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La variante inglese del Covid, sintomi, vaccini e pericolosità: ecco tutto quello che c’è da sapere

Variante inglese del Covid, che cosa sappiamo? Ecco le risposte alle domande più ricorrenti relative ai sintomi, vaccini, pericolosità e mortalità

Cresce la preoccupazione per la diffusione della variante inglese del Covid in Italia. Gli esperti tremano. Si ipotizza che la variante, nel giro di poche settimane, diventerà dominante nel nostro Paese. Ma cosa sappiamo al riguardo?

Secondo uno studio sarebbe più contagiosa dal 30 al 50% e avrebbe una mortalità superiore dal 30 al 70%. Dai sintomi ai vaccini: tutto quello che c’è da sapere.


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Cosa sappiamo sulla variante inglese del Covid?

Cresce la preoccupazione per la diffusione della variante inglese del Covid in Italia. Secondo il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, infatti, “i numeri attuali di Covid19 suggeriscono che siamo sul filo del rasoio, in una situazione che rischia di peggiorare, e il prossimo futuro deve essere di grande attenzione continua”, così Pregliasco.

Secondo il virologo, infatti, la variante inglese potrebbe espandersi e “in 3-4 settimane rischiamo di trovarci nei guai in alcune aree, dove potrebbe diventare predominante nel giro di questo poco tempo”, sottolinea Pregliasco all’Adnkronos salute.

Che cos’è la variante inglese?

La variante inglese del Covid-19, indicata con le sigle 20B/501YD1 oppure B.1.1.7, è caratterizzata da 23 mutazioni, 14 delle quali sono localizzate sulla proteina Spike del virus.



Quando è comparsa per la prima volta?

La variante è  comparsa in Gran Bretagna in settembre ed è stata resa nota a metà di dicembre 2020. Finora è stata identificata in 33 Paesi, compresa l’Italia.

La mutazione rende il virus più contagioso?

La mutazione rilevata nella posizione 501 della proteina Spike rende il virus più contagioso dal 30% al 50% rispetto ad “altre varianti non preoccupanti” in circolazione e potrebbe avere una mortalità superiore dal 30% al 70%.È quanto indica il documento redatto dal New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NEVRTAG), il gruppo di esperti britannico che assiste il governo nella gestione della pandemia.

Aumenta anche la mortalità?

Analizzando i dati di 12 studi indipendenti condotti nel Regno Unito sulla variante inglese, indicata con la sigla B.1.1.7, il gruppo di esperti rileva che i dati non sono definitivi e dovranno essere ulteriormente analizzati poiché fra i diversi studi esistono differenze significative. In ogni caso, osservano, “queste analisi indicano che probabilmente la variante B.1.1.7 è associata a un aumento del rischio di ospedalizzazione e morte rispetto all’infezione da coronavirus non dovuta alla variante B.1.1. 7“.

Ad oggi non è nota la causa della presunta letalità superiore della variante inglese, ma tra le ipotesi c’è quella di una maggiore carica virale nei pazienti infettati.

Quanto è diffusa in Italia?

La variante inglese è ormai diffusa nella maggior parte del territorio italiano, almeno nell’88% delle regioni secondo i risultati dell’indagine rapida condotta il 4 e 5 febbraio da Istituto Superiore di Sanità (Iss) e ministero della Salute.

In quali Regioni la variante è più diffusa?

In Italia si sono sviluppati alcuni focolai locali soprattutto in Abruzzo (oltre il 50% di prevalenza), Lombardia (si stima rappresenti il 30% dei positivi), in Veneto (il 20% dei tamponi), in Puglia (il 15,5% dei casi), in Umbria e Molise. E anche in Regioni ma con casi più sporadici.

I sintomi sono gli stessi?

Sì, i sintomi sono gli stessi del Covid-19 senza mutazioni

I vaccini sono efficaci contro le varianti?

Dai primi studi infatti emerge che i vaccini Pfizer, Moderna e Astrazeneca funzionino contro questa particolare variante.


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