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La riforma Cartabia non convince i magistrati Di Matteo e Ardita: “Sarà ostacolata la lotta alla mafia… nei fatti sarà un’amnistia”

Sulla riforma Cartabia tuonano anche i magistrati Ardita e Di Matteo, preoccupati dagli eventuali effetti nella lotta alla mafia

La riforma Cartabia non convince neppure i magistrati. Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, infatti, hanno rilasciato dichiarazioni non pienamente rassicuranti. Il primo ha ravvisato il rischio dell’intero sistema democratico, considerando che molti processi potrebbero essere “mandati in fumo, ostacolando la lotta alla mafia”. Il secondo, invece, ha parlato di “equivoco di fondo”, che potrebbe ricondurre all’amnistia.

Nino Di Matteo sulla riforma Cartabia: “Rischio processi in fumo”

In un interessante articolo pubblicato da La Repubblica, Nino Di Matteo non ha speso parole idilliache per la nuova riforma Cartabia, destinata a stravolgere (forse?) la Giustizia. “L’approvazione della riforma con il meccanismo della improcedibilità per decorso del tempo in appello e Cassazione rischia di segnare una grave sconfitta per la giustizia.
La riforma rischia addirittura di rafforzare i poteri criminali, che da sempre si pongono come regolatori di conflitti nella società: immagino che i mafiosi risolveranno loro le questioni che d’ora in poi non troveranno soluzione nei tanti processi che salteranno, ha considerato il celebre magistrato”.

 Di Matteo, nel corso del medesimo intervento ha aggiunto:“In un sistema democratico, mandare in fumo i processi equivale a denegare giustizia nei confronti di tutti: imputati, anche innocenti, vittime dei reati, cittadini che rispetto a certi fatti hanno il diritto di pretendere che si arrivi a una verità processuale. La denegata giustizia- così come espresso anche da Giuseppe Conte e da Piercamillo Davigo nelle scorse settimane–  alimenterà inoltre il senso di impunità dei criminali, e tra questi in primo luogo i colletti bianchi; aumenterà a dismisura il prestigio delle organizzazioni mafiose. I boss, purtroppo per noi, arrivano sempre ad emettere ed eseguire le loro sentenze, a differenza dello Stato”.


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Gli effetti della riforma Cartabia sulla lotta alla mafia

Anche dopo le parole del ministro Cartabia, Di Matteo ha sollevato non pochi dubbi, soprattutto in merito agli effetti della riforma sulla lotta alla mafia: “Il contraccolpo sarà violento anche per ciò che riguarda il contrasto alle mafie. L’esperienza di oltre 25 anni trascorsi nelle aule di giustizia ad occuparmi di questi dibattimenti mi induce a ritenere che anche molti processi, per gravi reati di mafia, si estingueranno in appello, dove ormai la regola è la riapertura dell’istruttoria dibattimentale, proprio per la specificità del materiale probatorio. Siamo di fronte a processi dove il percorso di accertamento della verità è inevitabilmente più lungo e complesso”.

Il rischio di fondo è ravvisabile nell’utilizzo di tecniche dilatorie che potrebbero incanalare il processo verso la strada della improcedibilità. Inoltre, non saranno più strutturati maxiprocessi, come in passato, tipici del contrasto alla mafia, proprio per “Il timore di non rientrare nei tempi previsti dalla riforma”.  In questo contesto le procure saranno costrette “A spezzettare gli esiti delle maxi inchieste, portando a giudizio, in più processi separati, un numero limitato di imputati, per pochi fatti di reato”. Questa novità potrebbe inficiare “Su quella visione di insieme che è necessaria per valutare in modo adeguato il fenomeno mafioso. Un altro tassello preoccupante in un quadro di arretramento complessivo”.

Riforma Cartabia ed abolizione dell’ergastolo ostativo

L’argomento è stato ripreso, nello specifico, nella nostra esclusiva intervista all’onorevole Buompane, nelle scorse settimane. Nell’ottobre 2019 la Corte costituzionale aveva già dichiarato illegittimo l’ergastolo ostativo anche in relazione ai condannati per delitti di mafia, i quai potranno conquistare agevolazioni e sconti sulla pena, anche senza collaborare, come invece stabilito dalla normativa. In realtà, questa possibilità contraddice quanto sostenuto da Giovanni Falcone rischiando, secondo Di Matteo “Di far venir meno il sistema del doppio binario”. Chiaramente, risulta a rischio l’intero sistema impiantato negli ultimi trent’anni per il contrasto alla mafia, ovvero la possibilità per i detenuti di poter accedere alle misure premiali soltanto attraverso una fattiva e necessaria collaborazione con le istituzioni.

