Almanacco

Il 12 settembre 1981 giungono negli USA i mitici gnomi blu, il primo passo de I Puffi verso il successo

«I Puffi sanno che il tesoro c’è, nel fiore accanto a te» e usando come sottofondo la voce della celeberrima Cristina D’Avena, vi raccontiamo la storia correlata ai Puffi, i nostri piccoli gnomi blu che vivono da sempre in deliziose casette a forma di fungo e sono costretti a difendersi dal mago Gargamella, in combine col suo perfido gatto Birba.

12 settembre 1981: la serie I Puffi approda in tv

Il 12 settembre del 1981 I Puffi giungono alla corte del Nord America, si tratta di una serie di cartoni animati prodotta dalla Hanna-Barbera e ispirata al fumetto belga di Peyo e Yvan Delporte. La favola di Peyo aveva come titolo originale La flûte à six schtroumpfs (dall’italiano “Il flauto a sei puffi”) mentre nella commercializzazione è stato modificato a seconda della programmazione del cartone, ad esempio nella versione anglofona il nome dei puffi è “Smurf”.


Peyo
L’autore belga – ideatore de I Puffi – Peyo negli anni Novanta.

Peyo e Delporte sono la coppia che ha ideato I Puffi (dal loro nome originale Schtroumpfs (comparsi come personaggi in data 1958 marginali nel fumetto John & Solfami.

In Italia

Nella nostra Penisola I Puffi giungono negli anni Ottanta, insieme all’uscita dei 45 giri della prima sigla e il 33 giri Arrivano i Puffi, e poi successivamente sulle reti Mediaset con diverse sigle.


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I Puffi nella sigla italiana.

In Italia  – come negli States – gli gnomi blu hanno ottenuto un successo incredibile, a tal punto da divenire un vero e proprio franchise (con tanto di band musicale). I Puffi hanno offerto grandi ispirazioni a numerosi artisti, tanto da influenzare la cultura di massa con gadget film, il più recente rilasciato nel 2013.

Controversie

Secondo stimati studiosi, scrittori, sociologi, blogger e numerosi esperti nel settore dell’informazione (tra tutti possiamo citare la scrittrice Kate Krake e il sociologo francese Antoine Buéno) Peyo, attravrso I Puffi, ha presentato un modello di vita di stampo comunista (e sovietico in particolare).


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Antoine Buéno, autore de “Il piccolo libro blu: analisi politica della società dei Puffi” del 2011, uno dei principali studiosi e critici de I Puffi.

Il cartone animato narra la storia e le vicende di abitanti di un villaggio comandato da un anziano saggio chiamato Grande Puffo (secondo alcuni la copia sputata di Karl Marx) ed i modelli di comportamento trasmessi sono pregni di messaggi che richiamano al maxismo e al leninismo, nonché un’idea di mondo ispirato al socialismo reale. Alcuni ritengono persino che I Puffi siano un tentativo mediatico e fumettistico di indottrinamento politico.

La figura di Grande Puffo

Il Grande Puffo è il capo indiscusso del villaggio ed ha l’incarico di governare ogni ambito della vita sociale della comunità. Non è mai stato eletto, ma si presume che occupi quel ruolo per anzianità (nel cartone, l’unico che si contrappone a Grande Puffo è Quattrocchi, ma con scarsi risultati). È una sorta di capo supremo che governa secondo il principio del legibus solutus.


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L’anziano saggio dei Puffi è stato spesse volte paragonato a Karl Marx, autore de “Il Capitale” e, indirettamente, responsbaile del crollo della monarchia della Russia pre-sovietica, nonché delle idee socialiste sulle quali si sono basate tutte le rivoluzioni comuniste, da quella di Thomas Sankara nel Burkina Faso fino a giungere alla cosiddetta rivoluzione dei barbuti portata a segno da uomini come Fidel Castro e Che Guevara.

Grande Puffo viene rispettato come una figura suprema ed onniscente, per questa ragione molti hanno pensato che l’intento di Peyo fosse quello di avvicinare i giovani al padre del socialismo.

La figura dei Puffi

Il genere sessuale dei puffi è oltremodo indefinibile tra i tratti somatici – uniforme per ognuno di loro – infatti, la sessualità di alcuni la si intuisce attraverso i comportamenti sociali e da alcuni effimeri accordgimenti, come la fluente chioma bionda di puffetta. La mancata individuazione dei sessi ha portato ad alcuni a pensare che il tutto riporta ad una idea di società egualitaria, senza alcuna barriera tra sessi e individui, ovvero non dissimile a quella comunista.


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I Puffi si identificano gli uni con gli altri solo mediante al ruolo che ognuno ricopre all’interno della società e nel processo di produzione, il loro nome è correlato esclsuivamente ai loro compiti che assumono nel ciclo produttivo della comunità.

Il linguaggio dei puffi è fonte di dibattito e studio, da un punto di vista semantico, infatti, la parola “puffo” viene utilizzata con una certa nonchalance e sostituita al normale frasario e ciò ci riconduce ad una chiara matrice politico-partitica largamente diffusa nei regimi totalitari.

Le canzoni

Nel regime sovietico le canzoni che i lavoratori cantavano erano ideate e divulgate unicamente dall’intellighenzia ed avevano unicamente tematiche sociali, dei veri e propri inni al proletariato e alla produzione.


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Anche nel “villaggio dei puffi” le attività lavorative vengono scandite al ritmo di canzoni che servono ad incitare i puffi nel proprio lavoro. Alcuni hanno paragonato la classica canzone dei Puffi con l’Internazionale Socialista.

Gargamella

Il villain Gargmella è forse uno dei personaggi più contestati della serie, si tratta di un uomo brutto, calvo, gobbuto e di mezza età che vive in una casa decadente e ha come unico obbiettivo quello di trasformare i puffi in oro.


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È il nemico numero uno dei puffi, dal quale diffidare sempre perché è infimo e, soprattutto, infido. Secondo alcuni non è altro che la raffigurazione del capitalismo, infatti, l’idea che desidera traformare i protagonisti in oro (quindi in mercato) non è affatto casuale.

I Puffi si trovano quasi sempre a combattere contro Gargamella per poi sconfiggerlo, questo richiama all’incompatibilità tra il sistema socialista e quello capitalista prevista da Iosif Stalin. In merito a queste analisi, il sociologo francese Antoine Buéno ha descritto I Puffi in un libro del 2011 come «un’utopia totalitaria e razzista».

Birba

Gargamella possiede un gatto di nome Birba, cattivo come il padrone e dall’aspetto ripugnante, anche l’animale caccia i puffi (ma per mangiarli) e nutre un odio viscerale verso il cosiddetto “popolo blu”.


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Nella versione originale il vero nome di Birba è Azreal, nome che discende da Erzail (conosciuto dalla tradizione ebraica come Azra e scriba nel corso dell’esilio babilonese e del secondo Tempio di Gerusalemme) e – nel culto islamico, ebraico e cristiano – è “l’angelo della morte”.

Per questa ragione, alcuni hanno associato il gatto Azreal ad un altro grande nemico del regime sovietico, gli ebrei. Quindi un incitamento a rafforzare la diffidenza nei confronti delle comunità ebraiche.

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