Curiosità

Tre navigatori uniti nonostante 500 anni storia, il capostipite è Ferdinando Magellano

Tre navigatori uniti dalla passione della scoperta, dalla volontà di svelare l’ignoto, il primo è Magellano. Poi Yuri Gagarin, Neil Armstrong.

Navigatori uniti dal fascino della scoperta, il primo fu Magellano

C’è un filo sottile che unisce le imprese di Yuri GagarinNeil Armstrong e Ferdinando Magellano. Non è solo la forza trascinante della scoperta, dell’esplorazione, dell’ignoto. A 450 anni di distanza le loro traversate hanno significato una rivoluzionegeografica, economica e politica. Ma hanno anche spostato un confine, quello della conoscenza, fino ad abbracciare un orizzonte più vasto. L’universalità delle leggi naturali che rendono tutti gli uomini la trascurabile parte di qualcosa di più grande, da qui alla Terra del Fuoco, fino alle colline di polvere e sassi nei crateri e nei Mari lunari. 500 anni fa, mezzo millennio prima che il terrapiattismo ricostruisse le sue radici tra i nodi della rete, la vela della nave Victoria all’orizzonte della costa spagnola tornava, portando con sé la prova che la Terra era davvero una sfera. Fu l’impresa di Magellano forse la prima davvero “planetaria” anche se il “Capitano generale”, salpato il 10 agosto 1519, non rivide mai più le coste europee.

Il viaggio

Partì con cinque navi da Siviglia, navigando il Guadalquivir fino a Sanlúcar de Barrameda per poi “ingolfare”, il 20 settembre successivo, nell’Atlantico diretto verso l’ignoto “Sur”. Come Cristoforo Colombo, anche lui dovette ‘vendere’ la sua idea a un regnante che fosse abbastanza ‘folle’ da crederci. Entrambi lo avevano trovato in Spagna. Il navigatore portoghese arrivò alla corte di Carlo V, che gli diede cinque navi e 237 uomini per scoprire una nuova rotta più conveniente verso le isole Molucche. Lo scopo era evitare che le preziose spezie dovessero passare dall’Oceano indiano e in Africa, oppure dall’Asia, attraversando le terre sotto il dominio ottomano e poi essere commerciate dal monopolio delle repubbliche marinare, Genova e Venezia. Peggio ancora, doppiare il Capo di buona speranza di fronte ai portoghesi.

Magellano era certo che ci fosse la via, e la trovò. Ancora prima di attraversare l’Atlantico e sbarcare in Brasile, aveva dovuto affrontare un tentativo di ammutinamento da parte dei capitani delle altre navi. Spagnoli che, secondo la narrazione che ci ha consegnato il vicentino Antonio Pigafetta, lo avevano in odio in quanto portoghese. In Sudamerica, poco prima di arrivare allo stretto che ora porta il suo nome, una nave affondò, l’altra tornò verso la Spagna, tradendo la missione.


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Pigafetta fu tra i 18 uomini che riuscirono a completare l’impresa. Il suo resoconto, Primo viaggio intorno al globo terracqueo. Ossia ragguaglio della navigazione alle Indie per la via d’occidente, è una successione di eventi e descrizioni, quasi un romanzo, denso di dettagli sulle nuove scoperte, a volte concitato e drammatico, su una conquista fatta di esaltazione, disavventure e incontri “strani” con indigeni delle terre lontane.

Patagonia, gli uomini dai grandi piedi

Come la Patagonia, che Magellano battezzò così per via dei “grandi piedi” dei suoi abitanti, dei “giganti, tutti dipinti”. Con loro scambiarono specchi e perline, ami e corde per avere cibo e rifornirsi. Qualcuno fu imbarcato e morì, assieme a tanti marinai, durante la traversata del Pacifico. Trovarono lo stretto nell’ottobre del 1520 e vi si avventurarono, quella a sud del passaggio diventò la Terra del fuoco, per via delle fiamme accese sulla costa. Mentre il capitano Esteban Gomes (“che tanto odiava il Capitano generale”) decise di non condividere il loro destino e invertì la rotta.


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Pigafetta invece aveva in gran considerazione Magellano, tanto da diventare suo attendente. Racconta della scomparsa dal cielo della polare, delle nuove stelle nell’emisfero Sud. E di quei “due gruppi di piccole stelle a foggia di due nebbiette alquanto fioche”. Ora sappiamo che sono due piccole galassie, le più vicine, due satelliti della Via Lattea: la Grande e la Piccola Nube di Magellano.

