Cronaca

Truffa filiera ittica e sushi, sequestro per 4,5 milioni di euro: 6 indagati tra Roma e Trapani

Truffa sulla filiera ittica e sushi: i finanzieri del Comando Provinciale di Trapani ha eseguito un decreto di sequestro da 4,5 milioni di euro nei confronti di tre imprenditori. Sono sei invece gli indagati.

Truffa filiera ittica e sushi a Trapani, sequestro per 4,5 milioni di euro

I finanzieri hanno eseguito un provvedimento cautelare nei confronti di tre imprenditori nell’ambito di un’inchiesta su una presunta truffa da 4,5 milioni di euro ai danni dell’Unione Europea, dello Stato e Regioni Sicilia, Lazio e Toscana. Un indagato è finito agli arresti domiciliari mentre gli altri due sono stati sottoposti all’obbligo di dimora nel comune di residenza.

Il provvedimento

Inoltre, sono stati posti sotto sequestro finalizzato alla confisca beni per l’ammontare del valore della truffa. Gli indagati totali sono sei operanti in tutta Italia ma con sede nella provincia di Roma. Le sedi operavano nel campo dell’acquacoltura con una filiera che parte dall’allevamento dell’avannotto fino alla produzione di sushi per supermercati e ristoranti. Tutti dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

Le indagini

Al centro delle indagini dei contributi a fondo perduto alle società coinvolte nel Programma operativo del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca 2014/2020 per progetti relativi a realizzazione o riadattamento di siti produttivi. Secondo le accuse, i lavori erano affidati ad una sola ditta, solo apparentemente terza ma avente la stessa “compagine societaria delle committenti permettendo una fittizia maggiorazione delle voci di costo ai fini della rendicontazione finale attraverso la sovrafatturazione delle spese oggetto dei contributi pubblici”.

“I profitti del reato delle truffe confluivano nei conti della società interposta, al cui amministratore di diritto veniva solo fittiziamente attribuita la titolarità”. “Ciò – spiegano dalla Guardia di finanza- ha permesso al dominus dell’associazione di utilizzare il prodotto del reato per pagare personale dipendente, acquistare materiale e onorare le fatture delle diverse società del gruppo”.

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