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Vaccino Johnson&Johnson e trombosi: a chi è consigliato e quali sono i rischi?

Vaccino anti Covid di Johnson&Johnson e trombosi: a chi è consigliato e quali sono i rischi? La circolare del Comitato Tecnico Scientifico

Vaccino anti Covid di Johnson&Johnson e trombosi: a chi è consigliato e quali sono i rischi? Dopo il parere del Comitato Tecnico Scientifico sull’utilizzo del vaccino AstraZeneca che viene dato solo a persone sopra i 60 anni, anche Johnson & Johnson viene raccomandato per questa fascia d’età.

Vaccino Johnson&Johnson e trombosi: a chi è consigliato

Nella circolare che regola la somministrazione di AstraZeneca, si parla anche del vaccino monodose J&J, per cui è stato deciso di lasciare le indicazioni invariate e, cioè, di riservarlo in via preferenziale, a livello di “raccomandazione”, ai maggiori di 60 anni.

La circolare

Nella circolare si legge: “Pur tenendo conto delle analogie esistenti tra il vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) e il vaccino Janssen (Johnson & Johnson), per quanto riguarda sia le piattaforme che la tipologia di eventi tromboembolici riportati nella letteratura, lo stato attuale delle conoscenze (che fanno propendere per un rischio associato all’adenovirus), il numero di poco superiore al milione di dosi a oggi somministrate nel Paese e la rarità, anche in ambito Europeo, delle segnalazioni di VITT a oggi disponibili, non permettono di trarre valutazioni conclusive rispetto al rapporto beneficio/rischio relativo al vaccino Janssen, connotato dal vantaggio della singola somministrazione, peculiarità che può risultare di particolare beneficio in determinate categorie di popolazione”.

Johnson & Johnson e Astrazeneca, i rischi connessi ai vaccini

Nella circolare si fa riferimento a casi di trombosi associata a trombocitopenia (VITT o “vaccine-induced immune thrombotic thrombocytopenia”) anche per il vaccino Johnson & Johnson. Marco Cavaleri, presidente della task force sui vaccini dell’Ema, in un’intervista a La Stampa, ha invitato alla cautela sul monodose Johnson & Johnson: “Ha dato meno problemi di AstraZeneca, anche se è stato usato poco. Con una dose risulta utile per alcune categorie difficili da raggiungere, ma resta ad adenovirus. E l’ipotesi è che con questo tipo di sieri possa scatenarsi una reazione immunitaria che porta alla trombosi. È successo soprattutto a donne giovani, ma non solo”.

Perché le trombosi colpiscono le donne più giovani?

Perché le trombosi dopo i vaccini a vettore virale colpiscono principalmente le donne più giovani? È la domanda che in molti si stanno ponendo. Nelle ultime ore si è riaperto il dibattito sulla somministrazione del vaccino. I rarissimi casi di trombosi associati ai vaccini anti Covid a vettore adenovirale (AstraZeneca e Johnson & Johnson) hanno un’incidenza maggiore nelle fasce di età più giovani e sembrano interessare principalmente le donne, sebbene i dati epidemiologici non siano ancora conclusivi. Ecco perché le giovani donne sarebbero più esposte al rischio di coaguli di sangue.

Perché le trombosi dopo il vaccino AstraZeneca colpiscono le donne più giovani?

Sebbene gli studi siano in corso e i meccanismi coinvolti ancora da comprendere a fondo, l’associazione tra rarissimi eventi tromboembolici e i vaccini anti Covid a vettore adenovirale (il Vaxzevria di AstraZeneca e il Johnson & Johnson) è stata confermata dalle principali autorità sanitarie internazionali, come l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e la Food and Drug Administration (FDA) americana. All’emersione dei primi casi sospetti, nei mesi scorsi, seguirono sospensioni e modifiche ai piani vaccinali in molti Paesi, tuttavia il dibattito sulla questione è ancora molto acceso, anche alla luce di somministrazioni effettuate a fasce d’età per le quali questi farmaci non sono raccomandati.

