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Il 9 marzo del 1955 nasce la Fiat 600: icona del boom economico italiano

La piccola utilitaria Fiat 600 venne presentata il 9 marzo 1955 a Ginevra, nel Palazzo delle Esposizioni: una storia lunga 66 anni

È il 9 marzo 1955 quando viene presentata al pubblico quella che diventerà una delle icone del boom economico italiano del Dopoguerra, la Fiat 600. La piccola utilitaria fu mostrata al mondo per la prima volta a Ginevra, nel Palazzo delle Esposizioni.

9 marzo 1955: nasce la Fiat 600

Il 9 marzo del 1955, viene presentata a Ginevra la Fiat 600, un’autovettura prodotta dalla casa automobilistica italiana FIAT. Viene considerata l’icona del boom economico italiano.



Nel secondo dopoguerra la FIAT era governata da Vittorio Valletta, cui era affidato il compito di motorizzare la nuova Italia repubblicana, come già era stato tentato e parzialmente realizzato attraverso il modello “Topolino”.

Se negli anni trenta il progetto “Topolino” era stato scarsamente innovativo, negli anni cinquanta era sicuramente superato. Valletta incaricò Dante Giacosa di realizzare la nuova vettura; un compito arduo dato che l’azienda aveva potenzialità veramente modeste.



Dotata di 2 portiere (nelle prime versioni prodotte fino al maggio 1964 con portiere incernierate posteriormente) e con una abitabilità discreta per 4 persone, era equipaggiata con un motore di nuova progettazione, il “100”, situato in posizione posteriore di 633 cm³, erogante una potenza di 21,5 CV (pari a 15,8 kW) a 4 600 giri al minuto, in grado di spingere l’automobile fino a 95 km/h. Il prezzo di listino era di 590 000 Lire.

La vettura popolare

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La “600”, nata come vettura popolare, ma non del tutto super-utilitaria, avrà uno strabiliante successo di vendite e, dopo pochi mesi, il tempo di attesa per la consegna supererà l’anno.

Ingredienti strategici del successo furono il prezzo competitivo, ma non stracciato, una buona dotazione e qualità per il prezzo, una buona abitabilità e il buon comportamento stradale che abbinato al buon cambio dava anche soddisfazioni di guida nonostante il piccolo motore.

L’arma vincente fu anche il basso costo di gestione: 14 km con un litro e, con una potenza fiscale di 9CV, una tassa di circolazione di sole 10mila lire.



È da ricordare che, in occasione della presentazione della Fiat 600, la televisione, in epoca in cui la RAI non faceva pubblicità televisiva, trasmise un cortometraggio sulla macchina nuova nata, preparato da Cinefiat e tipico esempio di pubblicità redazionale.

Il progetto

Contrariamente a quanto si è talvolta ritenuto, la 600 non fu semplicemente figlia di un intervento per ovviare ai ritardi della presentazione della successiva 500, ma un progetto ragionato, figlio di un lungo studio e di vari progetti alternativi, iniziato già nel 1945 quando venne sottoposta alla FIAT (azionista della SIMCA).


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Si tratta di un progetto appoggiato dal governo francese di vettura con telaio in alluminio e trazione anteriore. Certamente certe ardite sperimentazioni a cavallo della guerra, furono lasciate da parte quando si delineò il progetto di questa vettura.

Riprendendo degli studi d’anteguerraDante Giacosa aveva effettuato sin dal 1945 degli studi e delle prove su un progetto chiamato “102” o “400 sperimentale” in cui erano state sperimentate anche la trazione anteriore e le leghe leggere. I pochi capitali a disposizione e la necessità di sostituire le più vetuste “1100” e “1500” d’anteguerra, avevano però rinviato i progetti.



Inoltre tali soluzioni presentavano rischi eccessivi per l’elevata innovazione che comportavano e quindi si cercarono stradenuove, ma meno spinte soprattutto in funzione dei costi di produzione.

Dopo che nel 1949 e 1951 era stato completato il lancio della “1400” e della “103” poi presentata nel 1953 come “Fiat 1100”, alla FIAT cominciarono a lavorare sull’erede della 500C ossia dell’ultima versione della “Topolino”.



