Cronaca

Iran, riceve 74 frustate per non aver indossato il velo: il racconto di Roya Hesmati

Riceve 74 frustate per non indossare il velo in Iran, il racconto dell’orrore di Roya Hesmati: “Continueremo la nostra resistenza”. La donna, vittima della tortura, è un’attivista di 33 anni.

Frustata per non indossare il velo in Iran, il racconto di Roya Hesmati

La giovane attivista era stata condannata ad essere frustata per 74 volte, secondo la decisione del giudice, per non aver indossato il foulard in testa, coprendosi i capelli. Roya Hesmati è l’ultima vittima di un regime insopportabile per la libertà femminile. Si è presentata senza velo anche nella stanza dell’orrore dove le sarebbero state inflitte altre 74 frustate.

La sua testimonianza è stata riportata sui social e rilanciata da tanti siti che lottano per la libertà e diritti umani.

Il racconto

“Questa mattina ho contattato il mio avvocato riguardo alla esecuzione delle sentenze e siamo andati assieme al tribunale del Distretto numero 7. Sono entrata togliendomi il hijab mentre andavamo nel settore delle esecuzioni. A quel punto il funzionario mi ha suggerito di indossarlo per evitare guai (…) mi è stato detto: Allora ti frusterò in modo che tu sappia dove sei e aprirò un nuovo fascicolo su di te, altre 74 frustate perché tu sia di nuovo nostra ospite. Sono allora venute due donne velate per mettermi la sciarpa che ogni volta mi sono tolta”. “L’uomo incaricato dell’esecuzione mi ha detto: “Porta il tuo cappotto”. Ho appeso il cappotto e la sciarpa alla struttura di ferro della camera di tortura. A quel punto ha di nuovo detto: “Mettiti la sciarpa”. Ho risposto: “Non lo farò. Metti il ​​Corano sotto l’ascella e poi colpisci”. La donna è venuta e ha detto: “Per favore, non essere testarda” e mi ha tirato la sciarpa sulla testa“.

“Il giudice ha detto: “Non colpire troppo forte”. L’uomo ha iniziato a colpirmi le spalle, la schiena, le natiche e i polpacci con determinazione. Ho perso il conto delle frustate e ho sussurrato: In nome della donna, in nome della vita (…) Io so che la notte nera della nostra prigionia diventerà l’alba, tutte le ferite fresche saranno guarite, tutte le catene si trasformeranno. Quanto tutto è finito siamo usciti. Ho fatto finta che pensassero che soffrivo per il dolore. Ho di nuovo scoperto la mia testa sulla porta. La donna mi ha detto: “Per favore, mettitelo”. Non l’ho indossato e lei mi ha rimesso la sciarpa sulla testa nella stanza del giudice il quale ha aggiunto: “Noi stessi non siamo contenti di questa questione, ma è una sentenza e deve essere eseguita”. Non ho risposto. Ha detto: “Se vuoi vivere diversamente, puoi andare fuori dal paese”. Ho detto: “Questo paese è per tutti”. Lui disse: “Sì, ma devi rispettare la legge”. Ho detto: “Lascia che la legge faccia il suo lavoro; continueremo la nostra resistenza”. Fuori dalla stanza mi sono ritolta la sciarpa””.

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