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Il M5S spinge per il salario minimo, dopo la riconferma del Reddito di Cittadinanza

Il M5S si intesta una nuova battaglia di giustizia sociale: dopo la riconferma del reddito di cittadinanza, pressing per il salario minimo

Ennesima battaglia di giustizia sociale spinta dal M5S. Dopo la riconferma del Reddito di Cittadinanza, i pentastellati spingono per l’introduzione del salario minimo, insieme all’Europa. L’obiettivo sarebbe fissare la retribuzione minima a 9 euro l’ora, così come in diversi Paesi dell’Unione Europea.

Il M5S spinge per l’introduzione del salario minimo

Dopo la riconferma del Reddito di Cittadinanza,  non si arresta la sete di “giustizia sociale” del M5S, impegnato in una nuova battaglia. Questa volta, l’obiettivo è l’introduzione del salario minimo. Arrivano i consensi di Cgil e Uil, mentre resta ancora distante Confindustria.”Non è più procrastinabile un intervento a livello europeo che renda omogenee le condizioni del salario minimo in tutta l’Unione”, sostiene a gran voce il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, durante il webinar dell’Europarlamento.

“É una battaglia di giustizia sociale, che reca vantaggi concorrenziali anche alle nostre aziende e contrasta la povertà, innescando un trend benefico per l’intera economia”, prosegue il ministro Di Maio durante la prima iniziativa della Commissione Ue. Infatti, la direttiva sul salario minimo assume contorni particolari, in relazione alla sensibilità della tematica, al punto da restare al centro di un complesso negoziato tra i Paesi dell’Ue.  L’incontro è stato trasmesso anche sulla pagina Facebook italiana del Parlamento europeo ed ha registrato gli interventi, oltre che del ministro degli Esteri, dei rappresentanti europei, dei parlamentari delle commissioni competenti e degli esponenti di sindacati e associazioni.


talian Deputy Premier Luigi Di Maio press conference

Dopo il Reddito di Cittadinanza, il M5S spinge per il salario minimo

Finalmente, anche in Europa, così come in Italia, riecheggia lo spettro del salario minimo, tra i principali temi di equità sociale, proprio per rilanciare la crescita e per consentire condizioni dignitose ai lavoratori, già stremati dall’emergenza pandemica.  Dopo aver impuntato i piedi per la riconferma del Reddito di Cittadinanza, il M5S si schiera nuovamente dalla “parte dei più deboli”.

Poi, nel corso del medesimo incontro, il ministro Di Maio ha aggiunto: “Sono molto soddisfatto che sia in corso di negoziato una proposta di direttiva quadro sui salari minimi adeguati in Europa”. É una battaglia di giustizia sociale che “non solo contrasta la povertà e riduce le diseguaglianze pericolosamente allargatesi a causa della pandemia, ma consente agli ordinamenti più avanzati sul piano del welfare di proteggersi dalla competizione sleale di paesi che attirano la delocalizzazione delle imprese, comprimendo verso il basso il costo della manodopera”. Anche il Presidente della Commissione europea, Ursula von Der Leyen sostiene la causa, sostenendo: “Il dumping salariale danneggia i lavoratori e gli imprenditori onesti. Mette a repentaglio la concorrenza sul mercato del lavoro”.

Il M5S sull’introduzione del salario minimo

Insieme alla direttiva europea, il M5S ha depositato una nuova proposta di legge sul salario minimo, necessaria per la dignità dei lavoratori. “Il nuovo ddl, di cui sono seconda firmataria – ha osservato la presidente della commissione Lavoro del Senato Susy Matrisciano  – valorizza i ccnl cosiddetti leader. Definisce i criteri per individuare il grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali. Introduce una sorta di test di dignità salariale (pari a 9 euro), in linea con i parametri di adeguatezza indicati dalla proposta di direttiva europea. Tra le altre cose, prevede agevolazioni per le aziende, come la detassazione della parte di salario aggiuntivo dovuto al rinnovo contrattuale o all’applicazione del salario minimo, e il rafforzamento delle attività di vigilanza per verificare l’effettiva l’applicazione dei ccnl e dei trattamenti minimi retributivi’’.

“Auspichiamo che anche tutti i partiti italiani sostengano questa direttiva che aiuta i lavoratori e difende le imprese italiane dal dumping salariale”, commenta l’eurodeputata grillina Daniela Rondinelli. Per il momento, si registrano anche i consensi dei sindacati, tranne Confindustria. “Sosteniamo la direttiva Ue sul salario minimo” dichiara Susanna Camusso della Cgil. Mentre anche la Uil garantisce il suo appoggio “affinché il percorso intrapreso per aumentare i salari e combattere il lavoro povero vada avanti”.

La proposta europea sul salario minimo

La proposta europea sul salario minimo imporrà agli Stati membri di aggiornare il proprio ordinamento, per consentire salari dignitosi in tutti i paesi europei. Eurostat, intanto, ha pubblicato la classifica dei paesi che hanno il salario minimo “più alto”: il Lussemburgo (2.201.93 euro), l’Irlanda (1.723.80 euro) l’Olanda (1.684.80 euro). In Francia, invece, il salario minimo si aggira sui 1.554.58 euro, mentre in Germania risulta di 1.614.00 euro e in Spagna di 1.108.33 euro.

L’Italia non è l’unica in Europa a non aver istituito il salario minimo

L’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) ha pubblicato un resoconto sull’introduzione del salario minimo legale in Italia.
L’Italia, in realtà, non è l’unico Paese europeo a non aver fissato un salario minimo legale. Ad essa si aggiungono: Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e Cipro. Grazie alla decisiva spinta del Parlamento europeo, questa proposta di legge potrebbe seriamente attribuire dignità ai lavoratori. Forse è la volta giusta. Proprio negli ultimi mesi, complice anche la pandemia, la questione del salario minimo è ritornata sotto i riflettori del Parlamento europeo. Secondo recenti studi, proprio in Europa, circa il 10% dei lavoratori vive in uno stato di indigenza.

Salario minimo legale o contratti collettivi?

Forse, almeno sulla carta, la necessità di fissare un tetto minimo di retribuzione oraria per i lavoratori è stata eclissata dalla presenza dei contratti collettivi, mutevoli a seconda del comparto di riferimento. Ciò basterebbe, a prima vista, ad evitare “lo sfruttamento dei lavoratori”, ma, in concreto l’Inapp ha constatato che dal 2013 quasi un lavoratore su cinque non rientra in nessun settore d’accordo. Questa motivazione aveva spinto, già nel 2019, il M5S a presentare una proposta parlamentare di salario minimo universale garantito, capace di non escludere nessuna categoria di lavoratori. Infatti, proiettando su larga scala i risultati dello studio di Inapp, circa 2,6 milioni di persone, ovvero il 21% dei lavoratori italiani potrebbe vedere garantiti i propri diritti, dopo essere stati esclusi dai precedenti contratti collettivi.

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