Inchiesta

Istat, crollo demografico: mai così poche nascite dall’Unità d’Italia

Sempre meno nascite in Italia. Gli ultimi dati sono disastrosi. I neonati iscritti all’anagrafe, infatti, lo scorso anno, sono stati 439.747, con un calo del 4% rispetto al 2017 (circa 18mila in meno in valori assoluti). La diminuzione è iniziata dieci anni fa, nel 2008. Secondo quanto riportato dal report dell’istituto di statistica, la popolazione italiana ha, da tempo, perso la sua capacità di crescita per effetto della dinamica naturale, quella dovuta alla “sostituzione” di chi muore con chi nasce. Nel corso dello scorso anno, la differenza tra nati e morti (detta saldo naturale) è negativa e pari a -193mila unità. A partire dal 2015, il declino delle nascite ha portato il numero dei piccoli sotto il mezzo milione.

Poche nascite in Italia

Il calo si registra in tutte le ripartizioni ma è più accentuato al Centro (-5,1% rispetto all’anno precedente). L’incremento delle nascite, avuto fino al 2008, era dovuto alle donne straniere. Tuttavia, negli ultimi anni, ha iniziato a ridursi progressivamente anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 65.444 nel 2018 (il 14,9% del totale dei nati). Il tasso di natalità del complesso della popolazione residente è pari al 7,3 per mille.

Il saldo naturale della popolazione complessiva risulta quindi negativo quasi ovunque, tranne che nella provincia autonoma di Bolzano (10,0 per mille); in Sardegna (5,7 per mille) e in Liguria (5,6 per mille), invece, si rilevano i valori più bassi. In Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Molise hanno presentato diminuzioni naturali particolarmente accentuati, superiori al 5 per mille.

Saldo naturale positivo per gli stranieri

Il deficit di nuove nascite rispetto alle morti si riscontra, comunque, quasi esclusivamente nella popolazione italiana (-251mila). Per la popolazione straniera, invece, il saldo naturale è ampiamente positivo (+57.554), conseguenza della più alta natalità rispetto agli italiani e della bassissima mortalità in ragione del giovane profilo per età di questa popolazione. Il tasso di crescita naturale degli stranieri, infatti, è pari in media nazionale a 11,1 per mille. Il valore più elevato è in Emilia-Romagna (con 13,8 per mille), mentre quello più basso in Sardegna (con 5,9 per mille).

Tuttavia, negli ultimi anni, ha iniziato progressivamente a ridursi anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 65.444 nel 2018 (il 14,9% del totale dei nati). Tra le cause del calo, la diminuzione dei flussi femminili in entrata nel nostro Paese e il progressivo invecchiamento della popolazione straniera, ma anche l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di diverse donne straniere. Le nascite di bambini stranieri si concentrano nelle regioni dove la presenza straniera è più diffusa e radicata: nel Nord-ovest (21,0%) e nel Nord-est (20,7%). L’Emilia-Romagna ha la percentuale più alta di nati stranieri (24,3%), la Sardegna la più bassa (4,5%).

I motivi del calo demografico

Secondo i dati forniti da Istat, la diminuzione delle nascite in Italia si deve principalmente a fattori strutturali: si registra, infatti, una progressiva riduzione delle potenziali madri dovuta, da un lato, all’uscita dall’età riproduttiva delle generazioni molto numerose nate all’epoca del baby-boom, dall’altro, all’ingresso di contingenti meno numerosi a causa della prolungata diminuzione delle nascite osservata a partire dalla metà degli anni Settanta.

Ma diminuiscono i decessi

Le morti, infine, si assestano sulle 633mila unità, in linea con il trend di aumento, registrato a partire dal 2012, ma in calo rispetto al 2017 (-15mila). La diminuzione del numero di decessi si registra in quasi tutte le ripartizioni, con un decremento più consistente nel Centro (-4,3%) e al Sud (-4,4%). Al Nord-Ovest, invece, si alza lievemente il numero dei decessi (+0,4%). Il tasso di mortalità è pari a 10,5 per mille, varia da un minimo di 8,3 per mille a Bolzano a un massimo di 14,3 in Liguria ed è legato alla struttura per età della popolazione.

