primo spartiacque tra quanto realizzato prima e quanto verrà dopo. Shilje sanghwang (2000), infatti, sarà il primo insuccesso del maestro, insuccesso attribuibile, più che altro, alla matrice fortemente innovativa di questo lavoro e, sostanzialmente, incompresa. Dopo alcune prove estremamente cupe e crude, il film Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera (2003) irradia letteralmente una luce nuova, anche in senso artistico, e lo consacra, finalmente, come regista noto in tutta Europa. Pure il 2004 è un anno prolifico: La samaritana vince l’Orso d’oro per la miglior regia al 54° Festival del Cinema di Berlino, mentre Ferro 3 – La casa vuota, ritenuta la sua summa artistica, ottiene un Leone d’argento per la miglior regia alla 61.

Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e una candidatura al David di Donatello come miglior film straniero. Seguono altre pellicole sempre particolarmente controverse. Anche il ritmo forsennato della sua produzione conosce una battuta d’arresto, e dal 2008 al 2011 non escono suoi lavori. Arirang (2011) trarrà spunto proprio dal lungo periodo di silenzio e crisi artistica del regista. Tornato alla carica, nel 2012 il suo Pietà vince il Leone d’Oro alla 69a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Torna alla Biennale nel 2016 con Il prigioniero coreano, distribuito nelle sale italiane nel 2018.


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