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28 aprile 1937: oggi si celebra la nascita degli studi di Cinecittà

Per l'edificazione dei nuovi stabilimenti si utilizzarono operai della vecchia Cines, che poi rimasero nelle squadre di scena

28 aprile 1937, venivano inaugurati gli studi di Cinecittà. Per l’edificazione dei nuovi stabilimenti si utilizzarono operai della vecchia Cines, che poi rimasero nelle squadre di scena, che fecero scuola a Cinecittà insieme ai grandi direttori della fotografia, sempre provenienti dalla Cines.

28 aprile 1937, venivano inaugurati gli studi di Cinecittà

Nel 1931 Benito Mussolini, che sosteneva fortemente l’importanza del cinema come strumento di propaganda, varò una legge volta a penalizzare le importazioni per stimolare la produzione nazionale.

Nel 1934 Luigi Freddi, amico di Galeazzo Ciano e perciò ben introdotto presso Mussolini, venne incaricato di gestire la Direzione generale della cinematografia, finalizzata sia alla promozione che al controllo della produzione cinematografica italiana.

Freddi, che in occasione di un viaggio negli Stati Uniti d’America aveva conosciuto David Griffith e si era appassionato agli aspetti produttivi della cinematografia statunitense, si impegnò nella promozione del cinema nazionale supportando la ricerca di capitali e sostenne le grandi produzioni di quegli anni, tra cui Scipione l’Africano di Carmine Gallone e Luciano Serra pilota di Goffredo Alessandrini.

Nel 1939 la produzione cinematografica nazionale venne supportata con una nuova legge (la cosiddetta Legge Alfieri), che concedeva robusti finanziamenti alle produzioni nazionali, sempre nell’ambito di promuovere la produzione italiana a discapito di quella straniera.

Alla testa di Cinecittà, fin dalla sua fondazione, ci fu proprio Carlo Roncoroni (amico personale di Luigi Freddi) fino al giorno della sua morte nel 1938.

Dopo la morte di Roncoroni, Cinecittà, in deficit di bilancio, venne rilevata dallo Stato.

La Seconda Guerra Mondiale e l’epurazione

Durante la guerra, nonostante danni e occupazioni, la produzione continuò fino al 1943, quando con l’armistizio di Cassibile e con la nascita della Repubblica Sociale Italiana, il cinema fascista si trasferì a Venezia nei padiglioni della Biennale e nel Cinevillaggio. Sempre nel 1943 avvenne il grande licenziamento dei 1 200 dipendenti.

Con la liberazione di Roma, nel 1944, Luigi Freddi si dimette da direttore di Cinecittà e l’esercito tedesco, battendo in ritirata, razziò lo stabilimento portando via gran parte delle attrezzature tecniche, macchine da presa, proiettori, impianti sonori e pellicole.

In seguito gli stabilimenti furono requisiti dalle forze alleate che li adibirono a ricovero per gli sfollati che avevano perso la casa a causa dei bombardamenti. Per sopravvivere al freddo gli sfollati bruciarono gran parte dei documenti d’archivio, provocando una grave perdita dal punto di vista storico.

Il 31 luglio 1944 si costituì la Commissione di epurazione delle categorie registi, aiuto registi e sceneggiatori del cinema (composta anche da alcuni di quei giovani registi che erano stati esclusi dal lavoro per non aver aderire al fascismo) i cui membri furono: Alfredo Guarini, Umberto Barbaro, Mario Camerini, Mario Chiari, Mario Soldati e Luchino Visconti.

Il Dopoguerra: Hollywood sul Tevere

Dopo la guerra l’attività di produzione riprese molto lentamente e solo nel 1947 venne girato nei suoi studi il primo film del dopoguerra: Cuore di Duilio Coletti.

Nel 1959, ebbe termine l’Hollywood sul Tevere e, dopo quelli del 1943, ci furono i secondi grandi licenziamenti di 1 500 dipendenti.

Dalla fine degli anni sessanta, con la crescita della televisione, la fine delle produzioni colossal di carattere storico e la parallela crisi dell’industria cinematografica italiana, Cinecittà perse lentamente, per più di una ventina d’anni, il primato tecnico e produttivo che l’aveva resa mitica.

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