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Giorgio Vasari: la vita e le opere del pittore, architetto e storico dell’arte italiano

Pittore dallo spiccato gusto manierista, un architetto di certo pregio (realizzò il palazzo della Carovana a Pisa e il complesso fiorentino degli Uffizi e infine eccelso storiografo

Giorgio Vasari è stato un pittore, architetto e storico dell’arte italiano. Nell’arco della sua esistenza ebbe una vastissima rosa di interessi: fu infatti un pittore dallo spiccato gusto manierista, un architetto di certo pregio (realizzò il palazzo della Carovana a Pisa e il complesso fiorentino degli Uffizi) e infine eccelso storiografo. Il nome del Vasari, infatti, è legato in modo indissolubile a Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, una serie di biografie nella quale egli copre l’intero canone artistico teso fra Trecento e Cinquecento.

Giorgio Vasari, pittore manierista italiano

Giorgio Vasari nacque ad Arezzo il 30 luglio 1511 dal mercante di tessuti Antonio Vasari e da Maddalena Tacci. Ancora giovanissimo frequentò la bottega aretina del francese Guillaume de Marcillat, pittore di vetrate di buon talento; nello stesso periodo, frequentò le lezioni del poligrafo Giovanni Pollio Lappoli, dove ricevette una prima educazione umanistica, e si cimentò anche nell’architettura, realizzando il basamento dell’organo del Duomo detto Nuovo, ove si mostrò assai sensibile alle influenze michelangiolesche della tomba di Giulio II.


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La casa di Giorgio Vasari ad Arezzo, in via XX Settembre 55.

Successivamente, il giovane Vasari proseguì gli studi a Firenze, dove giunse per circostanze fortuite al seguito del cardinale cortonese Silvio Passerini, tutore dei rampolli di casa de’ Medici, i futuri cardinale Ippolito de’Medici e duca Alessandro. Introdotto dal Passerini nella cerchia della corte medicea, Vasari approfondì la propria educazione umanistica, passando sotto la guida del letterato Pierio Valeriano; fu, inoltre, un frequentatore assiduo della bottega di Andrea del Sarto e dell’accademia di disegno di Baccio Bandinelli, artisti che gli fornirono strumenti essenziali, quali la perizia disegnativa e la capacità di composizione prospettica.

Negli anni fiorentini, che egli ricorderà come i più felici della sua vita, Vasari conobbe inoltre Francesco Salviati, del quale godette l’amicizia per il comune interesse verso le opere dell’antichità classica. Proprio in ragione del loro entusiasmo condiviso i due visitarono Roma tra il 1531 e il 1532; nell’Urbe Vasari, insieme all’amico, studiò i monumenti antichi, le opere di Raffaello e Michelangelo ed i grandi testi figurativi della maniera moderna.

La morte del padre

L’idillio degli anni fiorentini venne bruscamente spezzato con la morte del padre Antonio, nel 1527; il Vasari, pertanto, affrontò un periodo di nera miseria, ritrovandosi improvvisamente a carico della madre e dei fratelli minori.

Per guadagnarsi da vivere, si cimentò nella realizzazione di pale d’altare, destinate ai conventi e ai luoghi di culto di Arezzo e della contrada circostante; furono questi anni aridi e rigidi, allietati solo dall’incontro con Rosso Fiorentino, rifugiatosi ad Arezzo per sfuggire dal sacco di Roma a opera delle truppe dei lanzichenecchi.

L’espressività tormentata e visionaria delle pitture manieriste di Rosso influenzò non poco lo stile di Vasari, con suggestioni che ritornano nella gremita composizione della Deposizione, eseguita per la chiesa aretina della Santissima Annunziata, e nel drammatico Cristo portato al sepolcro.


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Gregorio XI torna a Roma da Avignone. Opera di Giorgio Vasari.

Nel frattempo, con i primi guadagni da pittore la situazione economica familiare si era ormai stabilizzata, sicché Vasari poté finalmente far costruire una casa tra gli orti di borgo San Vito, di piccole dimensioni ma assai fastosa. Questa residenza, oggi adibita a museo, conserva affreschi di pregevole fattura, caratterizzati da una narrazione lieve, distesa, quasi poetica, specialmente nella camera di Abramo (ovvero quella nuziale).

La crisi spirituale

Furono questi tuttavia anni assai burrascosi. Vasari, infatti, iniziò ad essere insofferente alla vita di corte, con un conseguente inasprimento dei rapporti con i Medici; questa crisi di fiducia, già manifestatasi nel 1535 con la morte del cardinale Ippolito, divampò nel 1537 all’indomani dell’assassinio del duca Alessandro per volontà di Lorenzino de’ Medici (da non confondere con Lorenzo il Magnifico).