Il Pacifico, i topi e lo scorbuto

Racconta dei mesi più difficili, la traversata del Pacifico, “perché in tutto quel tempo non ebbimo nessuna borrasca”. Più di cento giorni senza incontrare terra, solo due isole “Sfortunate”, vi trovarono solo uccelli e alberi e nessuna sorgente d’acqua dolce. Ridotti a mangiare biscotto diventato “polvere verminosa”, “fetente per l’orina de’ sorci”, costretti a nutrirsi “anche di certi cuoi”, dopo averli ammorbiditi nell’acqua di mare e cotti sulla brace. E poi “segature di tavole” e persino gli stessi sorci “erano divenuti un cibo sì ricercato, che pagavansi mezzo ducato l’uno”. Lo scorbuto fece crescere le gengive ad alcuni marinai “fino a coprir loro i denti tanto sopra che sotto; onde non potean in alcun modo mangiare, e di quella malattia perirono diciannove uomini, fra i quali il gigante Patagone”. Imbarcato nella traversata che gli costò la vita, prima di morire, racconta Pigafetta, abbracciò e baciò la croce. Allora lo battezzarono prima che spirasse, dandogli il nome di Paolo.

Raggiunsero le isole a sud est della Cina, Guam, e poi le Filippine, arcipelago in cui trovarono indigeni “buoni”, “molto allegri e contenti” disposti a commerciare. Ancora specchi e perline in cambio di vettovaglie. Di tutti, Pigafetta descrive gli usi, il modo di nutrirsi e la nudità, spesso totale, o con qualcosa per nascondere le “parti vergognose”.

La morte del navigatore

Gli indigeni furono felici di convertirsi, compreso il re e la regina dell’isola di Cebu. Non tutti però. Uno dei capi, Lapu-Lapu, si oppose e Magellano, per dimostrare la potenza spagnola, si offrì di sottometterli con la forza. Fu così che nel mare delle Filippine, nell’acqua bassa al ginocchio di fronte alla spiaggia dell’isola di Mactan, fu colpito, sopraffatto e massacrato “fin che lo specchio, il lume, el conforto e la vera guida nostra ammazzarono”. In quella che fu non più che una scaramuccia, dopo aver solcato i mari e aver superato le tempeste di tutto il globo. Deceduto per aver provato a imporre con la forza un credo religioso dopo aver conosciuto, stretto amicizia, commerciato con quasi tutte le genti che aveva incontrato. Era il 27 aprile 1521. Il suo corpo non fu restituito e forse mai sepolto. In quel luogo, sull’isola di Mactan, ora ci sono due monumenti, un piccolo arco e un obelisco in onore del caduto e una statua di bronzo alta quattro metri, armata di scimitarra a ricordare il leader che lo sconfisse.

La spedizione continuò senza di lui. Delle tre navi rimaste, una (la Conception) fu affondata. La Trinidad e la Victoria proseguirono fino alle Molucche, al comando di Juan Sebastián Elcano, dove acquistarono le preziose spezie. Elcano continuò verso ovest sulla Victoria. La Trinidad scelse invece di far vela verso il Pacifico e terminò presto la sua traversata, per mano dei portoghesi.

Il rientro dei superstiti

Elcano assieme a Pigafetta e agli altri 16 superstiti degli equipaggi ai comandi di Magellano, rientrarono con la Victoria (ridotta a navigare con vele di fortuna mentre imbarcava acqua) a Sanlúcar de Barrameda il 6 settembre 1522, due anni, 11 mesi e 17 giorni dopo essere salpata nell’Atlantico, ma oltre 3 anni dall’inizio vero e proprio del viaggio. La data sul diario di bordo segnava però 5 settembre, si accorsero poi di aver perso un giorno viaggiando verso ovest.

Magellano non riuscì a compiere l’intera cirvumnavigazione del globo. Ma la sua impresa rimane: “È ancora un’ispirazione 500 anni dopo – è la riflessione di Fabien Cousteau, nipote di Jacques, il celebre oceanografo – era un pioniere nel tempo in cui gli esploratori partivano verso l’ignoto e spesso non tornavano”. Cousteau, assieme allo scienziato della Nasa Alan Stern, ha ricordato la figura di Magellano a Lisbona, in un convegno: “Quando il primo uomo ha circumnavigato il pianeta, è come se per la prima volta lo avesse abbracciato. Secondo me ha trasformato l’umanità. Lo chiamo ‘il primo evento planetario’ – ha sottolineato il capo della missione New Horizons, la prima a sorvolare Plutone e Ultima Thule, verso i confini del Sistema solare – allo stesso modo quello di Yuri Gagarin fu il primo evento extra planetario”. Un filo unico unisce questi “grandi balzi” dell’umanità. Da Eratostene a Magellano, da Copernico e Galileo all’Apollo 11, l’immaginazione e il calcolo prendevano corpo nell’esplorazione. Nessuno lo aveva mai sperimentato, nessuno c’era mai stato.

Nonostante che l’Accademia reale spagnola abbia ribadito che la circumnavigazione del globo è “un’impresa tutta spagnola”, Spagna e Portogallo hanno concordato di commemorare insieme il cinquecentenario: “Magellano ha segnato una rivoluzione concettuale – ha commentato Jose Manuel Marques, capo delle celebrazioni portoghesi – ci ha dato per la prima volta una visione completa del mondo, che ci ha mostrato che c’è un solo oceano e che il mare è un legame tra le persone”.

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