Le preoccupazioni

A destare particolare preoccupazione tra gli esperti sono i casi di trombosi della vena sinusale, una rara forma di trombosi cerebrale che si manifesta con carenza di piastrine (trombocitopenia), così come quelli di trombosi della vena splancnica (addominale) e di trombosi arteriosa. Tutte queste queste condizioni associate ai sieri anti Covid sono state definite dagli scienziati come eventi trombotici associati a un basso numero di piastrine indotti dal vaccino (VITT). Come indicato si tratta di eventi rarissimi, tuttavia le indagini epidemiologiche mostrano che il rischio di svilupparli non è uguale per tutti: secondo i dati dell’EMA, infatti, nella fascia di età tra i 20 e i 29 anni ci sono circa due probabilità di avere una trombosi ogni centomila somministrazioni, un rischio sensibilmente maggiore rispetto alla fascia 60-69. I giovani, e in particolar modo le donne, risulterebbero dunque più esposti al rischio di trombosi: com’è possibile?

Cosa sappiamo finora

Premesso che non sono ancora disponibili dati conclusivi per affermarlo con certezza, ci sono diverse ragioni che possono spiegare come mai le ragazze sarebbero più esposte al rischio tromboembolico dopo la vaccinazione. Come sottolineato in un’intervista al El Pais dal professor Rodrigo Rial, portavoce della Società Spagnola di Chirurgia Vascolare, angiologo e chirurgo vascolare presso l’Ospedale universitario HM Terrelodones di Madrid, le donne sono innanzitutto più suscettibili degli uomini alle malattie autoimmuni, inoltre in giovane età il sistema immunitario molto più pronto e reattivo, dunque si è più esposti a complicazioni innescate da processi autoimmuni. Gli esperti ritengono che le trombosi indotte dai vaccini Covid a vettore adenovirale siano legati proprio a una reazione autoimmune, come spiegato nell’articolo “Thrombotic Thrombocytopenia after ChAdOx1 nCov-19 Vaccination” pubblicato sull’autorevole rivista The New England Journal of Medicine da scienziati del Paul-Ehrlich-Institut (l’istituto federale tedesco per i vaccini e la biomedicina). In parole semplici, i pazienti colpiti sviluppano anticorpi che si legano a una specifica proteina presente sulla superficie delle piastrine chiamata fattore piastrinico 4; questo meccanismo spinge le piastrine ad aggregarsi e a dar vita ai coaguli di sangue che iniziano a circolare nel flusso sanguigno.

A innescare la trombosi, secondo gli esperti tedeschi guidati dal professor Andreas Greinacher dell’Università di Greifswald, potrebbe essere un conservante presente nel vaccino chiamato EDTA, ma nel mirino vi è anche la rottura dell’adenovirus utilizzato come navetta per trasportare l’informazione genetica della proteina Spike e la conseguente liberazione del DNA, che a sua volta sarebbe in grado di formare legami col fattore piastrinico 4.

La causa delle trombosi

Come indicato, la causa scatenante delle trombosi deve essere ancora accertata e la semplice associazione col vaccino indicata da EMA e FDA non evidenzia alcun rapporto di causa-effetto, tuttavia, come indicato, le indagini epidemiologiche suggeriscono che il rischio sia maggiore per le giovani donne. Alla luce di questi dati numerosi esperti stanno chiedendo all’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), all’EMA e ai decisori politici di vietare in modo definitivo la somministrazione dei vaccini a vettore adenovirale alle fasce d’età più giovani. Tale richiesta si è ulteriormente intensificata dopo la morte della diciottenne Camilla di Sestri Levante, vaccinata il 25 maggio con AstraZeneca durante un “Open Day”. Secondo il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, il rischio di trombosi sarebbe particolarmente elevato per le donne che assumono la pillola anticoncezionale, alle quali sconsiglierebbe sia il vaccino di Johnson & Johnson che quello di AstraZeneca.

In precedenza il professor Rial aveva dichiarato che “circa una donna su mille che assumono l’anticoncezionale soffre di coaguli, mentre il rischio tra le vaccinate è di un caso ogni 175mila vaccinazioni”. È atteso a breve un nuovo pronunciamento del Comitato Tecnico Scientifico (CTS) sui vaccini a vettore adenovirale, che potrebbe chiudere definitivamente le somministrazioni nelle fasce più giovani.


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