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Il calo dei residenti

Al 1° gennaio 2019 risiedono nel Paese 60.359.546 persone, di cui l’8,7% sono straniere, con un calo dello 0,2% su base annua. In valori assoluti, gli abitanti in Italia sono diminuiti di 124.427 unità e questo è il quarto anno consecutivo di diminuzione: dal 2015 sono oltre 400mila i residenti in meno, un ammontare superiore agli abitanti del settimo comune più popoloso d’Italia. Se il numero di cittadini stranieri che lasciano il Paese è in lieve flessione (-0,8%), è in aumento l’emigrazione di cittadini italiani (+1,9%). La diminuzione è, quindi, interamente attribuibile alla popolazone italiana visto che, negli ultimi quattro anni, i nuovi abitanti per acquisizione della cittadinanza sono stati oltre 638mila: senza questo apporto, la diminuzione degli italiani sarebbe stata di un milione e 300mila unità.

Nei quattro anni, infatti, il contemporaneo aumento di oltre 241mila unità di stranieri ha permesso di contenere la perdita complessiva di residenti. I cittadini stranieri iscritti in anagrafe sono 5.255.503, aumentati, rispetto al 2017, di 111 mila (+2,2%).

Le aree più popolose del Paese

Nel 2018 la distribuzione della popolazione residente per ripartizione geografica è rimasta stabile rispetto agli anni precedenti. Le zone più popolose sono il Nord-Ovest, in cui vi risiede il 26,7% della popolazione complessiva, e il Sud, con il 23,1%, seguite da Nord- Est (con il 19,3%), dal Centro (con il 19,9%) e dalle Isole (con l’11,0%). Gli stranieri risiedono in maggioranza al Nord e al Centro, dove si registra un’incidenza sul totale dei residenti superiore al 10%. Nel Mezzogiorno, la popolazione straniera è più contenuta nonostante sia in crescita.

Un’Italia multietnica

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La presenza di quasi 50 nazionalità diverse, con almeno 10mila residenti, conferma il quadro multietnico del Paese. Al 31 dicembre 2018, le differenti cittadinanze presenti in Italia erano 196. Le cinque più numerose sono quella romena, con un milione e 207mila, quella albanese, con 441mila, quella marocchina, con 423mila, quella cinese, con 300mila, e quella ucraina, con 239mila. Queste, da sole, rappresentano quasi il 50% del totale degli stranieri residenti, confermando la graduatoria del 2017.

La sintesi dei dati

All’inizio del 900 le donne italiane procreavano mediamente tra i 4 e i 5 figli. Negli anni ’30 circa 3 e negli anni ’70 all’incirca 2. Oggi invece 1,2 perché da due individui ne nasce solo uno o due al massimo: le nascite si stanno dimezzando ad ogni generazione. Se la situazione attuale continuerà in futuro, i giovani italiani si ridurranno.

Nel frattempo sta aumentando vertiginosamente il numero degli anziani per effetto dell’allungamento della vita. Quindi aumenterà il numero dei pensionati sempre più longevi le cui pensioni dovranno essere pagate da generazioni sempre più esigue. I vuoti lasciati dalla graduale scomparsa dei giovani, saranno riempiti da un numero crescente di immigrati: sono oggi circa 4 milioni tra i regolari e irregolari e potrebbero arrivare a 10 milioni nel giro di qualche decennio, nel 2050 secondo le stime dell’Onu.

Essi non basteranno per mantenere costante la proporzione fra le varie fasce d’età. Tutto ciò avrà, ma sta già avendo, delle profonde ripercussioni. Quest’ultime saranno non solo sulle pensioni per l’aumento crescente dei pensionati, ma sulle spese sanitarie per l’aumento dei costi delle cure.

Inoltre ci saranno altre conseguenze negative sulla produzione del reddito perché si assottiglierà la fascia della popolazione attiva che dovrà essere più efficiente per produrre reddito per coloro che non lavorano più (anziani e pensionati) o che non lavorano ancora (studenti).

Emanuela Vallone

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