Guerra

Oleksandr Hutsal, il bimbo eroe di Bucha che ha salvato da solo 30 persone

Fondamentale è stata poi la figura di una signora che Sasha ha iniziato a chiamare affettuosamente zia Ira

Oleksandr Hutsal, il bimbo eroe di Bucha che ha salvato da solo 30 persone: si è avventurato ogni giorno fuori dal rifugio per procurare acqua e cibo per tutti.

Oleksandr Hutsal, bimbo eroe di Bucha che ha salvato 30 persone

Uno sguardo profondo, sincero, ma dietro che celano tutti gli orrori che Oleksandr Hutsal un bambino di 14 anni, è stato costretto a guardare. Sopravvissuto al tremendo massacro, il ragazzino ha salvato la vita a più di trenta persone, avventurandosi ogni giorno fuori dal rifugio per procurare acqua e cibo per tutti. “Avevo paura”, ha ammesso. Ma il coraggio e l’altruismo sono stati più forti.

La priorità del piccolo

Per settimane la priorità del piccolo soprannominato Sasha è stata la famiglia. Nascosto in un seminterrato con mamma, papà e i tre fratellini più piccoli, li ha protetti e aiutati. L’obiettivo, ogni giorno, era sempre lo stesso: tornare al rifugio con quanti più acqua, cibo e legna possibili.

Il salvataggio delle altre persone

La famiglia di Sasha si è spostata nel rifugio non appena la cittadina è stata invasa dai russi, venendo subito raggiunta da altre 30 persone che sono rimaste nascoste insieme a loro per tutto il tempo. La possibilità di abbandonare la cantina è stata esclusa fin da subito, senza cambiare idea nemmeno quando sono rimasti senza elettricità né acqua potabile.

Le testimonianze

Terrorizzati dai cadaveri all’ingresso, non avevano nemmeno altri posti in cui andare. Secondo alcune testimonianze, in un’occasione i soldati russi avrebbero tentato di entrare nel seminterrato, riuscendo a raggiungere uno dei corridoi dopo aver fatto saltare in aria la porta con una bomba a mano. Ma fortunatamente non sarebbero andati oltre. In quelle settimane il padre del ragazzino si occupava di lavorare al rifugio, cercando di rafforzarlo e renderlo più sicuro, mentre la madre doveva badare ai bambini più piccoli. La donna racconta della paura provata ogni volta che il ragazzino si esponeva al pericolo, momenti interminabili che inevitabilmente trascorreva in ascolto di ogni sparo.

Fondamentale è stata poi la figura di una signora che Sasha ha iniziato a chiamare affettuosamente zia Ira, il cui pozzo era diventato l’unica fonte di acqua potabile della città. Ogni giorno il 14enne la raggiungeva e lei gli offriva tutto ciò che poteva.

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