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Il 17 aprile ricorre la Giornata internazionale della lotta contadina, in massacro di 19 contadini brasiliani

Giornata internazionale della lotta contadina: il 17 aprile si ricorda il massacro di 19 contadini che lottavano per terra e giustizia in Brasile, nel 1996

Ogni anno si celebra questo giorno in tutto il mondo la Giornata internazionale della lotta contadina, a difesa dei contadini e delle contadine che lottano per i loro diritti. Tale ricorrenza ricorda il massacro di 19 contadini che lottavano per terra e giustizia in Brasile, il 17 aprile del 1996.

17 aprile 1996: nasce la Giornata internazionale della lotta contadina

Dal 17 aprile 1996, ogni anno in tutto il mondo gli amici, i movimenti e le associazioni di tutto il mondo si mobilitano per rendere visibile e denunciare le resistenze che impegnano i contadini di tutto il mondo contro le speculazioni delle terre nelle aree rurali.

Si danno da fare dai giorni che sono succeduti ai drammatici fatti di Eldorado dos Carajás (in Brasile) dove la polizia decise di sopprimere i lavoratori del Movimento brasiliano deiSem Terra.


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Storia

Il 17 aprile 1996 19 lavoratori rurali del Movimento brasiliano dei Sem Terra furono uccisi in Eldorado dos Carajás, Brasile, dalla polizia locale, accorsa per sopprimere una pacifica protesta.

I contadini avevano bloccato un’arteria stradale principale e chiedevano allo Stato di mantenere la promessa fatta circa la consegna di mezzi di trasporto e alimenti per andare in città a negoziare con l’INCRA (Istituto Nazionale di Riforma Agraria) la sistemazione di duemila famiglie di senza terra nella fazenda Macaxeira.

Da quel giorno, ogni anno il 17 aprile si celebra la Giornata mondiale della lotta contadina, figura tanto importante per la sopravvivenza collettiva eppure vittima di soprusi, violenze, ingiustizie e trattamenti iniqui.


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La lotta contadina nella cultura di massa

A partire dagli anni Settanta, con l’avvento dei supermercati, l’uomo si è sempre più allontanato da quelle che sono le origini dei nostri alimenti e dal lavoro che c’è dietro, sia prima che dopo la sua commercializzazione.

Il sistema industriale, che attualmente prevale, tiene una scarsa considerazione di stagioni, lavoratori, risorse da consumare in maniera più responsabile. L’agroindustria ci consente di acquistare cibo di bassa qualità, in grandi quantità e a un prezzo basso. Ma un sistema di questo tipo sacrifica, in nome della resa e del profitto, l’ambiente, la salute delle persone e la sua forza lavoro.


«Il cibo a basso prezzo è un’illusione, non esiste. Il vero costo del cibo alla fine viene pagato da qualche parte. E se non lo paghiamo alla cassa, lo paga l’ambiente» – Michael Pollan.


Durante gli ultimi anni abbiamo sofferto per l’attuazione di nuove politiche e di un nuovo modello di sviluppo basato sulla espropriazione di terre, conosciuto come accaparramento di terre (land grabbing). L’accaparramento di terre è un fenomeno stimolato da investitori e persone di potere su scala locale, nazionale e internazionale, con la connivenza di governi e autorità locali, per controllare le risorse più preziose del mondo.

L’accaparramento di terre ha portato alla concentrazione della terra e delle risorse naturali nelle mani di grandi investitori, padroni di piantagioni, imprese che trattano legname, idroelettriche e minerarie, impresari turistici e immobiliari, autorità responsabili di porti e infrastrutture ecc. La conseguenza è stata l’espulsione e l’allontanamento delle popolazioni locali – generalmente contadini e contadine – la violazione dei diritti umani delle donne, l’aumento della povertà, la divisione sociale e la contaminazione dell’ambiente.


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L’accaparramento di terre va al di là della divisione imperialista Nord/Sud: le corporazioni transnazionali coinvolte hanno sede negli USA, in Europa, in Cile, Messico, Russia, India, Cina, Sudafrica, Thailandia, Malesia, Indonesia e Corea del sud, ecc.

Ed è proprio a fronte di questi fatti che le proteste globali si fanno sempre più sentire, alcuni politologi, infatti, ritengono che l’accaparramento di terre sia il problema di questo secolo e ce lo porteremo “sul groppone” anche in quelli a venire.


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