Cronaca

Vietata la parola Natale all’università di Brighton, meglio dire “periodo di chiusura invernale”

La parola “Natale” sarebbe troppo cristiana ed escluderebbe coloro che sono di altre fedi religiose

L’ultima follia arriva dall’università di Brighton che vieta la parola Natale a professori e studenti. Questo è il sunto di quanto trattato in un documento di nove pagine di “orientamento linguistico inclusivo” inviato ai docenti inglesi.

Vietata la parola Natale

Vietare la parola Natale si inserisce nella continua ricerca di inclusione delle minoranze. Si vuole evitare di offendere le minoranze, ma così si finisce per cancellare identità e tradizioni.

Secondo il Daily Mail, l’università avrebbe consigliato al personale di non menzionare la parola “Natale” e di chiamarlo invece “periodo di chiusura invernale“. Certo, non si tratta di un obbligo o di un’imposizione ma di un “consiglio”, di una raccomandazione: è però sintomatico che un ateneo si senta in dovere di fare anche solo questo. Secondo un documento di nove pagine di “orientamento linguistico inclusivo” inviato ai docenti dell’università, la parola “Natale” è troppo “cristiana-centrica”.

Crociata politically correct

Un’altra raccomandazione contenuta nel documento di nove pagine menzionato dal tabloid inglese consiglia al personale di non chiedere agli studenti “qual è il tuo nome di battesimo?“: al posto di questa semplice domanda è preferibile usare l’espressione spoglia di qualsiasi riferimento come “qual è il tuo nome?” o “qual è il tuo vero nome?”. Secondo la medesima guida, le generalizzazioni basate sull’età delle persone dovrebbero essere evitate: ad esempio, “gli anziani non possono usare la tecnologia” è una frase che, secondo il documento, non dovrebbe essere impiegata in alcun modo. Inoltre, il personale dell’Università di Brighton dovrebbe essere usare “un linguaggio inclusivo con sicurezza ed efficacia, al fine di garantire che sia gli studenti che il personale si sentano al sicuro, apprezzati e rispettati“, afferma il documento.

L’importanza del linguaggio

Lo stesso documento afferma: “Il linguaggio è fortemente condizionato dalle norme dominanti nella cultura. Gli atteggiamenti prevalenti, le idee sbagliate e gli stereotipi sono incorporati nelle modalità di comunicazione e questi fattori a volte si riflettono – consapevolmente o meno – nel linguaggio che usiamo quando comunichiamo e ci riferiamo agli altri“. Ciò significa che la comunicazione, “sia orale che scritta, può essere offensiva anche quando non è nostra intenzione“. Andrew Allison, della Freedom Association, ha commentato la notizia spiegando che le università “dovrebbero essere luoghi in cui le idee sono liberamente dibattute. Questo è orwelliano e ridicolo. Il personale e gli studenti dovrebbero ignorarlo e passare un buon Natale“.

Un portavoce dell’Università di Brighton ha dichiarato al Daily Mail che questa guida è stata prodotta “con il nostro personale e gli studenti e fa parte del nostro impegno condiviso per rendere Brighton un luogo in cui tutti si sentano rispettati e apprezzati”. La guida è esattamente questo: una guida“. Ma se è solo una “guida” perché l’università ha sentito il bisogno di inviarla a insegnanti e studenti? È l’odio di sé che caratterizza il pensiero – chiamarla “ideologia” è eccessivo – “woke” di cui è intriso questo documento sul linguaggio inclusivo. Dietro c’è la spinta a rinunciare a tutto, innanzitutto alla propria identità, per approdare in un mondo nuovo, arcobaleno e “inclusivo”, diviso e frastagliato in tante minoranze in competizione fra loro. Privo di storia e cultura.

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