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Il 16 gennaio del 1948 nasce John Carpenter: celebre regista statunitense

La biografia di John Carpenter. I dettagli della sua vita e gli avvenimenti cinematografici e dell genio indiscusso del cinema horrorifico

John Howard Carpenter è un registasceneggiatorecompositoremusicistaattoreproduttore cinematografico e montatore statunitense.

John Carpenter, tutto quello che c’è da sapere sul celebre regista statunitense

Nato a Carthage il 16 gennaio del 1948 la sua passione per il cinema e per l’horror-fantasy di John Carpenter comincia fin da piccolo, affascinato dalla visione di “Destinazione… terra!” (1953) di Jack Arnold, il giovane Carpenter decide che il cinema sarà la sua vita.


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A metà degli anni Settanta comincia la sua avventura nel mondo della celluloide scrivendo tre sceneggiature per altrettanti film: uno è un western, mai realizzato, che si doveva intitolare “Blood River”, il secondo è il thriller “Gli occhi di Laura Mars” (1978) di Irwin Kershner e infine “Bad moon rising” (1986) di Harley Cockliss.

Carriera

Il primo film diretto da John Carpenter è “Dark star” una sorta di parodia di “2001 Odissea nello spazio” (1968, Stanley Kubrick) ma la prima vera pellicola per cui il regista newyorkese si fa segnalare e amare è il violentissimo “Distretto 13 – Le brigate della morte” in cui un manipolo di poliziotti e carcerati cerca di salvare la pelle dall’attacco di un gruppo di pazzi che vuole assaltare una stazione della polizia.


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Carpenter riesce a creare una film a metà tra il thriller e l’horror con scene di terribile violenza, tra cui spicca l’uccisione a freddo di una bambina. I teppisti di “Distretto 13” non sembrano neppure uomini, agiscono senza parlare tra loro, non hanno alcuna morale e, anche se decimati dalla polizia, continuano come automi nell’assalto della stazione della polizia. Il film non ottiene alcun successo in patria mentre in Europa si fa apprezzare (anche se gli incassi sono comunque irrisori) e Carpenter comincia a fare proseliti.

Si arriva così al 1978, l’anno in cui grazie ai soldi del produttore Moustapha Akkad, viene offerta a John Carpenter la possibilità di dirigere un horrror-thriller sulle gesta di un folle assassino che uccide a ripetizione e senza alcuna esitazione giovani vittime. Il budget è limitato ma il regista riesce ugualmente a sfornare quello che è tuttora ritenuto uno dei migliori horror mai realizzati: “Halloween”. E’ il film che rivela al mondo il talento visionario di Carpenter e che crea una vera e propria icona del cinema di genere: Michael Myers l’assassino vestito da meccanico con il volto coperto da una maschera bianca (che, cosa che non tutti sanno, riproduceva le fattezze del volto dell’attore William Shatner, il capitano Kirk della prima serie di Star Trek).

“Halloween”

“Halloween” esce nelle sale proprio in quell’anno ed il successo è planetario: segna la nascita degli salsher-movie (film con omicidi in serie) e lancia una giovanissima Jamie Lee Curtis, che diventerà icona del cinema di genere. Carpenter non solo dirige “Hallowen” ma ne cura anche la riuscitissima colonna sonora; il film dopo un primo tempo abbastanza “scontato”, che segue i clichè del classico del brivido, (assassino nascosto nell’ombra, telefonata anonima, suspense) sbalordisce poi il pubblico con un finale assolutamente inaspettato: Michael Myers è immortale, niente e nessuno riesce a fermarlo, gli si spara addosso e lui si rialza, lo si accoltella e non gli si procura alcuna ferita, non è un semplice assassino ma il male impersonificato. Finalmente il mondo ha scoperto il talento di Carpenter che ora ha la possibilità di realizzare progetti più ambiziosi.


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Visto il buon successo del proliferare di imitazioni di “Halloween” (vedi la saga di “Venerdì 13”) i produttori del film decidono di produrre un secondo episodio del quale Carpenter cura la sceneggiatura e la colonna sonora ma affida la regia a R. Rosenthal; il film non ha molto successo, e risulta sicuramente inferiore al primo. John Carpenter produce poi anche un terzo capitolo, in cui è assente la figura di Michael Myers, e che sarà un flop clamoroso.