Così nel 1951 si ritornò ad analizzare l’ipotesi di una “tutto dietro” o di una “tutto avanti” soluzioni che offrivano risparmi di peso e di costi. La “Tutto avanti” venne scartata per l’opposizione della direzione FIAT e per problemi costruttivi; inoltre Giacosa poteva sfruttare l’esperienza maturata con la Cisitalia per la quale aveva realizzato una piccola vettura da corsa con motore posteriore derivato dal “1100” d’anteguerra, in particolare per il cambio.

La strada del “tutto dietro”

Anche la Volkswagen con il Maggiolino e la Renault con la 4CV avevano intrapreso con successo la strada del “tutto dietro”.


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L’impostazione stilistico-dimensionale della vettura fu definita nel 1951, ma si pose il problema della motorizzazione: inizialmente venne studiato un motore a due cilindri a V di 150esimo abbinato ad un cambio semiautomatico, come quello della Cisitalia. La soluzione, interessante, venne scartata, perché avrebbe richiesto tempi lunghissimi di sviluppo, mentre l’invecchiamento della 500C era ormai evidente.

Dal canto suo, la dirigenza FIAT premeva per l’immediata messa in produzione di un modello economico che potesse sostituire l’ormai obsoleta “Topolino”. Fu richiesto il massimo della sperimentazione con il minimo della spesa. La scelta di forme arrotondate fu fatta invece per risparmiare lamiera (e peso).



Fu così che “chiuso in una stanza con un pugno di disegnatori” come ebbe modo di raccontare Giacosa, in pochi mesi venne disegnato un gruppo motopropulsore completamente nuovo, a 4 cilindri verticali, relativamente convenzionale, raffreddato ad acqua e a 4 marce. Era l’inizio del 1953 e poteva avviarsi la sperimentazione definitiva.

La morfologia del motore della prima 600, con i dovuti aggiornamenti ed incrementi di cilindrata, sarà riconoscibile ad un occhio esperto nel propulsore di moltissimi modelli futuri. La sua proverbiale razionalità, robustezza, affidabilità e parsimonia lo renderanno uno dei migliori mai progettati a Mirafiori.



Sulla base dei vecchi “100” (633 cm³) e “100D” (767 cm³), nasceranno i motori della 850, 127, Panda 34Panda 45Panda 903Uno 903 e Uno 45, senza contare l’Autobianchi A112 anche nelle versioni Abarth da 982 cm³ e 1 050 cm³ e le SEAT Ibiza e Marbella, solo per citare i modelli più popolari.

Il motore

Il motore, progetto “100”, da 633 cm³ presentava grandi novità come il collettore di aspirazione integrato nella fusione della testa (grande vantaggio economico) e per la prima volta per FIAT il basamento monoblocco (e non in 4 pezzi saldati insieme come sulla Topolino). Fu un tipo di motore che ebbe vita lunghissima, basti dire che con cilindrate a mano a mano cresciute rimarrà utilizzato sino al 1999, dopo che la produzione era stata spostata in Polonia.



La sospensione a balestra trasversale sarebbe stata utilizzata sul posteriore ancora dalla 127 e dalla 128 quasi trent’anni dopo, con il vantaggio di avere l’elemento elastico facente funzione anche di barra antirollio.

Radiatore al posto del posteriore

Arrischiata ma efficace fu la soluzione del radiatore posto nel posteriore con il ventilatore calettato sulla pompa dell’acqua (un’integrazione di funzione, evidentemente pensata per ridurre i costi).



Il ventilatore lavorava spingendo l’aria contro il senso di marcia (dal dietro verso l’avanti) ma questo non creò problemi insormontabili, grazie anche all’adozione di un convogliatore di gomma aderente al radiatore. La progettazione terminò di fatto a metà 1954 e fu avviato l’attrezzamento delle officine di Mirafiori, dove la vettura sarà prodotta sino alla fine degli anni Sessanta.

