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Chi era Charles Ponzi: il più grande truffatore italiano

Charles Ponzi, o meglio Carlo Pietro Giovanni Guglielmo Tebaldo Ponzi, è probabilmente il truffatore italiano più famoso della storia.

Charles Ponzi: la vita del truffatore

Nato a Lugo, in provincia di Ravenna, il 3 marzo 1882, Carlo che in seguito cambiò all’estero il suo nome in Charles, trascorse l’adolescenza a Parma e si iscrisse all’Università La Sapienza di Roma, per poi abbandonarla e imbarcarsi per Boston.

Arrivato negli Stati Uniti nel 1903, Ponzi impara l’inglese e inizia a sbarcare il lunario svolgendo vari lavori lungo tutta la East Coast. Inizia a fare il lavapiatti e in seguito diventa cameriere in un ristorante, ma viene licenziato dopo poco con l’accusa di aver imbrogliato alcuni clienti dando loro un resto errato.

Nel 1907 Ponzi decide di lasciare gli USA e di trasferirsi in Canada, dove diventa consulente in un istituto bancario specializzato nel gestire i risparmi degli immigrati italiani come lui. Il Banco Zarossi garantisce interessi sui depositi molto elevati, pari al 6% e per farlo usa i depositi di capitali effettuati dai nuovi correntisti. Alla fine la banca fallisce e Zarossi fugge in Messico con gran parte del denaro raccolto.

La truffa

Proprio la truffa di Zarossi, di cui Carlo divenne amico e collaboratore, con ogni probabilità ispirò il futuro Schema Ponzi. Nel 1918 Ponzi torna a Boston e si sposa con una ragazza italiana. Tra le sue tante attività si dedica anche alla scrittura di una guida commerciale, che contiene varie inserzioni e gli indirizzi di diverse attività.

In USA non ebbe particolare successo, ma un giorno Ponzi ricevette una lettera da una società spagnola interessata a questa sua iniziativa. Nella busta c’era anche un Buono di risposta internazionale (IRC). Il buono si poteva cambiare col francobollo da applicare alla lettera di risposta.

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Dato il diverso costo della vita in Spagna rispetto a quello degli Stati Uniti, il buono spagnolo valeva di meno rispetto al francobollo americano. Gli accordi postali internazionali prevedevano però che i buoni, anche se di differente valore, tra i diversi paesi, potessero essere scambiati sempre con francobolli del medesimo valore.

I buoni internazionali avevano infatti proprio la funzione di pagare i costi postali tra soggetti residenti in stati con un diverso costo della vita. Ponzi intuisce subito che acquistando i buoni in Spagna o Italia e cambiandoli negli Stati Uniti, poteva guadagnare su ogni transazione effettuata.

Ponzi inviava denaro in Italia, faceva acquistare gli IRC ad alcuni suoi contatti e se li faceva spedire negli Stati Uniti, dove li cambiava con francobolli statunitensi, arrivando a guadagnare anche il 400%.

Questa intuizione funzionava e Ponzi decise di fare le cose per bene, aprendo una società, la Securities Exchange Company, per promuovere il suo sistema, anche attraverso il lavoro di agenti che venivano pagati con generose provvigioni sui clienti acquisiti.

Il capitale di Ponzi

Nel febbraio 1920, il capitale di Ponzi ammontava a circa $5.000 e a marzo dello stesso anno arrivò a ben 30.000 dollari, cifra molto importante per l’epoca. Ponzi inizia ad assumere sempre più agenti per raccogliere fondi, in particolare dalle aree del New England e del New Jersey.

Chi investe sul suo sistema guadagna bene e in tempi spesso rapidi, naturalmente la notizia si diffonde velocemente, oggi potremmo dire in modo virale.

Dopo aver raccolto circa 420.000 dollari Ponzi inizia a depositare il denaro nella Hanover Trust Bank, con l’obiettivo di prenderne il controllo. A luglio arriva ad avere diversi milioni depositati e alcune persone arrivano ad ipotecare le loro case pur di investire nella compagnia fondata dall’immigrato italiano.

Ponzi incamera grandi quantità di fondi senza particolari sforzi, inizia a vivere sempre di più nel lusso, ma in realtà la compagnia non è affatto in buona salute.

La caduta di Charles Ponzi

In tanti si chiedono come abbia fatto, in pochi anni, a passare da nulla tenente a milionario. Alcuni investitori scappano dalla Securities Exchange Company e Ponzi li salda senza problemi. Tutto sembra funzionare e anche la stampa americana parla in modo positivo di Ponzi e del suo modello di investimento, che è sempre più sulla cresta dell’onda.

Intorno al 1920 Ponzi riesce a raccogliere mediamente 250.000 dollari al giorno. Non tutti però sono convinti che si stia muovendo in modo legale ed etico. Un redattore del Boston Post decide di andare più a fondo e indagare.

Anche lo Stato del Massachusetts non ci vede chiaro e mette sotto indagine la sua società. Per qualche tempo non emergono particolari problemi, ma in realtà il tracollo finanziario è sempre più vicino. Clarence Barron, noto analista finanziario dell’epoca, viene contattato dal Post allo scopo di esaminare lo Schema Ponzi, ed evidenzia come nonostante i rendimenti elevati offerti agli investitori dalla Securities Exchange Company, Ponzi non sta reinvestendo nella sua società.

Inoltre l’azienda avrebbe dovuto mettere in circolazione 160.000.000 di Buoni Postali di risposta internazionale, mentre ne risultano in circolo appena 27.000. Anche sul margine lordo di profitto nella compravendita di ogni buono ci sono non pochi dubbi.

Escono vari articoli sui giornali, che avanzano un numero crescente di dubbi sulla sostenibilità dello schema ideato da Ponzi e molti investitori decidono di abbandonarlo, facendogli sborsare circa 2.000.000 di dollari in soli tre giorni.

Lui lo fa senza apparentemente battere ciglio. Anche i dirigenti delle Poste Americane fanno la loro mossa e annunciano un cambiamento nei tassi di conversione postale, cosa che non avveniva da prima dell’inizio della guerra.

Ponzi nonostante tutto continua ad accumulare sempre più soldi, ma ad aumentare sono anche le passività della sua azienda. Il truffatore vuole sembrare onesto e continua a rimborsare gli investitori che lo desiderano.

L’arresto di Charles Ponzi

Gli agenti federali irrompono nella sede della sua società e ne ordinano l’immediata chiusura, assieme a quella della Hanover Trust Bank. Poco dopo Ponzi viene arrestato e accusato di 86 differenti frodi.

Nel novembre del 1920 Ponzi viene dichiarato colpevole di frode postale e condannato a cinque anni di reclusione in una prigione federale. Viene rilasciato dopo tre anni e sei mesi e nuovamente condannato ad altri nove anni dalle autorità dello stato del Massachusetts.

Ponzi

In attesa del processo di appello, paga la cauzione e si trasferisce in Florida, dove con il falso nome di Charles Borelli, organizza una nuova truffa, questa volta nel settore immobiliare. Per questa finirà nuovamente in carcere.

Le sue disavventure continuano anche nello stato del Texas, tanto che alla fine decide di fare ritorno in Italia. Anche dopo aver fatto ritorno in patria Ponzi tenta di replicare il suo schema, ma senza particolare fortuna. Lavora come traduttore e poi in una compagnia aerea.

Trascorre gli ultimi anni della sua avventurosa vita in povertà a Rio, in Brasile, dove muore dopo un ictus, nel 1949, lasciando un manoscritto incompiuto dal titolo “The fall of mister Ponzi” nel quale racconta la sua caduta, dopo il grande successo.

 

 

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