Ardita sulla riforma Cartabia: “Nei fatti sarà un’amnistia”

Anche Sebastiano Ardita, magistrato e consigliere togato del Consiglio Superiore della Magistratura, in un interessante articolo, pubblicato da “AntimafiaDuemila” ha mostrato dissenso nei confronti della riforma Cartabia.

“C’è un equivoco di fondo in tutta la riforma Cartabia: gli obiettivi sono importanti ed anche condivisibili, ma i mezzi sono inadeguati o addirittura in contraddizione con gli scopi dichiarati.
Partiamo dalla lunghezza dei processi. I tempi sono legati agli adempimenti e se gli adempimenti non si riducono è impensabile che i tempi si accorcino. Se poi i tempi massimi vengono imposti dall’alto solo dall’appello in poi, pena l’improcedibilità – e sappiamo già che non potranno essere rispettati -, questa tecnicamente diventa una amnistia, ma strategicamente è una follia perché è un modo per mandare in fumo il lavoro giudiziario senza alcun criterio razionale di gravità o di durata, ma semplicemente a caso”.


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Ardita sulla riforma Cartabia: come cambiano i processi?

Ardita, all’interno dello stesso articolo ha poi aggiunto: “E così un processo per un piccolo spacciatore che dura 10 anni in primo grado e poi due anni in appello (in totale 12 anni) non verrebbe colpito da nessuna sanzione; mentre un grosso trafficante di droga il cui processo duri in totale 3 anni di cui sei mesi in primo grado e due e mezzo in appello se lo vedrebbe dichiarare improcedibile. Mi risulta difficile comprendere quale sia il significato strategico di questa amnistia random, visto che non lo è ne la lunghezza finale di un processo ne’ la gravità dei reati commessi.
Per non parlare poi delle disposizioni relative alla discovery anticipata degli atti del pubblico ministero che potrebbe avvenire in una fase in cui è pendente una richiesta cautelare; o delle disposizioni sul controllo del momento della iscrizione delle notizie di reato sul registro da parte del PM – disposizioni che riguardano un problema rilevante e da risolvere, ma che appaiono farraginose”.


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Ardita spiega la perdita della fiducia nella magistratura: quali soluzioni?

Lo stesso articolo di “Antimafia Duemila“, a cura del magistrato Ardita, non si sofferma sulla riforma della giustizia, ma spiega anche le cause del notevole calo di fiducia nella magistratura, in questi termini:  “La fiducia nella magistratura è bassa perché – a dispetto dell’operato onesto e proficuo dei singoli – essa appare come una struttura di potere organizzata e gelosa delle sue prerogative. La ragione sta nel fatto che la sua rappresentanza che dovrebbe garantirne l’autonomia e indipendenza in realtà si è trasformata in un potere. E la crisi delle altre istituzioni ne ha fatto il più stabile e duraturo dei poteri. I magistrati lavorano con fatica ed onestà ma il loro governo è il più strutturato e meno disponibile al cambiamento. Dal momento che nessun sistema di potere è disponibile ad autosopprimersi, l’unica speranza è una modifica legislativa che continui a mantenere (o forse restituisca) indipendenza ed autonomia e indipendenza ai magistrati e faccia sparire il loro modello reazionario di autogoverno.

Non vedo però gli altri poteri disponibili a cambiare le regole per risolvere questo enorme problema. Basterebbe introdurre anche solo una tantum il sorteggio dei componenti del consiglio superiore . Ma non ci pensano neppure. Questo può voler dire due cose: o che le altre istituzioni ritengono questo potere così forte tanto da temerne reazioni; o che stanno pensando ad una riforma radicale che si porti via il potere della casta ed anche l’autonomia dei magistrati – sottomettendoli a discapito della nostra democrazia. Entrambe le prospettive da cui può essere letta questa inerzia della politica mi preoccupano”.

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