Oppresso da una profonda depressione, Vasari su consiglio di Giovanni Pollastra si trasferì all’Eremo di Camaldoli, ove realizzò pitture per i monaci. La nuova occupazione gli permise non solo di stare più tempo all’aria aperta, ma anche di risolvere la propria crisi in chiave religiosa, conducendo un’esperienza di distacco dal mondo quasi petrarchesca.


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Una medaglia che raffigura il volto del “Lorenzaccio”.

Ritrovata la salute nella solitudine eremita, Vasari decise di trasferirsi a Roma, ove giunse nel febbraio 1538, così da perfezionare sul modello antico la propria tecnica pittorica. Pochi mesi dopo l’arrivo nell’Urbe, nella primavera del 1538, gli giunse addirittura l’invito di Ottaviano de’ Medici di ritornare a Firenze per rientrare al servizio di Cosimo; Vasari, tuttavia, rifiutò con piena risoluzione, dando avvio a un distacco dai Medici che perdurerà sino al 1554.

Viaggi in penisola italiana

Finalmente, Vasari poté risollevare le sorti della propria carriera artistica, riuscendo a superare quella battuta d’arresto che subì allorquando morirono i suoi due protettori Ippolito e Alessandro. Negli anni successivi fu a Napoli, Venezia (dove realizzò le tavole del soffitto di palazzo Corner Spinelli), Rimini, in Emilia e nel Veneto, e compì regolari ritorni in Toscana, a Firenze e Arezzo soprattutto; questo continuo vagabondare gli servì anche per raccogliere informazioni sull’arte delle varie città italiane, preparando il materiale per l’opera Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori (la sua più famosa opera).

Degno di nota il soggiorno a Napoli, dove lavorò assai alacremente: sue realizzazioni partenopee furono la decorazione del refettorio di Monteoliveto, la realizzazione di dipinti su tavola per la sacrestia di San Giovanni a Carbonara di Nola, e operò anche al Duomo e alla Cappella della Sommaria in Castel Capuano.


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L’assalto alla fortezza di Stampace a Pisa, opera di Giorgio Vasari.

«Ma è gran cosa che, dopo Giotto, non era stato insino allora in sì nobile e gran città maestri che in pittura avessino fatto alcuna cosa d’importanza, se ben vi era stato condotto alcuna cosa di fuori di mano del Perugino e di Raffaello, per lo che mi ingegnai fare di maniera, per quanto si estendeva il mio poco sapere, che si avessero a svegliare gl’ingegni di quel paese a cose grandi e onorevoli operare. E questo, o altro che ne sia stato cagione, da quel tempo in qua vi sono state fatte di stucchi e pitture molte bellissime opere»

La cerchia di Alessandro Farnese e la prima redazione delle Vite

Dopo aver vissuto vagabondando per otto anni, tuttavia, l’ormai trentaquattrenne Vasari si rese conto di dover trovare una sistemazione più stabile. Nell’ottobre del 1545 si trasferì a Roma, dove per intercessione degli amici Paolo Giovio e Annibale Caro divenne il protetto dell’influente Duca, Alessandro Farnese; si trattò di una scelta assai ardita, a causa della politica antimedicea condotta dai Farnese, che avrebbe poi costituito un notevole ostacolo per i suoi successivi tentativi di fare ritorno a Firenze.

Per conto del Farnese, in ogni caso, Vasari decorò una sala del palazzo della Cancelleria, poi soprannominata «dei Cento Giorni» in ragione del tempo impiegato dall’artista per portare l’opera a compimento, con una serie di affreschi per glorificare gli avvenimenti salienti del pontificato di Paolo III, nonno di Alessandro; quest’opera celebrativa procacciò all’autore grandissima fama ed un cospicuo numero di commissioni.


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Fotografia di Giorgio Sommer raffigurante il complesso degli Uffizi, edificato da Vasari nel 1560.

Vasari, in ogni caso, approdò in un ambiente ricco di stimoli culturali e fermenti letterari: fu proprio il cenacolo di scrittori riuniti attorno ai Farnese ad ispirargli, tra il 1545 e il 1547, la composizione della prima redazione delle Vite, una raccolta di biografie di artisti da Cimabue ai suoi tempi, che ricopre l’intero canone artistico tra il Trecento e il Cinquecento.

Nel corso della stesura delle Vite utilizzò la sua straordinaria raccolta di disegni e di schizzi di artisti italiani, che fu dispersa dopo la sua morte. Oggi fogli sparsi di questa collezione, conosciuta come il Libro de’ disegni di Giorgio Vasari, si trovano in una decina di raccolte pubbliche.

La prima redazione delle Vite era già pronta nel 1547; proprio nello stesso anno, tuttavia, intrecciò una relazione sentimentale con Maddalena Bacci, con la quale arrivò ad avere due figli illegittimi. Per evitare che la cosa si sapesse e suscitasse scandalo, l’amore (seppur intenso) non si concluse con un matrimonio: al contrario, Maddalena sposò un capitano delle milizie ducali, mentre Vasari convolò a nozze con la sorella di lei, Niccolosa, all’epoca appena undicenne.

