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Il 2 febbraio del 1957 nasce Alessandro Sallusti: direttore del quotidiano “Il Giornale”

Biografia, storia, vicende giudiziarie e carriera giornalistica di Alessandro Sallusti. Giornalista e opinionista tv

Originario di Como, Alessandro Sallusti è presente dagli anni Ottanta nel mondo del giornalismo. Oggi è il direttore del quotidiano Il Giornale.

Alessandro Sallusti, la vita del giornalista italiano

Nato a Como il 2 febbraio del 1957, Alessandro Sallusti diventa giornalista professionista nel 1981 e, a partire dal 1987, lavora per “Il Giornale” diretto da Indro Montanelli. Successivamente passa a “Il Messaggero” di Roma, per poi scrivere per il quotidiano cattolico Avvenire e per il Corriere della Sera.

Alla guida dei quotidiani


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Poi diventa vicedirettore del “Gazzettino” di Venezia. Assunta la direzione della “Provincia” di Como, successivamente passa a “Libero”, giornale di riferimento dell’area del centro-destra, di cui è prima condirettore e poi direttore responsabile. Nel luglio del 2008 lascia il quotidiano milanese per andare a dirigere l’ex quotidiano della Curia di Como, “L’Ordine”, di cui è anche editore.

L’esperienza televisiva

Nel 2009 Alessandro Sallusti inizia a collaborare con “Mattino Cinque”, trasmissione televisiva in onda su Canale5, e lascia la direzione dell’“Ordine”, pur rimanendo come editore, per affiancare Vittorio Feltri alla direzione del “Giornale”. Nel settembre del 2010 diventa direttore responsabile del quotidiano meneghino (con Feltri direttore editoriale, che però lascia dopo pochi mesi in polemica con lo stesso Sallusti per andare a “Libero”).


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A novembre del 2010 la Procura di Napoli dispone nei confronti del giornalista lombardo delle indagini giudiziarie ipotizzando il reato di violenza privata commesso nei confronti di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, in seguito all’ascolto di alcune intercettazioni telefoniche con protagonista Nicola Porro, vicedirettore del “Giornale”.

Sallusti respinge qualsiasi tipo di accusa e nega di aver minacciato, o anche solo parlato al telefono con la Marcegaglia e il suo segretario Arpisella. Inoltre, provvede a querelare Giandomenico Lepore, capo della procura di Napoli, il quale aveva dichiarato che le indagini nei confronti del giornalista erano giustificate dalle sue conversazioni al telefono con Arpisella.

Gli anni Duemiladieci

Nel 2011 Sallusti si aggiudica il Premio Penisola Sorrentina Arturo Esposito per il giornalismo, che gli viene consegnato da Magdi Cristiano Allam. Nello stesso anno viene sospeso dalla professione giornalistica per due mesi dopo un’azione disciplinare intrapresa dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia. L’accusa è di avere permesso la collaborazione con “Il Giornale”, tra l’autunno del 2006 e l’estate del 2008, a Renato Farina, ex giornalista che era stato radiato dall’Ordine.



Inoltre, Alessandro Sallusti viene condannato per diffamazione a mezzo stampa dalla Corte d’Appello di Milano a una pena pecuniaria di 5mila euro e a un anno e due mesi di carcere. La causa è un corsivo scritto con lo pseudonimo Dreyfus e pubblicato su “Libero” nel febbraio del 2007, ritenuto lesivo verso Giuseppe Cocilovo, giudice tutelare di Torino, che aveva sporto querela nei confronti dello stesso Sallusti.

Un caso giudiziario e mediatico

Il caso assume clamore mediatico dal momento che al giornalista non viene riconosciuta la sospensione condizionale della pena, cosa che avviene sempre in presenza di imputati incensurati e di condanne non superiori ai due anni a meno che non venga rilevata la possibilità che gli imputati reiterino in futuro la condotta criminosa. Per questo motivo, a favore di Alessandro Sallusti interviene anche la FNSI, la Federazione Nazionale Stampa Italiana, che non ritiene giustificato il fatto che un giornalista sia costretto ad andare in prigione per avere compiuto il proprio dovere.



La sentenza viene confermata, però, dalla Corte Suprema di Cassazione il 26 settembre del 2012. A Sallusti vien assegnata una pena di un anno e due mesi di reclusione senza sospensione condizionale, a dispetto della richiesta di rinvio alla Corte d’Appello avanzata dal Procuratore Generale.

La Cassazione precisa che la ragione della condanna non va individuata nelle opinioni espresse dal giornalista, ma nella diffusione di notizie non veritiere. Sallusti, in particolare, viene condannato per il fatto che lo pseudonimo Dreyfus non favorisce la sua corretta identificazione e per l’omesso controllo in qualità di direttore responsabile.

Ad un soffio dal carcere

I giudici parlano di una spiccata capacità a delinquere del direttore del “Giornale”, chiamando in causa i suoi precedenti penali. Motivano il carcere per la diffamazione riferendo di una condotta lesiva di diritti fondamentali e di un fatto reso grave dalla modalità in cui è stato commesso. Sallusti, tuttavia, non va in carcere, in quanto l’esecuzione della pena detentiva è sospesa temporaneamente per la mancanza di recidive o cumuli di pene a suo carico, ma viene condannato a risarcire la parte civile, a pagare le spese processuali e a rifondere le spese per il giudizio in Cassazione.


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Egli, per altro, dichiara di non essere interessato a usufruire delle possibili misure alternative rispetto alla detenzione in carcere che potrebbe richiedere al Tribunale di sorveglianza, e rassegna le dimissioni dal “Giornale”.

Dopo aver ricevuto la notifica di arresto, Sallusti è sottoposto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione. Poco dopo è protagonista di un’“evasione”, che viene tuttavia bloccata dalla Digos. Assolto dall’accusa di evasione perché il fatto non sussiste, ottiene la commutazione della condanna in una multa di poco più di 15mila euro da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.


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Nella primavera del 2013, in ogni caso, viene sospeso dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia per tre mesi. In questi anni (per nove anni, fino al 2016) è stato il compagno di Daniela Santanchè, esponente politico di Forza Italia.

La condanna per il caso Sgarbi-Di Matteo


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Nel maggio 2018 il giudice monocratico di Monza Bianchetti ha condannato Alessandro Sallusti a tre mesi di reclusione per omesso controllo su un articolo scritto da Vittorio Sgarbi (condannato a 6 mesi) su Il Giornale. Vittorio Sgarbi aveva diffamato il magistrato palermitano Nino Di Matteo, dato che il 2 gennaio 2014 scrisse su Il Giornale: «Riina non è, se non nelle intenzioni, nemico di Di Matteo. Nei fatti è suo complice». Entrambi hanno avuto la sospensione della pena.

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