Coronavirus, il virologo Crisanti: “Il virus era in Italia dai primi di gennaio”

Il Coronavirus ha fatto la sua comparsa in Italia all’inizio dei primi di gennaio. Ad affermarlo Andrea Crisanti, il direttore di Microbiologia e Virologia all’università di Padova, intervistato ad Agorà su Rai 3.
Crisanti: “Virus in Italia da gennaio”
“Abbiamo fatto tre tipi di test, il tampone, il test sierologico e l’analisi medica di tutta la popolazione. Per quanto riguarda il tampone confermiamo che non ci sono nuovi casi positivi. Il test sierologico invece ha rivelato delle sorprese molto interessanti: c’è un numero importante di persone che al primo campionamento del 25 febbraio stavano bene e che invece ora hanno anticorpi. Quindi, circa il 5% della popolazione di Vo’ Euganeo ha anticorpi e questo ci permette di datare l’ingresso del virus dalla prima/seconda settimana di gennaio“, ha spiegato Crisanti.
L’Austria fa bene a non aprire all’Italia
“L’Austria ha rischiato come noi e ha fatto bene” a non riaprire all’Italia, ha proseguito. “Ci sono ancora un sacco di casi”. Quindi, anche l’Italia dovrebbe fare dei distinguo? “Dovremmo stare attenti nei confronti degli Usa e del Sud America“. E “anche sui paesi europei – ha aggiunto – bisognerebbe fare delle differenze, stabilire dei criteri” come ad esempio misurare la temperatura, “fare il tampone e fare in modo che tu sia rintracciabile, e se sei positivo stare in isolamento. Non e’ che si puo riaprire tutto cosi’” ha concluso.
Il virus esiste ancora?
“Non me lo spiego, è un atteggiamento ‘sportivo’ nei confronti del virus. È una follia”, commenta Crisanti con riferimento alle parole di Alberto Zangrillo che una settimana fa ha dichiarato che il Covid “clinicamente non esiste più”.
Aggiunge
“Se Zangrillo fosse andato a Vo’ Euganeo la prima settimana di gennaio avrebbe detto che il virus clinicamente non esisteva e poi avrebbe visto cosa ha fatto… Questo virus ancora non lo comprendiamo bene, non comprendiamo perché c’è un numero così elevato di asintomatici e non comprendiamo perché a un certo punto, raggiunta una soglia critica, le persone cominciano ad ammalarsi in modo così grave e con conseguenze così devastanti“.
Conclude
 “In questo momento c’è poca trasmissione ma non significa che non c’è pericolo. Non esiste il rischio zero in questo momento”.