I tempi di “Frog e “La Cosa”

Prima di questi due sequel Carpenter nel 1979 aveva diretto la bellissima ghost story “Fog” in cui un’orda di zombi fantasmi invade una cittadina per vendicarsi dei suoi abitanti, che cento anni prima ne avevano causato la morte. Il film è molto curato e perfetto sotto tutti i suoi punti di vista: paura, suspense, abilità narrativa e immaginifica, tutto funziona a meraviglia, ma nonostante ciò la pellicola non ha l’adeguato riscontro di pubblico e critica.


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Agli inizi degli anni Ottanta Carpenter dirige altri due pellicole molto importanti. La prima è “1997 fuga da New York”, ambientato in un futuro prossimo in cui i criminali sono relegati in città fantasma, in una delle quali finisce niente meno che il presidente degli Stati Uniti. Per salvarlo l’esercito utilizzerà uno dei criminali più pericolosi in circolazione “Jena Plissken” (personaggio interpretato da un magistrale Kurt Russell e che diventerà un cult) il quale lo salverà in cambio della libertà. A detta di molti “1997” Rimane uno dei migliori film che la fantascienza degli ultimi decenni ha saputo regalarci.

È nel campo del fanta-horror che John Carpenter dirige il suo capolavoro: “La Cosa” (1982), remake del film “La Cosa di un altro mondo” (1951). Protagonista è ancora una volta, Kurt Russell (protagonista anche di “Grosso guaio a Chinatown, del 1986), l’attore preferito dal regista. La colonna sonora questa volta viene affidata al nostro Ennio Morricone, ma la trovata principale del film sono gli splendidi effetti speciali creati da Rob Bottin, che a colpi di lattice e protesi rende possibili orribili mutazioni che non si erano mai viste prima sul grande schermo. Più cupo e claustrofobico di “Alien”, pauroso e raccapricciante come “L’Esorcista” il film doveva risultare un successo planetario, ed invece fu uno dei più gravi flop del regista che quasi fece fare banca rotta alla Universal Production.


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E tutto questo perché nello stesso anno imperversava sugli schermi “E.T.” di Steven Spielberg, e a nessuno andava di credere nell’alieno cattivo, tutti vedevano gli esseri dell’altro mondo come dei teneri pupazzoni da accarezzare e coccolare e non come terribile parassiti mutanti che dilaniano corpi e menti. Anche la critica fu feroce, arrivando addirittura a definire Carpenter “pornografo dell’orrore” salvo poi (come spesso accade), a diversi anni di distanza, rivalutare “La Cosa” fino ad inserirlo tra i migliori film di genere mai diretti. In definitiva un grande film rovinato dal fatto di essere uscito nel momento sbagliato.

Il prosieguo

La carriera di Carpenter continuava, di flop in flop: neanche il successivo “Christine – la macchina infernale” tratto dall’omonimo racconto di Stephen King ottiene il successo sperato.


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Nel 1987 il regista ritrova la sua vena orrorifica con lo splatter “Il signore del Male”, storia dell’avvento delle forze del male sulla terra; meno innovativo ed originale rispetto ad altri film dello stesso regista, questo horror si fa apprezzare soprattutto per le sequenze da vero splatter movie, con momenti da horror puro, una sorta di film a metà tra “Zombi” di George Romero e “Demoni” di Bava.

L’anno seguente John Carpenter torna al fanta-horror con “Essi vivono” in cui si immagina il mondo sottomesso ad esseri alieni che si nascondono sotto false sembianze umane e che comandano il mondo grazie ai mezzi di comunicazione.

Una sceneggiatura originale con la quale il regista confeziona una pellicola “politicamente” impegnata che, in una sorta di parallelo con la vicenda del film, nasconde sotto le mentite spoglie di un horror fantascientifico, la sua vera natura di feroce condanna nei confronti di una certa società americana e dei suoi metodi. Una grande idea solo in parte “limitata” dal basso budget a disposizione.


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Torna poi all’horror “vero” con lo splendido “Il seme della follia” (1994), protagonista il Sam Neill di “Jurrassik Park”. Splatter, follia, assassinii, esseri mutanti e tutto quello che si vuole vedere in un horror, il tutto condito con suspense e abilità registica notevole. Uno dei migliori horror degli ultimi anni.

