Cronaca

Intervenuto in diretta alla trasmissione di Rai3 Agorà, il direttore dello Spallanzani non trattiene le lacrime

Intervenuto in diretta alla trasmissione di Rai 3 Agorà, il direttore dello Spallanzani non trattiene le lacrime e si commuove. Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto romano ripensa alla immane tragedia vissuta dal Paese negli ultimi mesi, e ricorda coloro che non ci sono più “L’emergenza non è finita, il virus continua a circolare. Il ricordo dei morti deve essere sempre nei nostri cuori. Non disperdiamo i sacrifici degli italiani che hanno lavorato in questi mesi “.

Il direttore dello Spallanzani si commuove in diretta tv

“L’emergenza non è finita, il virus continua a circolare. Il ricordo dei morti deve essere sempre nei nostri cuori. Non è il momento di polemizzare  in ogni cosa detta c’è un pezzetto di verità ma le informazioni vanno lette nel loro complesso. Non disperdiamo i sacrifici degli italiani che hanno lavorato in questi mesi e hanno vissuto in povertà o hanno tenuto in 40mq di casa i propri figli. Non facciamo polemiche attorno alla malattia, oggi dobbiamo ricostruire l’Italia, non ci bastano più i livelli del pianoMarshall. Noi stiamo ripartendo e dobbiamo pensare alle bare che uscivano dall’ospedale di Bergamo. Dobbiamo essere uniti, il resto è inutile polemica”, ha detto Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello “Spallanzani” di Roma, intervenuto ad “Agorà”, su Rai3.

Allarme sanità

“Dobbiamo essere vigili perché questa operazione di ricostruzione della sanità, per la quale potremo avere tanti fondi, non si trasformi in un meccanismo terribile dove possano esserci ruberie e chi se ne approfitta: le emergenze sono il posto migliore perché la gente si arricchisca”, continua Ippolito.

Via la politica dalla sanità

“I cittadini – ha aggiunto Ippolito – devono garantirsi che non ci siano più ospedali senza personale: cacciamo fuori i raccomandati e, se possibile, cacciamo fuori la politica dalla sanità. Ridefiniamo un nuovo modello di servizio sanitario: o lo facciamo adesso o non lo faremo più, ci vorranno altre due generazioni”.

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