Cronaca

Che cos’è la sindrome di Stoccolma e perché viene associata al caso di Silvia Romano

Silvia Romano si sarebbe convertita all’Islam per la sindrome di Stoccolma. Si tratta di una delle tante “ipotesi” che in queste ore spopolano sul web in merito alla conversione della volontaria milanese rientrata in Italia dopo il rapimento durato 18 mesi.

La giovane volontaria della onlus Africa Milele ha rivelato di essersi convertita all’Islam per libera scelta, per curiosità dopo aver chiesto di leggere il Corano.

Silvia Romano convertita all’Islam per la sindrome di Stoccolma? 

La sindrome di Stoccolma è un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica. Il soggetto affetto dalla sindrome, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all’amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice.

La sindrome viene spesso evocata nei resoconti giornalistici o in opere di fantasia ma non è inserita in nessun sistema internazionale di classificazione psichiatrica, non è classificata in nessun manuale di psicologia, ed è stata nominata soltanto in un ridotto numero di studi scientifici e viene ritenuta un caso particolare del fenomeno più ampio dei legami traumatici, ovvero quei legami fra due persone delle quali una gode di una posizione di potere nei confronti dell’altra che diviene vittima di atteggiamenti aggressivi o di altri tipi di violenza.

Il collegamento con Silvia Romano

Stando a quanto trapelato da fonti investigative citate dall’Agi non si esclude che possa “trattarsi di una situazione psicologica legata al contesto in cui la ragazza ha vissuto in questi 18 mesi, non necessariamente destinata a durare nel tempo”. 

Le stesse fonti ricordano che ci sono stati altri casi in passato, riferimento a Sima Pari Simona Torretta, che cooperanti della Ong “Un ponte per” che il 28 agosto 2004 furono rapite a Baghdad. Il loro sequestro durò un mese e il 28 settembre furono rilasciate prima di dichiarare, tra le polemiche, di voler ritornare dove erano state rapite e ringraziarono più i loro carcerieri che le autorità che avevano ottenuto la loro liberazione.


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