Data la giovane età della sposa, nel 1550 Vasari convenne di tornare a Firenze; fu così che prese la decisione di affidare la stampa delle Vite ai torchi dei Torrentino, e a dedicare l’intera opera a Cosimo I de’ Medici, sperando in questo modo di entrare nelle sue grazie.

Architetto di Cosimo de’ Medici

Dal 1550 al 1553 Vasari fu a Roma, dove realizzò la Cappella Del Monte in San Pietro in Montorio e villa Giulia. Spinto dalla volontà di svincolarsi dal nuovo pontefice Giulio III, scarso committente non certo all’altezza del suo predecessore e di Alessandro Farnese, nel novembre 1553 Vasari si trasferì ad Arezzo insieme alla moglie.

In questo modo, l’aretino divenne l’artista prediletto di Cosimo de’ Medici, con il quale strinse una viva e duratura amicizia. Vasari lavorò come architetto, pittore e scenografo per conto di Cosimo, che sfruttando il talento dell’aretino intendeva dare una veste più consona a Firenze, conferendole la dignità di sede ducale.


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La sacrestia del Vasari nella chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, a Napoli.

Nel 1554 il Vasari rinnovò il vetusto palazzo della Signoria, che versava in precarie condizioni di conservazione e che si intendeva ammodernare in occasione del trasferimento di Cosimo e della sua corte. Il Medici chiamò a sé Vasari anche nel 1560, per edificare un polo edilizio dove accogliere gli uffici amministrativi e giudiziari di Firenze, il complesso degli Uffizi (dove «uffizi» sottolinea proprio la destinazione originaria); del 1565, invece, è il Corridoio Vasariano, un percorso preparato per raccordare gli appartamenti granducali del palazzo della Signoria a quelli che si stavano preparando nel vicino Palazzo Pitti, recentemente acquistato da Cosimo e adibito a residenza regia. Sempre in questo giro d’anni, infine, Vasari istituì con il patrocinio di Cosimo l’Accademia dell’Arte e del Disegno (1563), diresse la ristrutturazione delle basiliche di Santa Croce e Santa Maria Novella e a Pisa progettò i palazzi dell’Ordine di Santo Stefano e il palazzo della Carovana.

La seconda edizione delle Vite

L’incessante operosità di Vasari si estese anche al piano letterario. Fra l’aprile e il giugno del 1566, infatti, egli continuò le proprie peregrinazioni in giro per l’Italia, visitando l’Umbria, le Marche, l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto; in questo modo egli poté raccogliere informazioni precise ed elementi visivi e documentari per arricchire e revisionare le Vite. Si giunse, così, alla seconda edizione delle Vite, pubblicata dalla famiglia di stampatori fiorentini Giunti nel 1568. L’edizione giuntina presentò numerosi cambiamenti: oltre ad accludere l’autobiografia dello stesso Vasari, infatti, venne arricchita con diverse biografie degli artisti di quel tempo. Cruciale fu la revisione della biografia di Michelangelo Buonarroti, scomparso il 18 febbraio 1564, nel quale l’aretino riconobbe il culmine delle potenzialità espressive dell’arte.


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Frontespizio dell’edizione giuntina delle Vite, data alle stampe nel 1568.

Gli ultimi anni

Ormai al culmine della celebrità, Vasari in questo periodo ricevette numerose commissioni: fra queste, degna di nota è la realizzazione dello Studiolo in Palazzo Vecchio,dove Francesco I de’ Medici intendeva raccogliere esemplari rari o bizzarri di storia naturale o artefatti.


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Giorgio Vasari, Sei poeti toscani, pittura a olio, 1544.

Nel 1572, invece, Cosimo de’ Medici affidò a Vasari la progettazione delle Logge di Arezzo e la decorazione ad affresco della cupola del Duomo di Firenze, che venne realizzata solo per un terzo. Fu quest’ultimo incarico a concludere il duraturo e stretto rapporto di amicizia e mecenatismo che legò Cosimo al Vasari: il Duca si spense infatti nell’aprile del 1574, e anche il Vasari morì a Firenze il 27 giugno dello stesso anno. I suoi resti vennero inceneriti in un’urna poi collocata sotto il pavimento della chiesa aretina di Santa Maria della Pieve. Di seguito è riportato l’atto di morte:

“oggi questo dì 27 Giugno 1574 piacque a Dio in domenica mattina a ore 15 e mezzo dare riposo alla felicissima e ben vissuta anima del Sor Cavaliere spron’doro Giorgio Vasari Pittore et Architetto celeberrimo, qual morse in Firenze nella sua casa in Borgo Santa Croce, el corpo del quale si mandò a seppellire Arezzo, nella sepoltura da lui fatta et ordinata alla Cappella dell’altare maggiore da lui eretto et fabbricato nella Pieve Collegiata Aretina…”.

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