Cronaca

Vissani: “Non si trova personale nei ristoranti, reddito di cittadinanza vergogna totale”

Reddito di cittadinanza, l'attacco di Vissani: "Non si trova personale. Il reddito di cittadinanza? Una vergogna totale"

Anche Gianfranco Vissani attacca il reddito di cittadinanza. E come fatto dal collega Alessandro Borghese, lamenta la difficoltà per i ristoratori di trovare personale da assumere, soprattutto preparato.

Reddito di cittadinanza, l’attacco di Vissani

“Oggi tutti vogliono strafare. Chef? Lo vedo scritto su troppi biglietti da visita, troppi si definiscono chef senza esperienza e formazione adeguati. Il reddito di cittadinanza? Una vergogna totale. Non si trova più personale in giro, educhiamo i nostri ragazzi al lavoro, al sacrificio, devono ‘sporcarsi le mani'”. Parole dello chef Gianfranco Vissani, premiato come ‘Ambasciatore del gusto 2021’ al Ferrara Food Festival, dal sindaco Alan Fabbri al Palaestense.

Cosa aveva detto Alessandro Borghese

Alessandro Borghese non trova chef. Il cuoco romano, noto per la popolarità televisiva, dice di essere “alla perenne ricerca di collaboratori: vorrei tenere aperto un giorno in più, il martedì, e aggiungere il pranzo anche in settimana. Ma fatico a trovare nuovi profili, sia per la cucina che per la sala”. Un problema di tanti suoi colleghi, anche meno noti: la fuga del personale dai ristoranti.

Sono 120mila i lavoratori a tempo indeterminato che durante la pandemia hanno deciso di cambiare mestiere, stanchi degli orari logoranti e degli stipendi bassi. Non sono ancora stati rimpiazzati come testimoniano i dati della Fipe. L’estate è passata con l’aiuto degli stagionali, ma ora il problema si ripropone: la Federazione italiana pubblici esercizi parla di 40mila professionisti che mancano all’appello nel mese di ottobre, divisi tra camerieri di sala, cuochi e aiuto cuochi, pizzaioli, baristi.

Il problema

“Non credo che la figura del cuoco sia in crisi, ma ci si è accorti che non è un lavoro tutto televisione e luccichi – rivela Borghese in una intervista al Corriere della Sera – Si è capito che è faticoso e logorante. E mentre la mia generazione è cresciuta lavorando a ritmi pazzeschi, oggi è cambiata la mentalità: chi si affaccia a questa professione vuole garanzie. Stipendi più alti, turni regolamentati, percorsi di crescita. In cambio del sacrificio di tempo, i giovani chiedono certezze e gratificazioni. In effetti prima questo mestiere era sottopagato: oggi i ragazzi non lo accettano”.

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