Dal suo progetto base, compresa la cellula abitativa, venne messa in produzione dal 1964 la Fiat 850, quella che ne prenderà il posto come secondo modello base della produzione Fiat dopo la Fiat Nuova 500 e può esserne considerata l’erede. Per quanto riguarda il nome invece, la Fiat lo rispolvererà nel 1998 con la presentazione della Fiat 600 che non aveva però alcun punto in comune con la progenitrice.

600 I serie (marzo 1955-febbraio 1957)



Motore 633 cm³, carburatore Weber 22 DRA, 21,5 CV (15,8 kW) a 4 600 giri/min, velocità massima circa 90 km/h. Portiere incernierate posteriormente (portes suicides), vetri scorrevoli, indicatori di direzione sui parafanghi come sulla Topolino, fregio anteriore “600” con i 6 baffi in alluminio, fanalini posteriori piccoli con base in alluminio, indicatore di direzione posteriore assente nei primi esemplari fino al febbraio del 1956. Nell’estate 1955 viene perfezionato l’indicatore del livello della benzina, eliminandone le oscillazioni durante la marcia.

600 II serie: (marzo 1957-febbraio 1959)



La cilindrata rimane invariata, ma la potenza diventa di 22 CV (16 kW) a 4 600 giri/min, grazie al carburatore Weber 22 IM. Vengono adottati i cristalli delle porte discendenti con meccanismo a manovella, ma senza deflettore, fanalini posteriori con indicatore di direzione giallo e catarifrangente incorporato (successivamente la Fiat fornirà un catarifrangente rotondo adesivo da applicare a cura del cliente).

600 III serie: (marzo 1959-settembre 1960)



Ulteriore incremento di potenza del motore, che con un carburatore Weber 26 IM e il rapporto di compressione aumentato da 7:1 a 7,5:1 raggiunge i 24,5 CV (18 kW) a 4 900 giri/min, per una velocità massima di 100 km/h. Consumi invariati. Dinamo da 230 W anziché 180. I fanali posteriori diventano come quelli della 500D (più grandi con catadiottro quadrato), le frecce anteriori sui parafanghi vengono sostituite da ripetitori rotondi al termine della moulure di metà fiancata, e sul frontale vengono applicati fanalini rotondi (luci di posizione/frecce) tipo 500.

600D I serie e 600D II serie

Motore 767 cm³, 29 CV (21 kW) a 4 800 giri/min, velocità massima circa 110 km/h. Nonostante l’aumento di potenza, i consumi rimangono di 5,7 l per 100 km. Sul cofano motore le griglie diventano da 30 a 36, deflettori alle portiere che erano ancora incernierate posteriormente.



Meccanica invariata. In concomitanza con il lancio della 850 passaggio alle portiere controvento con cerniere all’anteriore non più visibili dall’esterno.

600D III serie: (novembre 1965-dicembre 1969)

La meccanica resta invariata, eccetto che per la sostituzione del filtro olio a cartuccia con il tipo centrifugo. Varie le migliori estetiche e funzionali, come la scomparsa delle modanature in alluminio, eccetto quelle sui sottoporta, o i proiettori con diametro maggiorato a 170 mm, unificati della “850” che valsero al modello l’appellativo di “fanalona”.



Paraurti con rostri rinnovati dotati di sporgenza di materiale plastico. Inoltre, si nota il nuovo fregio anteriore con un solo baffo e il serbatoio carburante di maggior sicurezza, formato a lingotto da 31 litri, che diminuisce lievemente la capienza del bagagliaio. Altra novità, le coppe ruota uguali a quelle della 850.

La novità più importante, però, è rappresentata dal ritorno del tetto apribile opzionale, come sulla prima serie, disponibile però solo fino al 1969, un anno prima dell’uscita di produzione definitiva. Presentata al Salone di Torino del 1965, veniva proposta a L. 690 100 nella versione con tetto chiuso e a L. 704 200 nella versione “Trasformabile” con tetto apribile. Quest’ultimo allestimento uscì di produzione nel dicembre 1968.

La 600D (familiarmente chiamata anche “750”), fu venduta sui mercati del nord-Europa come Fiat 770 (da non confondere con un modello omonimo prodotto in Argentina e derivato dalla 850).

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