“Il villaggio dei dannati” e altri progetti

Per motivi economici, l’anno seguente, John dirige il remake de “Il villaggio dei dannati” sicuramente il peggiore horror mai diretto dal grande regista newyorkese.


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Nel 1998 ha in officina due progetti: uno realizzato e l’altro no. Il primo è “Vampires” un horror-western in cui un cacciatore di vampiri (un grandissimo James Woods) in stile John Wayne dà la caccia a terribili vampiri. Umorismo, machismo, splatter: è di nuovo grande Carpenter anche se ad un livello inferiore dei suoi più alti fasti.

L’altro progetto era “Halloween 20 anni dopo”, poi diretto da Steve Miner, che doveva segnare il ritorno in grande stile Michale Myers. Carpenter non poteva dirigere entrambe i film: preferì “Vampires”, ma il pubblico di appassionati dell’horror (non sempre competente, per lo più giovane e quindi attratto dagli horror-teens) non gli da ragione; risultato: “Halloween 20” batte, e di molto, gli incassi di “Vampires”.

“Fantasmi di Marte” e altri successi

“Fantasmi da Marte”, del 2001, è un fanta-horror ambientato su Marte in un futuro non troppo lontano in cui gli uomini, dopo aver colonizzato il pianeta rosso, cercano di sfruttarne tutte le risorse; ma un’antica civiltà marziana si risveglia e non ha nessuna intenzione di sottostare alle esigenze degli umani. Questo suo film (presentato fuori concorso al Festival del cinema di Venezia) rappresenta una sorta di summa delle “ossessioni” del suo cinema: l’eroina forte e “indistruttibile” (Natasha Henstridge prende il posto della Jamie Lee Curtis di “Fog” e “Halloween”), la forza aliena che, celata dietro sembianze umane, è pronta a prendere il sopravvento sull’umanità (“La Cosa”, “Essi vivono”), l’ambientazione da western (molto simile a “Vampires”) con tanto di assedio al fortino, dove delinquenti e poliziotti uniscono le forze per salvare la pelle (“Distretto 13”).



L’unica novità è rappresentata dallo stile narrativo: la vicenda infatti, raccontata tramite una serie di flash-back, si snoda attraverso i racconti dei vari protagonisti che si intrecciano uno con l’altro, cosa insolita per un film di Carpenter, regista che predilige un’impostazione “classica”, incentrata sull’idea di unità spazio-temporale. Per gli amanti del genere non mancano, come in “Vampires”, le sequenze splatter, con arti e teste mozzate ovunque, mentre gli effetti digitali, probabilmente a causa del basso budget a disposizione, non si dimostrano all’altezza delle moderne produzioni.

Il grande John Carpenter, questa volta, forse, pecca un po’ troppo di superbia, con un film autocelebrativo (già dal titolo che, in lingua originale, è “Jonh Carpenter’s Ghosts of Mars”) e privo di veri elementi di novità (come già accaduto a Dario Argento con il suo “Non ho sonno”); piuttosto lontano da capolavori come “La cosa” o “Il seme della Follia” anche se pur sempre godibile, soprattutto per i fan del regista.

Masters of Horror



Presa una pausa dal cinema, Carpenter è stato regista di un episodio della serie Masters of Horror, in cui egli è stato uno dei tredici registi coinvolti nella prima stagione. L’episodio da lui diretto, Cigarette Burns – Incubo mortale, è stato accolto da critiche generalmente positive, e dopo questo fatto Carpenter ha deciso di dirigere ancora un altro episodio (Il seme del male) per la seconda serie del programma.

La parentesi di Psycopath ed il ritorno al cinema: The Ward

Carpenter aveva annunciato una pellicola intitolata Psycopath per il 2008, che avrebbe segnato il suo ritorno al grande schermo. La pellicola si è arenata in fase di pre-produzione; pare che Carpenter la stesse scrivendo insieme a Oxide e Danny Pang, autori di The GrudgeThe Ring e The Messengers. Il progetto è stato in seguito accantonato.


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A dieci anni distanza da Fantasmi da Marte, Carpenter torna alla regia di un lungometraggio horror con The Ward – Il reparto. Flop nei cinema europei, a cui è seguita la distribuzione direttamente in Home video negli USA del film. Il pubblico e i fan di Carpenter hanno comunque in parte apprezzato il film, attribuendo lo “stile” fuori dai canoni del regista alla trama su commissione.

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