Curiosità

Cassazione: è reato se il condomino si fa giustizia da sé

Spesso la rabbia dei condomini rischia di portare alla condanna per esercizio arbitrario delle proprie ragioni, di cui all’art 392 c.p. Il Tribunale di Campobasso ha condannato un condomino per aver rimosso una rampa di cemento del vicino poiché gli impediva di accedere ed uscire con i propri mezzi e che, in caso di pioggia, convogliava l’acqua piovana nella sua proprietà.

Il condomino che si fa giustizia da sé commette reato

La recente sentenza del Tribunale di Campobasso offre lo spunto per trattare un reato spesso viene commesso dai condomini a danno di terzi ed altri condomini, ovvero l’illecito penale dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni contemplato dall’art. 392 c.p.

L’articolo in questione, ai commi 1 e 2, prevede testualmente che:

  1.  Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa con la multa fino a 516 euro.
  2. Agli effetti della legge penale, si ha violenza sulle cose allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione.

Il Tribunale molisano quindi ha seguito la norma ed ha condannato il condomino. Nella motivazione della sentenza viene infatti precisato che

“Nel momento in cui il diritto viene esercitato in “autotutela”, con violenza sulle cose o sulle persone, come nel caso di specie, il reato è perfettamente integrato (…) Nessun dubbio, inoltre può essere avanzato in merito al fatto che la condotta posta in essere dal M. sia stata violenta, atteso che per violenza deve intendersi qualsiasi danneggiamento trasformazione o mutamento di destinazione della cosa” così come la sussistenza dell’elemento psicologico “rappresentato dall’intento di esercitare un preteso diritto nel ragionevole convincimento della sua legittimità.”

La Cassazione: è reato danneggiare le telecamere perché violano la privacy dei condomini

La sentenza di merito si pone perfettamente in linea con l’indirizzo della Cassazione in tale materia. La recente pronuncia n. 3785/2019 degli Ermellini ha dichiarato infatti inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per il reato di cui all’art. 392 c.p. Dagli atti del processo è emersa la sussistenza degli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi del reato poiché il condomino

“che in precedenza aveva ripetutamente ma infruttuosamente chiesto ai titolari di quel negozio di spostare la telecamera che, a suo dire, violava la privacy dei condomini, aveva divelto con il bastone e danneggiato l’apparecchio video, così tutelando arbitrariamente le proprie private ragioni.”

In questo caso, come in quello trattato dal tribunale di Campobasso, il soggetto ha agito nella convinzione che fosse suo diritto tutelare la privacy del condominio, anche se, le cose non stanno proprio così.

L’esercizio del diritto è elemento del reato

La Cassazione, infatti, precisa nella sentenza n. 53826/2017 che “In tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, non è applicabile la discriminante dell’esercizio del diritto in quanto la convinzione di esercitarlo costituisce essa stessa elemento costitutivo del delitto.” Come precisato del resto nella sentenza del tribunale molisano, che richiama la sentenza n. 46288/2016
“Per costante giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai fini della configurabilità del reato, occorre che l’autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente; tale pretesa, inoltre, deve corrispondere perfettamente all’oggetto della tutela apprestata in concreto dall’ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi “quid pluris”, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall’agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato.” 

La violenza sulle cose configura il reato

Inoltre, il reato  si configura mediante violenza sulle cose. Proprio in merito alla violenza sulle cose, disciplinata dall’art 392 c.p, la recente sentenza n. 27651/2019 della Cassazione ha chiarito la disposizione del comma 2 che afferma che “deve rammentarsi che per il secondo comma dell’art. 392 c.p. si ha “violenza sulle cose” allorché la cosa venga danneggiata, trasformata ovvero ne venga mutata la destinazione. Ed, infatti, secondo il consolidato orientamento della Corte di legittimità, sussiste l’aggravante speciale di cui si tratta tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, faccia uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento della destinazione (Sez. 5, n. 24029 del 14 maggio 2010).”

L’eccezione alla regola

Tuttavia c’è un’eccezione alla regola, come riporto  dalla sentenza n. 53826/2017 della Cassazione, che prevede espressamente come in materia viga in deroga il principio:

“vim vi repellere licet”, che rende non punibile l’autore della violenza sempre che – e solo in siffatta eventualità – tra l’azione perturbatrice e quella contraria dell’agente non si sia frapposto alcun lasso di tempo sufficiente per adire il giudice ed ottenere un provvedimento idoneo ad evitare il prodursi di una situazione di danno, poiché in tal caso si è in presenza di un principio generale di antica tradizione, che funge da limite della norma penale poiché esclude la presenza del requisito costitutivo dell’arbitrarietà della condotta del soggetto agente, consentendo … la difesa del possesso (violenza manutentiva) o l’autoreintegrazione di esso (violenza reintegrativa), in ipotesi di spoglio violento ad opera di terzi.”

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